Palermo

Il Borbone che dichiarò guerra alla “mosca”

13 Dicembre 2017

Regnando Ferdinando II – “Re bomba” per intenderci- e liquidata la rivoluzione del ’48, che per opportuna informazione ricordiamo come la prima della gloriosa ‘primavera dei popoli’, i Borbone sottoposero la Sicilia ad un regime di stretto controllo di polizia.

Salvatore Maniscalco, direttore del dipartimento di polizia dell’isola, esercitò il suo mandato con estrema severità e, perfino, con crudeltà tanto da suscitare l’indignazione di molti autorevoli esponenti dello stesso governo borbonico. Nonostante ciò, le oscure protezioni di cui godeva, garantirono a Salvatore Maniscalco una sostanziale impunità almeno fino all’arrivo di Garibaldi.

Il suo rigore fu tale che lo portò perfino a coprirsi di ridicolo come quando dichiarò guerra alla “mosca”. È evidente che la mosca , di cui parliamo, non era il fastidioso insetto che tutti conosciamo ma quel tratto di barba fra il labbro inferiore e il mento che era in uso ostentare in quegli anni.

Poiché alcuni sedicenti rivoluzionari esibivano  la mosca in segno di sfida, Maniscalco ebbe la felice idea di sguinzagliare i suoi sgherri nelle città per arrestare chi ostentava la “mosca”. Fra le vittime della famosa caccia alla mosca ci fu pure quell’Emanuele Notarbartolo di Sciara che sarebbe stata la prima vittima eccellente di mafia, fu infatti barbaramente trucidato  sul treno mentre faceva rientro a Palermo.

Il giovane fu, infatti, fermato all’uscita di un teatro da tanto zelanti che ottusi gendarmi che, nonostante le proteste, lo sottoposero alla pubblica rasatura. Pare che a causa di quell’incidente Notarbartolo si sia giocato il grande amore della sua gioventù.

Commenti

Devi fare login per commentare

Accedi

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi diventare un brain?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.