Parigi
Francia, un pizzico di cristianofobia in una legge di rilancio economico
Si chiama Loi Macron. Prende il nome dal ministro delle finanze francese, Emmanuel Marcon. Il suo obiettivo dichiarato è quello di liberare la concorrenza per rilanciare la competitività delle aziende francesi. Nei fatti però è un calderone che contiene di tutto e di più, salvo delle misure per smantellare realmente il tipico protezionismo francese.
Questa legge affronta anche il tema del lavoro domenicale. Già perché la domenica, passeggiando sugli Champs-Elysées, non ci troverete un negozio aperto salve qualche rarissima eccezione. Per questo molti deputati, specialmente di centro-destra, hanno chiesto di emendare questo divieto almeno per le zone turistiche e commerciali. Nella rissa delle giornate festive si è buttata anche la deputata socialista Ericka Bareigts, eletta nell’isola della Réunion (feudo della gauche) che ha pensato bene di inserire nella Loi Macron – in nome di una laicità francese, sempre più simile all’ateismo di Stato sovietico – un emendamento per consentire la soppressione di feste cristiane dal calendario, almeno nell’ Outre-Mer. In pratica i prefetti dei dipartimenti d’oltre mare (i cosiddetti DOM ovvero le isole della Rénion e della Mayotte in Africa, quelle della Martinique e della Guadalupe nei Caraibi e la Guyana Francese, in Sudamerica) potranno cambiare le festività cattoliche “non repubblicane” in favore di altre festività locali.
Quali ? Nella stesura originale dell’emendamento si parlava di Pasqua, dell’Ascensione e della Pentecoste (festive in Francia) ma anche di Ferragosto e di Ognissanti. Nella versione finale è stato aggiunto anche il 1° gennaio e il lunedi di Pasqua ed è stato introdotto il divieto di sopprimere le “sacre” feste repubblicane.
La notizia é stata salutata a sinistra e accolta con inquietudine dalla Conferenza Episcopale Francese. Inoltre giunge in un momento di profonde tensioni religiose che sono state rianimate dalle profanazioni di cimiteri ebraici e cristiani e dalle notizie provenienti dalla Libia e dal Medio Oriente, dove i cristiani vengono martizzati dagli jihadisti. Cosa c’entrano le violenze perpetrate dai terroristi islamici con la Francia? Ebbene, gli attentati di Parigi all’inizio di gennaio hanno portato la guerra in casa dei francesi e allontanato le comunità sebbene non siano mancati gli sforzi per evitare generalizzazioni.
Certamente l’emendamento alla Loi Macron non può essere messo sullo stesso piano degli attacchi che i cattolici francesi subiscono frequentemente in maniera più o meno mediatica. Sta di fatto che, soprattutto da quando il Partito Socialista è al potere, i cristiani transalpini sono stati spesso stigmatizzati e non hanno avuto diritto allo stesso trattamento di condanna delle profanazioni quando, ad esempio, le Femen sono andate a martellare la campana posta dentro la cattedrale di Notre-Dame (danneggiandola, senza per questo essere condannate penalmente) oppure quando sono andate a mimare l’aborto di Gesù alla chiesa della Madeleine. Per queste ragioni molti cattolici francesi vivono come se ci fosse la questione del rapporto tra Stato e religione (almeno la loro) fosse un nervo scoperto. Forse sarebbe stato meglio gestire con più saggezza l’emendamento alla Loi Macron, soprattutto se si considera che il governo, non avendo più maggioranza, ha posto la questione di fiducia (utilizzando l’articolo 49-3 della Costituzione) per l’ approvazione di questa legge.
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