Calcio

Euro 2016 blindati e terrorizzati: eppure necessari

18 Novembre 2015

L’attacco fallito venerdì 13 novembre allo Stade de France, l’annullamento delle amichevoli Belgio-Spagna e Germania-Olanda, i fischi al minuto di raccoglimento prima di Turchia-Grecia. Il calcio, uno degli “sport europei” per eccellenza, a pochi mesi dall’Europeo del 2016 è finito al centro dell’attenzione per questioni extrasportive. Ma in particolare è diventato un dichiarato obiettivo del terrorismo islamico. E quest’anno la competizione continentale si giocherà proprio in Francia, in un’edizione che sarà ricordata sicuramente per l’alto tasso di militarizzazione. Inevitabilmente, dunque, lo spettacolo cederà il passo alle cronache sulla sicurezza. Le città di Bordeaux, Lens, Lille, Lione, Marsiglia, Nizza, Parigi, Saint-Denis, Saint-Etienne, Tolosa saranno sotto la lente di ingrandimento, come se fossero i baluardi contro la minaccia terroristica.

Insomma, ci sarà uno scenario nuovo con un clima non proprio gradevole. Anche perché i prossimi mesi si prevedono tesi e difficili. Ma al di là della blindatura e di una situazione sostanzialmente sconosciuta rispetto al passato, Euro 2016 è un passaggio necessario, perché può prima di tutto rappresentare un riscatto dei sistemi di prevenzione, di controllo e di sicurezza. La funzione di questa manifestazione è sociale prima che sportiva: può trasmettere la sensazione che la normalità è nuovamente possibile, che il ritorno alla quotidianità, per quanto ferita dal sangue sparso a Parigi, non è solo frutto di un racconto ottimistico. D’altra parte, per la stessa ragione Euro 2016 mette paura: gli estremisti lo attendono come un momento per continuare l’opera di propagazione del terrore, cercando di mostrare che la normalità non è la stessa di prima. Anche nel caso in cui – come spero – non ci siano morti, per le cellule jihadiste sarebbe già un risultato far cancellare le partite, far spostare i programmi. La vera missione dell’organizzazione dell’Europeo, a ogni livello, sarà quindi quella di trasmettere tranquillità.

Il motivo per cui il calcio è finito nel mirino degli islamisti ha un fondamento pragmatico, o sarebbe meglio definire spietato: chi vuole seminare panico e provocare un elevato numero di vittime punta al bersaglio grosso, ai maxi raduni. Cosa c’è di meglio di uno stadio con decine di migliaia di spettatori? Del resto il bilancio delle stragi di venerdì 13 novembre sarebbe stato molto più grave nel caso in cui uno dei kamikaze fosse riuscito a penetrare nello Stade de France.

Ma il calcio ha anche un forte valore simbolico, visto che per molti cittadini europei è il passatempo preferito, un modo per trascorrere il tempo libero. Ecco, di sicuro l’obiettivo dei jihadisti non è solo quello di “cambiare il nostro stile di vita”, in quanto colpiscono in maggioranza i musulmani come raccontano i fatti di sangue in Iraq, Yemen, Libano e tanti altri Paesi insanguinati dal fanatismo. Ma è pur vero che la declinazione del terrore in Occidente finisce per colpire i templi della nostra epoca, come gli stadi. Perciò l’Europeo del 2016, che caso vuole sia organizzato in Francia, può dare una risposta. Infondendo quel senso di sicurezza messo a dura prova nell’ultimo anno, e in particolare il 13 novembre.

Photo credit: sito ufficiale Euro 2016

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