Mobilità
Parigi abbatte i semafori, le bici passeranno col rosso! (E noi?)
Mentre qui ci balocchiamo con quella bubbola del «Grab» di Roma (Grande Raccordo Anulare per Biciclette), un anello fantascientifico che gira intorno alla Capitale, tutto ancora da costruire, ma già sulla carta di nessuna utilità per chi ha necessità di muoversi in bicicletta nel pieno traffico cittadino, appena qualche giorno fa, il 13 luglio, il sindaco di Parigi, madame Hidalgo, ha formalizzato alla comunità biciofila l’avvento della rivoluzione liberale: le bici passeranno col rosso! (http://www.paris.fr/actualites/a-partir-de-cet-ete-le-cedez-le-passage-cycliste-au-feu-rouge-est-generalise-dans-paris-2719) Dopo una sperimentazione durata qualche anno, che ha dato evidentemente buoni frutti, si passa dunque alla fase di “normalità” virtuosa. Qui in Italia, paese inesorabilmente votato alla banalità, alla frase fatta, si titolerebbe: «Cade un tabù», ma i parigini che hanno pienamente il senso delle loro cose lo troveranno semplicemente l’approdo democratico e moderno di una circolazione cittadina sempre più intelligente. Naturalmente non tutto sarà permesso, i casi (che potete agevolmente apprezzare sulla cartina) sono ben definiti e mettono in buona sicurezza sia i ciclisti che gli automobilisti, soprattutto perché ci sarà sempre la protezione di una ciclabile: la svolta a destra praticamente continua e il proseguire diritto quando non c’è una strada che incrocia il ciclista sulla sua destra. A tutto, sovrintenderà un cartello appeso in bella mostra al semaforo.
Giusto questa mattina avevo incrociato lo sguardo indignato di un mentecatto supercarrozzato, che strepitava come una gallina perché mi ero concesso in bicicletta un ottimo senso unico contrario, valutato in estrema serenità grazie all’ampia larghezza della sede stradale che lo consentiva agevolmente (anche se la legge dell’uomo ancora no) e pensavo a qualche tempo fa, sotto il ministero Lupi, quando avventati parlamentari, tra cui – manco a dirlo – quelli del Partito Democratico, avevano scriteriatamente bocciato un emendamento che avrebbe introdotto il «Senso unico eccetto bici», già in vigore in moltissimi Paesi. Pensando oggi alle novità parigine, mi viene semplicemente da piangere.
Altre popolazioni europee hanno considerato da tempo come virtuosa normalità il fatto che la bicicletta non sia più solo un mezzo turistico con cui apprezzare la città, ma anche un sensibilissimo strumento di mobilità e quindi di lavoro. Da cui un’economia parallela, con numeri, fatturati, risultati. Questa visione ci è completamente sconosciuta, da noi le due ruote o restano pagine patinate da “Grand Hotel” o, nella peggiore delle ipotesi, fastidiosa ferraglia che occupa indebitamente il suolo pubblico (per esempio a Roma). Ma nessuno, a livello centrale, che si sia mai preso la briga di immaginarne lo sviluppo sostenibile, nessuno che ne abbia finalmente certificato l’utilità sociale, nessuno che a livello centrale ne voglia fare una bandiera ambientale. Un giorno abbiamo visto sfrecciare, seppur “assistito”, il ministro Del Rio, che parrebbe civilmente portato anche per le sue origini emiliane. Ma niente, neppure lui batte un colpo. Marino non lo citiamo per carità di patria, sotto questo aspetto molto meglio Pisapia.
Ma insomma, le notizie che arrivano da Parigi sono per lo meno confortanti anche per il bicista che ne vive lontano. Personalmente, non mi cambieranno molto. Con le necessarie accortezze (le stesse autorizzate dal sindaco Hidalgo), continuerò a passare con il rosso, tagliando per i sensi unici contrari quando la sede stradale lo permetterà.
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