Musica

Afrika Bambaataa al Padova Future Vintage Festival 2019

14 Settembre 2019

Sono dieci edizioni che il (Future) Vintage Festival colora il settembre padovano con i suoi stili e le sue influenze, un mix di stagioni diverse che per tre giorni permette di calarsi in varie epoche e far funzionare la propria vita come una Delorean senza il Biff di turno a disturbare.

Non sarebbe la fine dell’estate senza una passeggiato nell’agorà del Centro Culturale San Gaetano, soffermandosi lungo le mostre dove nel tempo si è passati dalla storia del punk a quella dei videogames cabinati. Insomma, il Vintage, come lo chiameremo sin da ora, è un concentrato della cultura pop che ha contraddistinto prima come sottocultura il nostro mondo, la nostro realtà e la vite dei genitori. Per chi ha 20 o 30 anni è facile rimanere sorpreso per il distacco ma anche la continuità che vi è, al contempo, nella moda e negli immaginari fra oggi e 40 anni fa. È come se fosse una lunga storia che non finisce mai di raccontarsi.

Quest’anno ci si immergeva nelle vesti di Vivienne Westwood oppure nelle magliette ufficiali dei tour di band come Grateful Dead. Ma, aldilà del classico percorso al San Gaetano, quello che ha colpito l’attenzione di chi vi scrive maggiormente è stato il fuori festival, lo Chic Nic party e gli artisti scelti per esibirsi, in particolare il primo!

Questi eventi avvengono nei Giardini dell’Arena, storico spazio verde della Padova d’un tempo a pochi metri dalla Cappella degli Scrovegni (affrescata da Giotto), nel contesto di una riqualificazione urbana che è iniziata proprio quest’estate, dopo la buona prova della stagione 2018.

I Giardini dell’Arena sono da anni un posto “bello ma impossibile”, nel senso che la sua eredità e la sua estetica liberty si sono sempre scontrate con una generale sotto utilizzazione e valorizzazione le quali hanno generato i tipici fenomeni di degrado, trasformando l’area più in una zona di passaggio che di socializzazione.

Arriviamo così a questo agosto, con l’inizio della programmazione 2019, dove finalmente una persona post lavoro può fermarsi a bere una cosa coi colleghi per rilassarsi, oppure trovarsi a fare quattro chiacchiere dopo cena. Il mood è stupendo: tranquillità, verde e un giardino storico a due passi dal centro, dove dimenticare per qualche ora i pesi della quotidianità. Era già bello potersi solamente sedere a gustare tutto ciò, ma il dj set di Afrika Bambaataa è stato il passo in più che ha smosso alcuni pensieri su cui fare affidamento per dare ulteriore spinta ai Giardini.

Il dj americano from the Bronx è uno dei padri fondatori dell’hip hop e nello specifico della Cultura hip hop, favorendo con la sua Zulu Nation la pace, l’amore, l’unità e il divertirsi, il collante essenziale di ogni party e di ogni jam che si rispetti, e vengono assolutamente rappresentate in questo 13 settembre, con in apertura l’host di Mbassadò e Dj Plaku.

Lo show di Bambaataa assieme all’mc Whipper Whip, parte di un altro pezzo grande così della storia del rap ovvero i Fantastic Five di Grandwizard Theodore, inizia sulle 22 e termina dopo due ore di sudore e danze alle 24. Ed è un vero trip, un vero trip senza bisogno di additivi vari ma solo corpo, entusiasmo, empatia e condivisione.

È un autentico viaggio alle origini dell’hip hop come cultura musicale, ricordando, trasmettendo quanto sia un mix di funk, disco, mc-ing, cucito dalle mani del dj in un tessuto di suoni e energia che aumentano la percezione del luogo in cui si balla e del contesto umano a cui si partecipa. Partecipazione: è questo il valore aggiunto di un set di Bambaataa ma in generale dell’hip hop; quante volte si va a dei live anche di musica underground ma si sta sotto palco senza interagire coi vicini e con l’ambiente, tutti fermi a guardare l’artista suonare. Manca molta partecipazione e in generale “fomento” in altri contesti artistico-musicali.

E qui arriviamo al ragionamento e al nesso fra il dj set della serata e i Giardini dell’Arena: la percezione di un luogo e la sua considerazione positiva o negativa cambiano in maniera rivoluzionaria con eventi come questo, perché il pubblico, i cittadini, legheranno l’esperienza quotidiana del luogo in oggetto con l’evento, si ricorderanno di quanto si sono divertiti e sono stati bene, se ne interesseranno e in vari modi se ne prenderanno cura, generando a loro volta, nei racconti del passa parola e del web, una narrazione differente, che farà scaturire ulteriori e diverse opportunità di crescita. È un percorso di evoluzione comune e unico. Sono diverse sensibilità individuali che si uniscono in un vivere collettivo nuovo.

Ascoltare e vedere uno dei padri dell’hip hop, di una cultura che dopo 50 anni è cresciuta a tal punto da influenzare musica mainstream, moda e linguaggio, suonare vicino alla Cappella degli Scrovegni, alla storia nella storia, è bello, assurdo, speciale. Sono momenti come questi che incollano assieme la cultura di una città a chi è nuovo e a chi per distrazione se ne è interessato poco.

Il Future Vintage Festival ha creato un esempio di buona pratica di rigenerazione e partecipazione da portare avanti ed estendere ad altre idee ed iniziative.

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