Palermo
Un albero di alloro per Giorgio
Oggi, 22 ottobre 2024, esattamente dove, al tempo, si trovava il bar Lux, su impulso di Giusi Chinnici, consigliera dell’VIII° Circoscrizione del comune di Palermo, e con l’adesione di tutto il consiglio e del presidente Marcello Longo, si è svolta la cerimonia di piantumazione di un albero di alloro per ricordare Boris Giuliano nel giorno del suo “non” compleanno. Un albero di alloro per ricordare l’impegno e la lotta di Giorgio Boris Giuliano contro la mafia
94 anni. Sono passati 94 anni da quel 22 ottobre 1930 quando, in quel di Piazza Armerina in provincia di Enna, un nuovo vagito annunciò la nascita di uno dei più temibili nemici di “cosa nostra”, la mafia siciliana. Attorno al letto di Maria, mentre stringeva al petto il nuovo nato, oltre alla levatrice c’era Salvatore, suo marito e i due figli più piccoli, Giuseppe, di cinque anni, ed Emanuele, che aveva due anni. Salvatore Giuliano era un esperto “maresciallo di macchina”, un sott’ufficiale della Regia Marina Militare. Originario di Piazza Armerina, il suo mestiere lo aveva portato in giro per tutti i porti del regno. Mentre Emanuele era nato a La Spezia, Giuseppe era nato a Catania. Maria Giunta, invece, era nata ad Aidone, piccola località in provincia di Enna. Ma proprio Maria aveva voluto che il nuovo arrivato nascesse a Piazza Armerina e così Giorgio nacque a Piazza Armerina. Già, Giorgio. Questo era il nome che fu dato al nuovo venuto, accompagnato, come da tradizione di famiglia, da un secondo nome, spesso ingombrante. Giuseppe Davide Cristoforo, detto Iuccio era il nome del primo figlio. Emanuele Nello Sem il nome che Maria diede al secondo. Qualche giorno dopo la nascita di Giorgio, ad Assisi, si sarebbe celebrato il fastoso matrimonio tra la figlia del re Vittorio Emanuele III, la principessa Giovanna, ed il re di Bulgaria, Boris III. Giorgio Boris, questo fu il nome del piccolo nato il 22 ottobre 1930. Giorgio, questo era il nome che veniva normalmente usato in famiglia ed anche nelle relazioni personali e professionali, almeno fino al 1963. Mai avrebbe potuto immaginare Maria, la madre, che, da quel momento in poi, per più di metà del tempo della sua vita, Giorgio sarebbe stato chiamato Boris. Successe quando Giorgio entrò alla Squadra Mobile e, da quel momento, se lo portò incollato per sempre, anche oltre la morte.
Già, la morte. Quell’evento che chiude il ciclo vitale. Quell’evento che, senza guardare in faccia a nessuno, ferma per sempre il respiro. E se è vero che oggi, 22 ottobre 2024 sono trascorsi 94 anni dal giorno della sua nascita, ne sono trascorsi più di 45 da quel 21 luglio 1979, il giorno in cui gli occhi di Giorgio si chiusero per sempre. Il giorno in cui il suo respiro cessò. Dal suo ingresso alla Squadra Mobile, e fino alla morte, Giorgio Boris Giuliano lavorò alacremente per disarticolare la consorteria mafiosa. Diventò capo della squadra Mobile di Palermo. Fu il primo capo della Squadra Mobile di Palermo che teneva la porta del suo ufficio aperta. Dopo di lui, per lunghi anni, quella porta ritornò a essere una porta chiusa. Fu il primo a considerare “sacra” la scena del crimine. Fu il primo a chiedere e controllare che non venisse contaminata perchè “i muri parlano”, diceva. Fu il primo a stabilire un rapporto franco e diretto con la stampa, riconoscendole un ruolo importante nella lotta alla mafia che, assieme alla sua squadra, stava combattendo in tempi in cui, ancora, venivano rilasciate dichiarazioni che dicevano che “la mafia non esiste, è solo una scusa per danneggiare la Sicilia”. In questo clima, proprio nel momento in cui Palermo vive la contraddizione del doversi trasformare da città dei salotti, nei quali facevano la loro comparsa contemporaneamente esponenti delle istituzioni, dirigenti delle forze di polizia, mafiosi di rango ed imprenditori, nella città costretta a rimpiangere la “vecchia mafia” perché meno appariscente e cruenta.
