Palermo
Italian Politics for Dummies. Le Iene entrano in politica
Italian Politics for Dummies, film uscito nella sale il 26 e il 27 novembre, è il resoconto documentaristico del 25enne Ismaele La Vardera (Le Iene) sulla sua esperienza elettorale da candidato sindaco per le elezioni comunali di Palermo dello scorso anno.
Una candidatura apparentemente in piena regola quella del giovane giornalista d’inchiesta, in principio sostenuta da un insieme di liste civiche, nonché da formule propagandistiche estrose, e in seguito appoggiata anche dalle maggiori piattaforme della destra nazionale, impazienti di accaparrarsi l’enfant prodige siciliano senza porsi troppe domande.
Una candidatura, tuttavia, decisamente ambigua, per non dire sui generis, se si considera la telecamera nascosta, in perfetto stile “ienesco”, con la quale La Vardera ha registrato il suo intero iter elettoralistico, comprensivo di colloqui con figure politiche di primo piano e personaggi della criminalità organizzata.
“Un’operazione trasparenza” che sarebbe andata in porto, a detta dell’ideatore-protagonista, a prescindere dagli esiti delle elezioni – disgraziati, di fatto, in base a ogni pronostico avveduto – e che avrebbe lo scopo dichiarato di mostrare senza filtri, una volta violate, le segrete stanze delle trattative, i luoghi del doppiogiochismo, del trasformismo spavaldo e del voto da apparecchiare. Insomma, un’iniziativa per certi versi coraggiosa e sulla carta avvincente.
Sulla carta, appunto. Perché, accantonati gli entusiasmi per la trovata originale e suddividendo la narrazione in due tracce parallele – la parabola politica di Ismaele e il valore documentaristico –, non viene fuori del materiale indimenticabile.
In primis, c’è da sottolineare come il La Vardera candidato si consegni senza troppe cerimonie a una linea d’azione che oscilla tra il qualunquismo onirico, l’idealismo confuso e la leggerezza del neofita, accettando compromessi su compromessi in tempi record e ostentando un decisionismo alquanto indigesto per il suo zelante entourage. Per carità, errori di gioventù ammessi a più riprese dal protagonista medesimo. Errori che, tutto sommato, interessano relativamente e che non comprometterebbero di per sé il senso dell’intera operazione.
Quel che invece stupisce è la scarsa incisività sotto il profilo giornalistico dei contenuti proposti. Dinamiche note e arcinote che col passare dei minuti rincorrono uno shock che stenta a innescarsi: a tal proposito, l’enfasi nel raccontare e nell’incassare il torbido da parte della tribù degli indignati al centro della scena, in assenza di guizzi, non basta a far scattare l’arrugginita empatia nello spettatore italico indurito dal disastro ordinario.
D’altronde, in tutta franchezza, il Salvini scaltro, il Micciché scaltro al quadrato, la longa manus di Cuffaro nelle vicende siciliane, il piddino di spicco ontologicamente predisposto al “fratricidio” (nella fattispecie, Crocetta) e il voto di scambio coordinato dalla mafia, non li scopriamo grazie al docufilm.
Certo, qualcuno dirà: repetita iuvant; un conto è affermare che “non esiste classe dirigente che non sia da reputare orrenda”, parola di Fulvio Abbate, palermitano anche lui, altra cosa è verificarlo con i propri occhi e le proprie orecchie; una Meloni in preda al rimorso dell’investitore costituisce un palese inedito (un inedito di cui avremmo potuto fare a meno); il modello comunicativo salviniano metabolizzato dalle smemorate terre di Sicilia è una sottotrama su cui varrebbe la pena indugiare; eccetera, eccetera.
Tutte osservazioni pertinenti. Eppure, il lavoro di La Vardera, nel complesso, non riesce a convincerci. Sarà che non siamo così candidi, sprovveduti o disinformati. Sarà che non siamo neanche dei dummies, qualunque cosa significhi. Dunque, con ogni probabilità, non corrispondiamo ai destinatari invocati dal titolo.
Sarà uno nostro limite. Sarà un limite del film, del suo aggiungere molto sul fronte del coraggio e del suo aggiungere poco sul fronte dell’inchiesta. Sarà un limite della realtà. Che anche ripresa di nascosto e lasciata libera di esprimersi non ce la fa proprio a superare l’immaginazione.
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