Economia civile
Palermo, la mafia continua a sostituire lo Stato
Lo scorso 27 settembre, è stato presentato il libro di Vincenzo Ceruso dal titolo “Come mafia non comanda – Inchiesta sulla morte di Vincenzo Spinelli, un martire civile”. Tra i relatori, oltre all’autore, erano presenti la Procuratrice Generale di Palermo Lia Sava, il Presidente del Tribunale Antonio Balsamo e Daniele Marannano, socio e fondatore di Addiopizzo.
Vincenzo Spinelli, imprenditore palermitano ebbe il coraggio di ribellarsi a Cosa nostra, fu ucciso il 30 agosto 1982. Erano gli anni ’80, quelli che videro, giorno dopo giorno, crescere e consolidarsi il potere dei corleonesi, la frangia più sanguinaria di Cosa Nostra. In quel decennio furono molti gli imprenditori che, nonostante la solitudine che li circondava, decisero di non piegarsi alle logiche mafiose ed ebbero il coraggio di denunciare e collaborare con le Forze dell’Ordine. Vincenzo Spinelli, Pietro Patti, Salvatore Pollara, Roberto Parisi, il barone D’Onufrio, Carmelo Iannì, Paolo Bottone, Salvatore Incardona. Questi imprenditori, oltre ad essere stati uccisi da mano mafiosa, hanno in comune il fatto di essere stati, per lungo tempo, vittime dimenticate, spesso delegittimate e vittime di calunnia.
Nel corso del suo intervento la Procuratrice Sava ha messo in evidenza che, nonostante la vulgata che racconta Palermo come una città che, nel tempo, è cambiata ed ora poggia le sue radici sui principi di legalità, in realtà le ultime operazioni della Forze dell’Ordine dimostrano che Palermo è ancora oggi una città in cui molti imprenditori e commercianti pagano il pizzo. Non solo. Molti delle vittime, seppur di fronte all’evidenza di prove e intercettazioni, negano il loro inginocchiarsi alle richieste mafiose.
Sollecitato da un intervento del pubblico, Marannano ha dichiarato: «Oggi non siamo più negli anni ’80, periodo storico in cui gli imprenditori e i commercianti oltre che vessati erano vittime di un contesto di intimidazione. Oggi la situazione è completamente cambiata e ci troviamo in presenza di molte vittime che diventano conniventi. Questo significa che, spesso, i soggetti che pagano il pizzo si rivolgono agli stessi mafiosi per calmierare e condizionare il mercato, chiedendo di scalzare i concorrenti, mettendo in atto una vera e propria connivenza tra operatori economici e cosa nostra».
Cosa Nostra, quindi, non solo estorce denaro e blocca il libero arbitrio degli imprenditori ma ha di nuovo ricoperto il suo ruolo di sostituto dello Stato, il suo ruolo di stabilizzazione del territorio premiando e garantendo coloro che accettano di essere vessati.
In una recente analisi realizzata da Addiopizzo si legge «Si tratta di commercianti e imprenditori che in cambio del pizzo pagato chiedono servizi alla criminalità organizzata: c’è chi paga e non denuncia perché si rivolge al suo estorsore per impedire l’apertura di concorrenti nel proprio quartiere oppure per recuperare crediti presso i propri clienti, dirimere vertenze con i dipendenti e risolvere problemi di vicinato. C’è chi paga e non denuncia perché appartiene a cosa nostra o perché il pizzo lo corrisponde al proprio cugino o genero, che è l’estorsore del rione.
Dinanzi a tali casi è illusorio aspettarsi collaborazioni proprio per gli interessi e le relazioni tra chi paga e cosa nostra. Da qui l’esigenza di ridefinire l’analisi perché le estorsioni e soprattutto chi paga non hanno più, a Palermo, le caratteristiche di vent’anni fa. Per tale ragione molti di coloro che sono acquiescenti alle estorsioni non possono considerarsi vittime».
Il cammino verso la “redenzione” è molto impervio. Appare evidente come sia necessario realizzare una svolta per rendere sconvenienti le relazioni di connivenza che danneggiano il mercato e anestetizzano la libera concorrenza a danno d’imprese e, inevitabilmente, dei consumatori. Vale la pena riflettere, inoltre, sui recenti risultati elettorali. Già nelle recenti elezioni amministrative della Città di Palermo abbiamo assistito al ritorno delle ombre grigie di personaggi che, in passato, hanno rappresentato il trait d’union tra la società e la mafia. Anche nelle recentissime elezioni regionali, l’ombra del voto di scambio e dell’acquisto dei voti ha oscurato il processo democratico. Fino a quando i cittadini non riusciranno a staccarsi definitivamente dalle vecchie logiche clientelari, dalla loro confort zone di micro connivenza quotidiana con il sistema mafioso, da quel pensiero mafioso che vive in questa città, non riusciranno a esprimere una via da percorrere perché, come disse Primo Mazzolari, «La redenzione non ha né surrogati, né mezze vie» e lo stesso vale per la lotta alle mafie.
Devi fare login per commentare
Login