La mattina di quel 21 luglio, si prevedeva una calda giornata, come succede spesso, in quel periodo a Palermo. La città era semideserta, quasi tutti erano andati nei villini delle località marittime che, a est e a ovest, affiancano Palermo sul mare. Quella mattina, in via Alfieri, la sveglia suonò qualche minuto prima. Giuliano, prima dell’arrivo dell’auto di servizio che lo avrebbe accompagnato alla Mobile, doveva sbrigare un paio di faccende. Per prima cosa pagare la pigione, e per questo sarebbe bastato un minuto perché era sufficiente consegnare la busta alla portiera. Bisogna poi riparcheggiare la Dyane. Nei giorni precedenti, Giuliano aveva accompagnato al mare la famiglia. Maria, la moglie, e i figli, Alessandro, Emanuela e la piccola Selima, lo aspetteranno là ancora qualche giorno, poi potrà raggiungerli. L’auto arrivava per le otto ma, quella mattina, una ventina di minuti prima del solito, il dottor Giuliano uscì di casa. Uscendo salutò la portiera e le consegnà la busta con la pigione. Uscì dal portone. Dal civico 47 di via Alfieri, a pochi passi da piazza Unità d’Italia. Giuliano si diresse a sinistra, raggiunse la Dyane e trovò un parcheggio più comodo, anche grazie alle poche presenze che ci sono in città. Mancavano ancora più di dieci minuti all’arrivo dell’auto. Giuliano tornò sui suoi passi e si diresse verso via De Blasi. Là, dopo il cinema, sa esserci un bar, il bar Lux. Non lo frequenta abitualmente. Ci sono posti, a Palermo, in cui i poliziotti preferiscono non andare. E il bar Lux è uno di questi, per via di una parentela tra il proprietario e la famiglia Riccobono, famiglia mafiosa. Ovviamente non c’è nessun pregiudizio ma, come si dice a Palermo, “megliu diri chi sacciu, ca diri chi sapia”, ossia “meglio dire che so, piuttosto che dire che non lo sapevo”. Possiamo ipotizzare che il dottor Giuliano, quella mattina, abbia deciso di andare al bar Lux all’ultimo minuto e questo abbia spostato il luogo dell’agguato, forse previsto davanti a casa, nel tragitto tra il portone e l’auto in attesa. Boris Giuliano entrò nel bar Lux. La Fiat 128 gialla, su cui viaggiava Leoluca Bagarella arrivò in via Di Blasi e si infilò in via Domenico De Marco. Bagarella uscì dall’auto. Aveva con se una pistola Beretta calibro 7,65. Arrivò con passo veloce davanti al bar Lux. Giuliano era lì, di spalle. Stava pagando il caffè che aveva ordinato. Bagarella alzò l’arma verso di lui. Il barista, che vide Bagarella con l’arma in mano, si buttò a terra sotto il bancone. Giuliano percepì che sta succedendo qualcosa. Infilò la mano sotto la giacca per prendere la pistola e cominciò la torsione del busto. Non fece in tempo e non ebbe scampo. Bagarella sparò sei colpi a ripetizione. Giuliano stramazzò a terra. Bagarella sparò un ultimo colpo. Fuggì sulla Fiat 128 che aveva ancora il motore acceso. “Hanno ammazzato una persona… Hanno ammazzato una persona…” questo sarà il grido del proprietario del bar che correrà fuori con la testa tra le mani.
Alloro simbolo dell’immortalità di chi ha speso la propria vita fino a sacrificarla nella lotta contro la mafia e ad identificazione dei valori della legalità, radicati nella memoria collettiva dei tanti che non vogliono dimenticare e arrendersi alla ferocia mafiosa
Proprio oggi, 22 ottobre 2024, esattamente dove, al tempo, si trovava il bar Lux, su impulso di Giusi Chinnici, consigliera dell’VIII° Circoscrizione del comune di Palermo, e con l’adesione di tutto il consiglio e del presidente Marcello Longo, si è svolta la cerimonia di piantumazione di un albero di alloro per ricordare Boris Giuliano nel giorno del suo “non” compleanno. Un albero di alloro per ricordare l’impegno e la lotta di Giorgio Boris Giuliano contro la mafia. Erano presenti il prefetto Massimo Mariani, il questore Vito Calvino, il comandante provinciale dell’Arma dei Carabinieri generale Luciano Magrini, l’assessore regionale ai Beni Culturali Francesco Scarpinato, il vicesindaco Giampiero Cannella, gli assessori comunali Aristide Tamajo, Pietro Alongi, Alessandro Anello e Maurizio Carta, il presidente del consiglio comunale Giulio Tantillo, oltre alle figlie del vicequestore, Emanuela e Selima, e la moglie Maria. Presenti per l’VIII Circoscrizione il presidente Marcello Longo, la consigliera proponente Giusi Chinnici e tutto il Consiglio. Per il “Settore Verde”, erano presenti l’architetto Francesco La Monica e il Dottore Rosano. L’Albero dell’Immortalità, che sorgerà appunto in via Francesco Paolo Di Blasi, si ergerà a “simbolo dell’immortalità di chi ha speso la propria vita fino a sacrificarla nella lotta contro la mafia e ad identificazione dei valori della legalità, radicati nella memoria collettiva dei tanti che non vogliono dimenticare e arrendersi alla ferocia mafiosa“. Sul suo profilo Facebook la figlia Selima ha scritto “Oggi avresti fatto 94 anni , non so se ci saresti mai arrivato e come, ma so per certo che non contano gli anni in cui si vive su questa terra ma conta come si vive e cosa si lascia . E tu oltre esempio e orgoglio hai lasciato e insegnato Amore. Amore come trasmissione di ideali, Amore come senso del dovere , Amore per la propria terra ,Amore che comprende la fortuna e la bellezza di essere genitori e figli. E infine amore come capacità di amare “l’altro” e di darsi totalmente senza remore. Chissà se da lassù vedi come amiamo bene”.
Devi fare login per commentare
Accedi