Economia
La rivolta dei coiffeur afro a Parigi
Afro Coiffure, Afro Beauté, Afro Glamour, Afro King. Le insegne dei negozi parlano chiaro: siamo nel regno delle pettinature stile afro, un pezzo d’Africa in pieno centro parigino. Boulevard de Strasbourg, fermata Château d’Eau, decimo arrondissement. Un posto accovacciato tra la Gare de l’Est, la stazione più antica della città, che svetta da un lato, e il quartiere di Strasbourg Saint Denis, che brulica di vita dall’altro. Tanti negozi di parrucchieri e manicure, tutti insieme, non si trovano da nessun’altra parte. Uno accanto all’altro, uno di fronte all’altro. A Château d’Eau si vedono solo africani (ivoriani, nigeriani, maliani e camerunensi per lo più). Gli uomini piantonano i marciapiedi in cerca di clientela mentre le donne, all’interno delle boutique, annodano treccine rasta e armeggiano piastre, solventi e bigodini per stirare, colorare e arricciare capelli. Solo da pochi anni, alla popolazione africana si è aggiunto qualche cinese che si occupa di manicure e pedicure.
Dietro la facciata esotica di questo boulevard parigino si nasconde un’economia criminale che prospera sulla disperazione di tanti immigrati. Un sistema piramidale con dei capi che restano nell’ombra, dei prestanome che gestiscono le boutique e che ruotano di continuo tra loro e dei lavoratori clandestini sfruttati fino al midollo. A scoperchiare il calderone di Château d’Eau sono stati diciotto immigrati irregolari che lavoravano nel salone di bellezza New York Fashion. Da quasi un anno questi uomini e donne occupano il loro ex luogo di lavoro al civico 57 di boulevard di Stasbourg in una lunga e faticosa battaglia, minacciati di morte dai boss del quartiere ed emarginati dai loro colleghi.
La rivolta dei coiffeur inizia lo scorso 22 maggio quando “i diciotto del 57” (ormai è così che li chiamano tutti) entrano in sciopero. Come quasi tutti gli altri lavoratori della via, sono clandestini e sono stati ingaggiati con la promessa di una remunerazione a cottimo: il 60 per cento di ogni entrata sarebbe andato al padrone, il resto a loro. Nella realtà le cose vanno diversamente: quando va bene, ogni lavoratore riceve tra i 250 e i 400 euro al mese e quando va male, bisogna aspettare due, tre mesi per vedere un po’ di soldi. Tutto per un lavoro che dura ottanta ore alla settimana, sei giorni su sette.
Ribellarsi a Château d’Eau è quasi impossibile. Il sistema di reclutamento e di pianificazione del lavoro messo in piedi dai boss del quartiere è astuto. “Pochissimi nel boulevard hanno il permesso di soggiorno ̶ racconta Aminata, giovane guineana ex parrucchiera del New York Fashion ̶ e ogni volta che qualcuno reclama i soldi, il padrone minaccia di chiamare la polizia”. Poi c’è la divisione delle squadre di lavoro che avviene a seconda della lingua di origine. I francofoni con i francofoni, gli anglofoni con gli anglofoni e i sinofoni con i sinofoni. In questo modo i gruppi di lavoratori restano isolati tra loro senza la possibilità di organizzarsi e fare rivendicazioni.
Infine, c’è la paura. M-Magazine, il settimanale di Le Monde ha descritto il profilo di uno dei presunti ideatori del sistema Château d’Eau, un certo Marcel C., di origini nigeriane e nazionalità camerunense. L’uomo, autoproclamatosi pastore della “Chiesa del Cristianesimo Celeste” ha un forte ascendente sulla comunità del quartiere e sfrutta il suo carisma per seminare terrore. «Sempre vestito con una tunica bianca e dei sandali a piedi, spesso gira scortato da due guardie del corpo e utilizza la sua rete di conoscenze per far sapere che chi lo sfida rischia la vita». Sempre secondo M-Magazin, Marcel C. è socio in diverse imprese di cosmetici dai nomi evocativi come la Saint-Esprit Cosmétique e la Jesus Cosmétique.
In questi mesi, “i diciotto del 57” hanno ricevuto il sostegno della Cgt che ha sporto denuncia per tratta di esseri umani e del “Collectif des cinéastes sans papier”, un gruppo di registi che ha realizzato un breve video sui lavoratori del New York Fashion e organizzato una raccolta firme per ottenere la regolarizzazione immediata degli ex coiffeur. La vetrina del 57 di boulevard de Strasbourg che unn anno fa era tappezzata di foto di modelle nere dalle pettinature improbabili, oggi è ricoperta di manifesti e bandiere della Cgt. Nella piccola Africa parigina niente sembra essere cambiato, a parte quella vetrina.
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