Palermo

Palermo può essere ancora laboratorio della politica nazionale ?

13 Aprile 2019

Idea intelligente, quella del “Circolo La Pira” di Palermo presieduto dal prof. Vittorino La Placa, di avere messo a confronto tre personaggi significativi dell’attuale stagione della politica siciliano sfidandoli sul tema della coerenza culturale e dell’impegno pubblico.

I tre protagonisti del confronto non scelti a caso ma coinvolti perché accomunati da una medesima esperienza formativa maturata in un tempo in cui, nonostante la violenta aggressione mafiosa, a Palermo si sperimentava, sulla scia di Piersanti Mattarella, un nuovo modo di essere responsabilmente presenti nella società battezzando il “Gruppo politica giovani”, un cenacolo che raccoglieva giovani impegnati in prima fila nella lotta per la moralizzazione e il cambiamento della politica.

Per tutti e tre un comune punto di partenza, dunque, ma oggi approdati, a seguito dell’implosione della Democrazia cristiana, a porti diversi. Gaetano Armao, brillante avvocato siciliano, oggi vicepresidente della Regione per Forza Italia, Giorgio Trizzino, valente clinico, allo stato parlamentare del Movimento Cinque Stelle e, infine, Manlio Mele, architetto e animatore culturale, già deputato regionale vicino al Partito Democratico.

Quelle comuni radici si richiamavano al pensiero del mai dimenticato Giorgio La Pira ma anche dello stesso Piersanti Mattarella, che del sindaco santo e di Aldo Moro fu fedele interprete.

Armao, Trizzino, Mele, tre personaggi che hanno praticato un forte impegno professionale tale da renderli autonomi e da farne tutt’altro che mestieranti della politica.

Il dibattito, moderato dall’ex vicedirettore di Rai 2 Gianfranco D’Anna, non ha tradito le aspettative.

La grande sala conferenze di Villa Zito, elegante esempio del Liberty palermitano, ha registrato il tutto esaurito e non poteva essere altrimenti, vista la reputazione degli oratori. Il confronto, non tradito le aspettative, è infatti stato vivace segnato, come naturale da molte punture di spillo, ma sempre nei limiti di un fair play a cui, in questo tempo di politica gridata, non siamo più abituati.

Sul piano della sostanza, tutti e tre gli intervenuti hanno rivendicato con orgoglio l’appartenenza alla storia dei cattolici democratici, soprattutto il riferimento alla storia particolare di Piersanti Mattarella, un’appartenenza che nella quale hanno trovato giustificazione nel convincerli, nonostante i personali brillanti professionali, ad accettare di scendere in politica sacrificando interessi e ulteriori successi.

Tutti e tre hanno, infatti, con forza rigettato la facile accusa di opportunismo per avere risposto ad una chiamata in formazioni che, almeno all’apparenza, evidenzierebbero una certa un’incoerenza fra pensiero e scelte e lo hanno fatto battendo sulla propria storia personale, sul fatto che all’interno delle stesse formazioni nelle quali si sono trovati a militare, hanno sempre fatto valere la propria autonoma visione culturale e la forte tensione morale che li ha animati non trovando, visto che siamo nel tempo delle post-ideologie, tuttavia ostacoli di sorta.

Nelle conclusioni è venuta fuori una speranza, che questo confronto che, come è avvenuto in altre stagioni passate, parta da Palermo per  allargarsi all’intero Paese l’avvio di una sperimentazione per ricostruire quel dialogo politico corretto che nel panorama attuale è assolutamente assente.

 

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