Musica

Dischi che erano avanti: Big Fish – Robe Grosse (2005)

27 Luglio 2019

Mentre tutto il mondo sta impazzendo per i suoni urban, per quelli trap e quelli latini – reggaeton e latin trap – mi ricapita sottomano un album: Robe Grosse di Big Fish, colui che fu parte del progetto Sottotono ed è tra i producer più prolifici e di successo italiani, con connection in terre straniere.

Storia: siamo nel 2005 e, mentre l’Italia sta tornando in contatto con la musica rap iniziando una wave che ancora oggi non smette di fermarsi, grazie a Mondo Marcio e Fabri Fibra che approdano nel mainstream, Fish dà alle stampe Robe Grosse. Il mondo dal 2004 è scosso dai ritmi reggaeton (e dancehall) introdotti dalla massive hit globale Gasolina di Daddy Yankee. La musica urban in tutto il globo è già realtà radiofonica da anni, tranne ovviamente il Belpaese sempre attaccato alle sue robe melense. Il sound latino viene spinto nell’immaginario popolare grazie a film come Fast and Furious, ai primi episodi, che uniscono indissolubilmente l’estetica sudata di motori, corse e avventure a quella calda di Daddy Yankee e co.

In questo contesto Big Fish prende la palla al balzo e (credo) decida di realizzare un producer album dove questo mix di sonorità, tematiche ed estetica la fa da padrone, esplorando ogni variante del tema. Si parla di ragazze affascinati, mulatte, accaldate, brillare alla luce del sole estivo e danzare musiche adatte a una giornata o una notte in spiaggia, momenti infiniti. Un contesto dove oltre alla fame carnale trovano posto sentimenti e effusioni, atmosfere rilassate e alcoliche.

A ragionarci è l’esatta rappresentazione di quanto raccontato da Daddy Yankee e oggi dai vari eroi della latin trap internazionale: clima da barrio, balli senza fine, movenze languide e struggimenti vari. Provate ad ascoltare: Resta Ancora, Mi Porti Su, Adesso, Brucia da Pazzi, Senorita, Scandalo al Sole, Devastante, Cos’è Che Vuoi Da Me, Sei Tu Quello Che Voglio, Entra nel Club.

Clicca sulla copertina per ascoltare l’album

Sono tutte canzoni che non sfigurerebbero durante un dj set odierno, ben 14 anni dopo, e dunque bisogna tributare a Big Fish la lungimiranza di aver prodotto un intero album dedicato alla sonorità latine, una decade prima che influenzassero totalmente la musica pop, il dibattito musicale e i club di ogni nazione sul pianeta terracqueo. Ci sono “pop star” nostrane che senza questo sound non saprebbero che fare ogni anno per svoltare la classifica. Capiamoci.

Tralasciando la prima canzone Grossa, in piena citazione dei banger di 50centiana e Jadakissiana memoria, tutte le altre canzoni sembrano vadano a formare un intero concept album sulla vita da spiaggia e il rimorchio alla sudamericana. Nei feat. c’è un assai presente Esa, vero King della Presaabene generale e del “polleggio”, ci sono le puntatine di Mondo Marcio che dà maggiore enfasi al lato dark e da “club sporco” della faccenda; c’è una Kelly Joyce che col suo timbro languido fa scivolare alla perfezione ogni shot di rum invecchiato.

Riassumendo, Robe Grosse è un disco oggi completamente a tempo, focalizzato, e che sarebbe accolto come un prodotto internazionale, ma in realtà è uscito ben 14 anni prima e perciò era avanti, tremendamente avanti, forse troppo per un paese statico come il nostro. Fish ha avuto sempre lo sguardo rivolto al futuro, spaziando fra i generi ma rimanendo incredibilmente coerente col suo stile fresco, con la “coolness”.

Riascoltatelo in queste assolate giornate con una buona birra ghiacciata in mano. Session ipa consigliata.

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