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(in)Coerenze siciliane e vele bucate
Prendere il largo nell’alto mare aperto con “una barca che ha le vele bucate”. Cronache del detto e non riportato, ossia di quando la Regione Sicilia preferisce pubblicare con editori non siciliani il patrimonio culturale dell’isola
Si è svolta lo scorso 9 settembre la conferenza stampa di presentazione de “Una marina di Libri”, il festival del libro (e degli editori) promosso da CCN Piazza Marina & dintorni e giunto alla sua 12° edizione che quest’anno cambia location e direttore artistico. Nella sala antistante il Planetario del “Parco di Villa Filippina”, è stato anche presentato il nuovo direttore artistico Gaetano Savatteri, il giornalista e scrittore nato a Milano ma racalmutese di origini familiari, noto ai più per la sua fortunata serie di racconti e romanzi, editi da Sellerio, che vede protagonisti Lamanna e Piccionello e che oggi vive una parabola fortunata grazie alla trasposizione televisiva per Rai1 con la serie “Màkari”, interpretata da Claudio Gioè, Domenico Centamore e Ester Pantano. Di Savatteri si è oramai dimenticato il suo scivolone, quel romanzo dal titolo “La volata di Calò”, sempre edito da Sellerio che, con la complicità di Andrea Camilleri, sdoganò l’avventura imprenditoriale, risultata poi falsa, di tal Calò Montante e della sua fabbrica di biciclette definendolo “artista della meccanica, protagonista dell’industria, dal suo paese di zolfatari siciliani Calò Montante lanciò i suoi «Cicli Montante» in tutt’Italia”. Il Calò Montante, per la cronaca, è il padre dell’ex leader di Confindustria Sicilia Antonello Montante definito da molti “il padrino dell’antimafia” le cui vicende giudiziarie sono note anche ai più distratti. Oltre alla sua eccessiva accondiscendenza nei confronti degli ospiti istituzionali, da lui nessuna menzione a chi l’ha preceduto nel ruolo, quel Piero Melati che ha condotto artisticamente, con ottimi risultati sia dal punto di vista culturale sia per gradimento del pubblico, la rassegna negli ultimi anni e del quale ha raccolto il testimone. “Per l’alto mare aperto”, questo è il tema dell’edizione del 2021 e proprio a partire da questo il più citato, senza mai nominarlo, è stato Vittorio Nisticò. Sì, proprio lui, quel Vittorio Nisticò che fu direttore de “L’Ora” e che nel 1978, quando “L’Ora” entrò in una fase di difficoltà economiche che ne minacciavano l’esistenza, per salvare la testata, fondò una cooperativa di giornalisti che per dieci anni la gestì. Di Nisticò, usata e abusata, è spesso riecheggiata, nella saletta in cui si è tenuta la conferenza stampa, quella sua considerazione, ripresa poi anche da Andrea Camilleri, che i siciliani si dividono in due grandi categorie: i siciliani di scoglio e i siciliani di mare aperto. Il siciliano di scoglio è quello che riesce ad allontanarsi fino al più vicino scoglio mentre il siciliano di mare aperto, invece, prende il largo e se ne va. Snaturandone il vero significato, il “siciliano di mare aperto” è stato preso a emblema dell’importante e costante lavoro che la rassegna ha svolto in questi anni associando a esso sia il concetto di libertà sia la scelta di navigare in acque profonde. La barca persa nel mare di parole, immagine simbolo di questa edizione, ben rappresenta quanto abbiamo potuto ascoltare durante la conferenza stampa. Presenti due ospiti istituzionali, il professor Mario Zito, in qualità di “Assessore alle CulturE” del comune di Palermo e il dottor Alberto Samonà, nella sua qualità di “Assessore dei beni culturali e dell’identità siciliana della Regione Sicilia”. Da entrambi parole di compiacimento per il raggiungimento dell’obiettivo raggiunto con questa 12° edizione e di come, in periodo dominato dalla pandemia e dalla necessità di distanziamento sociale, oggi più che mai queste occasioni rappresentino una possibilità di ripartenza, una possibilità di ricominciare a “solcare ancora i mari”. Nessuna parola, invece sulla crisi, che già era iniziata ma che proprio in questo periodo si è acuita, dell’editoria indipendente siciliana, protagonista, assieme al libro, della kermesse. “Una barca con le vele bucate”, ha ricordato Ottavio Navarra, uno dei fondatori della rassegna e titolare della casa editrice che porta il suo nome. Come se non bastasse, proprio dal dottor Samonà, nel suo intervento ben scandito e punteggiato da quelle microscopiche pause che cercano consenso e plauso, tipiche delle dichiarazioni propagandistiche del ventennio, ha dichiarato la vicinanza di quanto da lui rappresentato alla cultura siciliana, ai suoi artisti e alle realtà imprenditoriali siciliane salvo annunciare candidamente la pubblicazione dell’opera omnia di Franco Scaldati, in tre tomi, che vedrà la stampa per i tipi di Marsilio editore. Sì, Marsilio editore che, senza nulla togliere alla professionalità e alla capacità del grande editore, ricordo essere di Venezia città che, in comune con l’isola siciliana, ha solo il fatto di essere bagnata da un mare. E gli editori indipendenti siciliani dove sono finiti? Come al solito l’(in)coerenza siciliana la fa da padrone.
Sempre Ottavio Navarra, inoltre, ha ricordato, ma l’assessore Samonà in quel momento aveva preferito essere all’esterno della sala per intrattenersi con altri invitati distratti (tanto poi si pubblica il comunicato stampa) in attesa dell’apertura del rinfresco, proprio a proposito dell’attenzione che le istituzioni hanno rivolto all’editoria indipendente siciliana che “Noi non siamo carne da macello né carne da spettacolo. Abbiamo sollevato, tempo fa, un problema drammatico, quello dello stato dell’arte dell’editoria siciliana e su questo non abbiamo avuto ad oggi le risposte che ci aspettavamo. Ci tengo a sottolineare quest’aspetto perché so della sofferenza che molti colleghi hanno attraversato, colleghi che hanno dovuto licenziare persone, colleghi che hanno dovuto ridimensionare le strutture, quindi noi ripartiamo con le vele delle nostre barche che hanno i buchi e attendiamo risposte che ad oggi non sono arrivate”. La prima risposta, in effetti, è arrivata durante la conferenza stampa, e riguarda la stampa dell’opera omnia di Franco Scaldati il cui archivio, voglio ricordare, non è patrimonio della città di Palermo ma patrimonio della “Fondazione Giorgio Cini”, anch’essa con sede a Venezia.
Anche Franco Scaldati, forse, era un “siciliano di mare aperto” ma non sapeva di esserlo visto che il suo “scoglio” è sempre stato il più vicino possibile al cuore della città.
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