Parigi
Orti e aiuole: la rivoluzione verde dei cittadini di Roma
A Roma si contano oltre 150 orti e giardini condivisi. Osservi la mappa, curata da Zappata Romana, e capisci subito che siamo di fronte a un fenomeno che non è più un caso isolato, da amanti del giardinaggio e convinti assertori dell’ideologia del pomodoro a chilometro zero.
Si è innescato un meccanismo che sulle riviste internazionali si chiama sharing economy ma qui diventa la risposta collettiva al bisogno di dare un senso di comunità allo spazio pubblico e al verde urbano, troppo spesso abbandonato nel degrado e nell’incuria.
Parchi, giardini, aree abbandonate restituite all’uso pubblico, con l’impegno volontario di cittadini, associazioni e movimenti spontanei: a fine 2010, quando è stata avviata Zappata Romana, erano “solo” 40 ma tra giugno 2012 e giugno 2013 queste realtà sono aumentate del 50 % passando da 100 a oltre 150.
Zappata Romana rappresenta un elemento importante di questo meccanismo di innovazione sociale che possiamo definire, sempre con le riviste internazionali, bottom up perché è costruito dal basso, con il passaparola, con la rete e la voglia delle persone di metterci la faccia. In poco tempo il sito è diventato un punto di riferimento dove trovare informazioni, linee guida e manuali su come fare ad avviare un orto o un giardino condiviso. La mappa e le informazioni sul sito hanno contribuito a diffondere il fenomeno di appropriazione e di cura dello spazio pubblico da parte dei cittadini. Un messaggio rivoluzionario perché ha diffuso l’idea che anche a Roma “si può fare”!
Dopo decenni di inerzia della Pubblica Amministrazione i cittadini hanno colto l’esigenza di “fare” qualcosa per se stessi e per il resto della comunità, non solo orti e giardini ma anche campi di calcio, palestre, basket, aree cani o, semplicemente, la manutenzione del verde. Senza dover inventare nulla e con investimenti minimi i romani hanno proseguito la tradizione, testimoniata dall’antica Università degli Ortolani e dalla mappa di Roma del Nolli del 1748 (utile il lavoro di ricerca condotto dall’Università di Roma Tre) che riporta orti dentro e fuori le mura rimasti e, infine, ai più recenti, orti di guerra e dei ferrovieri in molti casi rimasti fino ai giorni nostri. Spazi che al tempo svolgevano funzioni fondamentali, per assicurare sostentamento alle famiglie e che hanno, in parte, contribuito a creare il paesaggio agricolo della città e a costruirne la storia, fatta di acquedotti e mura romane, di vigne e borgate.
La mappa online di queste realtà, riporta per ogni esperienza (orti, giardini e guerrillia gardening) la localizzazione, una breve descrizione, una fotografia e, quando possibile, i contatti: un vero e proprio urban data che registra i successi di una trasformazione sociale che anima la creazione di “comunità” legate dal bisogno di restituire dignità e identità ai quartieri dove si vive.
Sono 150 storie che dovrebbero essere conosciute e raccontate, che descrivono la passione nel recupero dei beni comuni e per la creazione di una solidarietà vera, non solo assistenziale, ma capace di coinvolgere e costruire legami.
Storie che raccontano un’altra città, dove i cittadini si dimostrano generosi: gruppi di cittadini curano le aiuole sull’Appia Nuova, a via Guarico e via dei Guastatori all’Eur e a via Giolitti vicino alla stazione Termini; al verde di Mostacciano ci pensa, da solo, il signor Piero, in cerca disperatamente di aiuto, mentre a Osteria del Curato i cittadini hanno realizzato una mappa on line con i nomi degli abitanti responsabili di ogni singolo albero.
Gli orti e i giardini sono per i romani lo spunto per fare altro, tessere relazioni e fare comunità. A Tor Sapienza con il progetto Sar San l’orto è l’occasione di integrazione dei bambini Rom, a Coltivatorre e Orto Capovolto ad essere integrati sono i diversamente abili, mentre con Eutorto l’orto offre un’occasione di socialità e di “affettività” ai lavoratori dell’ Agile ex Eutelia, che hanno dato vita a un collettivo di lavoratori che vogliono continuare a stare insieme e superare così l’esclusione dalla realtà sociale e produttiva subita con la perdita del lavoro.
Gli orti e giardini che sono nati in modo spontaneo diventano occasioni importanti per avere spazi pubblici vivibili all’aria aperta dove ogni generazione trova un proprio ruolo come avviene a San Giovanni negli orti familiari Santa Caterina, a Labaro con Dame D’Erbe, al Pigneto nel giardino di via Castruccio Caro o negli “storici” giardini condivisi di via dei Galli a San Lorenzo, di via del Mandrione, di via Morozzo della Rocca a Casal Bertone e del Parco della Cellulosa a Casalotti con Legambiente.
Unico nel suo genere è l’Hortus Urbis, orto didattico con piante antico romane nel Parco Regionale dell’Appia Antica, presso l’ex Cartiera Latina a via Appia Antica 42/50 che ha visto la riattivazione di uno spazio abbandonato, lungo l’antico e sacro Almone, attraverso il generoso contributo dei giardini e orti condivisi della città su progetto di Zappata Romana e del Parco dell’Appia Antica e che ospita tutte le domeniche laboratori per bambini.
Accompagnato da Luca D’Eusebio, uno degli “inventori” di Zappata, comprendo la necessità di leggere la mappa, capendo il significato profondo che sta dietro a queste esperienze che potrebbero essere classificate, in modo superficiale, come storie di quartiere: “Roma come Londra, Barcellona e Berlino, nonostante l’assenza di un ruolo propulsivo dell’Amministrazione capitolina, rende, i beni comuni e le aree verdi, il campo di sperimentazione di nuovi modelli di spazio pubblico a contatto con la natura per aumentare il capitale sociale della città restituendo aree abbandonate a tutta la cittadinanza in forma di spazi di relazioni. A Parigi il progetto “Main Verte” ha facilitato l’avvio di orti e giardini condivisi fornendo ad associazioni e cittadini che ne facevano richiesta aree in gestione in cambio di un’apertura bisettimanale al pubblico e un evento cittadino annuale fornendo gratuitamente terriccio vegetale e l’acqua, ma la regolarizzazione ha fatto perdere il carattere “spontaneo” e sperimentale di molte realtà”, spiega Luca, con la lucidità di chi vede la realtà e comprende il valore del cambiamento.
Ecco il senso profondo di questa sfida, rivoluzionaria e civile: lavorare con le comunità per contribuire a costruire un futuro per la Città, dove sporcarsi con la terra significhi creare maggiore resilienza e costituire dei presidii sociali, per praticare l’inclusione e la solidarietà non solo con provvedimenti assistenziali e di emergenza ma realizzando, giorno dopo giorno, solchi e vivai che servono a consolidare l’idea di una città dove partecipazione e condivisione non siano soltanto dichiarazioni di principio, dove l’innovazione sociale parte dai bisogni e li trasforma in fatti concreti, piante e frutti da curare e da mangiare.
Info: utilissimo seguire Zappata Romana sui social, Facebook e Twitter, per cogliere tutte le occasioni di incontro, animazione e svago che offre, ogni settimana.
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