Enti locali

Antimafia? Di Matteo ora è scomodo: Modena dimentica il suo cittadino onorario

10 Maggio 2020

Sono passati 5 anni. Era il 2 marzo 2015 quando con una cerimonia solenne Modena conferiva la cittadinanza onoraria al Giudice Antonino Di Matteo. Fotografie di rito, discorsi pomposi e alti sul ruolo dell’antimafia e il guru delle battaglie contro la criminalità organizzata, don Luigi Ciotti, a benedire l’evento al fianco del sindaco Giancarlo Muzzarelli e dell’allora presidente del Consiglio comunale Francesca Maletti.
“Oggi il giudice Antonino Di Matteo, uno dei più forti simboli della lotta contro le criminalità organizzate e per la legalità, diventa ‘uno di noi’. Non solo la comunità e la città di Modena, ma tutta la provincia, si stringono simbolicamente attorno a lui” – disse il sindaco Muzzarelli.

‘Uno di noi’. Ecco, allora sorprende che quella retorica ostentata in Consiglio comunale 5 anni fa sia stata deposta in occasione del recente scontro tra il giudice e il ministro Bonafede, ministro del governo Pd-5 Stelle. Zitto Muzzarelli, zitta la Maletti, zitti i consiglieri Pd e zitti i consiglieri 5 Stelle. Zitto l’assessore alla legalità Andrea Bosi pur sempre attento alla memoria (‘Possono sfregiare la nostra memoria ma non possono fermare il nostro impegno’ – aveva detto giustamente pochi giorni fa ricordando il partigiano Cabassi). Tutti zitti. Nessuno che osi difendere l’ex paladino (almeno lo era sicuramente fino a 5 giorni fa per una parte politica) dell’antimafia.

Si potrebbe dibattere a lungo sulla figura del giudice palermitano, ma se una istituzione (non un partito, e lasciamo perdere il teatrino dei 5 Stelle pronti a scaricare in un attimo il loro ex vate), un Comune che è la casa di tutti, decide di assegnare la massima onorificenza cittadina poi – dopo 5 anni – non può dimenticarsi dell’illustre concittadino. E invece può. Eccome. Almeno a Modena.
Illustre cittadino che, almeno a sentire le ultime dichiarazioni del pentito Gaspare Mutolo, sta rischiando esattamente come Giovanni Falcone.
Infatti secondo Mutolo, che ha parlato ieri all’Adnkronos da una località segreta, ‘nel giugno del 2018 Di Matteo non sarebbe stato chiamato a capo del Dap perché la sua nomina avrebbe potuto avere delle ripercussioni sulla trattativa tra Stato e mafia, tuttora in corso’. ‘Antonino Di Matteo ha fatto moltissimo contro la mafia e al Dap avrebbe potuto fare danni ai boss mafiosi – ha detto ancora Gaspare Mutolo – E’ un personaggio competente, e giustamente era stato fatto il suo nome al Dap. Ha lottato e lotta contro la mafia. Io, già 20 anni fa avevo detto in una intervista che secondo me assomiglia a Giovanni Falcone. Come tipo di giudice. Di Matteo è l’incarnazione di Falcone’.

Parole simili a quelle usate 5 anni fa da Francesca Maletti a Modena. ‘L’uomo e il magistrato Di Matteo ha scelto di vivere il suo lavoro con il vizio di scavare in profondità per cercare la verità e affermare la giustizia, un servitore dello Stato che ci siamo abituati a conoscere dalle sue azioni’ disse la Maletti ricordando proprio le parole di Giovanni Falcone: ‘Credo che ognuno di noi debba essere giudicato per ciò che ha fatto. Contano le azioni, non le parole’.

Ecco, oggi l’incarnazione di Falcone ha lanciato una accusa diretta, precisa e gravissima al ministro della Giustizia, ma per l’amministrazione della sua città adottiva, la città della quale ha le chiavi, non vale la pena spendere una sola parola. La retorica e le frasi di rito, che tanto piacciono al Sistema di potere che da sempre governa il territorio, non meritano più di essere spese. Ora a Modena su Di Matteo è il momento del silenzio. Che forse sarebbe più coerente e dignitoso – rispetto al tacer comune, all’incapacità di prendere una posizione minima di difesa del cittadino illustre – avere il coraggio di ritirarla. La cittadinanza onoraria…

Giuseppe Leonelli

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