Città

«Noi, la Milano di serie b: ignorati dal mondo e circondati dai Rom»

20 Novembre 2014

Piazza Tirana, via Lorenteggio, via Segneri. Il panorama non cambia. C’è un reticolo di case popolari fatiscenti, ovunque. Palazzine di quattro piani dai colori indefinibili, che la pioggia, incessante, tinge di umido. Qualche settimana fa, da uno di questi caseggiati, è crollato un balcone. E’ intervenuta Aler ed ora è tutto puntellato.  Non si vede nessuno. Davanti alle portinerie abbandonate di via Giambellino, ci sono resti di mobili accatastati sui marciapiedi. Divani, poltrone e vecchie tv restano giorni ad attendere di essere portate via. Vanno e vengono furgoni carichi di cose, arredi, cianfrusaglie, pezzi di vita. Nessuno controlla. Non c’è polizia, non si vedono gli uomini della locale. Oggi è sabato e si fanno i traslochi, molti sono abusivi. Impossibile individuare chi sta occupando, chi è in regola. La “legge” dei caseggiati si respira nel silenzio. Nell’assenza di vigilanza, da quasi tutti i civici hanno strappato i citofoni. I passanti camminano rapidi, come stessero valicando un coprifuoco e sono solo le dieci del mattino.

La piazza sembra anche gradevole. Recentemente è spuntata una fontana con i getti illuminati, che pare di essere sotto i grattacieli dell’Isola. E invece siamo esattamente dalla parte opposta: estremo, difficile, limite della Zona 6. Alla fermata del tram, stipati sotto la tettoia ad attendere, sono in molti. E’ la fuga del sabato mattina verso il centro, approfittando del 14, che tira dritto e porta in un altro mondo. “Del Giambellino di una volta è rimasto poco o nulla”, dice una signora anziana, che aspetta il tram. “Una volta c’era un senso di appartenenza al quartiere che oggi si è smarrito. Nei caseggiati ci davamo una mano. Adesso ci sono in giro troppi stranieri, troppi zingari. Come fai a parlare con questa gente? Me lo spieghi lei.”

“Qui prima o poi il quartiere scoppia. Troppo casino. Ad una certa ora non si esce più e devi fare i conti con i “maruegas” (marocchini ndr), con gli zingari del cazzo, che stanno occupando tutte le case degli italiani”, irrompe un ragazzo, ancora minorenne. Taglio alla mohawk, non dice nient’altro. E’ circondato da altre teste acconciate come la sua, che sembrano non gradire le domande. Qualcuno ridacchia. Si passano una canna. “Oh zio, lo sai che l’altra sera mia madre a momenti la rapinano qui per la strada? Tornava dal lavoro. Erano le otto. C’era uno che la seguiva e poi ha tentato di bloccarla. Ma lei è riuscita ad entrare in un bar e farsi aiutare. Hanno chiamato gli sbrirri ma non è arrivato nessuno. Nessuno. Qui ti possono scippare, uccidere e la polizia non c’è”.

Microcrimine, spaccio, furti, rapine e poi occupazioni delle case popolari. Il Giambellino ribolle, come la Barona, Baggio, Quarto Oggiaro e Ponte Lambro. “E’ come una pentola a pressione. Questi posti è da troppi anni che sono abbandonati al loro destino. Adesso stiamo passando il segno. Quelli del comune non hanno fatto niente. Anzi, ci ignorano. Si occupano del centro e basta”, dice un ragazzo sulla trentina, che mi sposta di lato per non farsi sentire dagli altri alla fermata. “Provi a chiedere a queste qui (alcune donne con i bambini, che sembrano pachistane o indiane, aspettano lo stesso tram, nrd). Chieda a loro cosa pensano di questo quartiere. A loro piace perché vengono da posti incivili e qui stanno meglio. Ma noi italiani non ne possiamo più”.

E’ la sfiducia la parola d’ordine che si respira da queste parti. “Una sfiducia che dura da troppi anni. Qui il degrado ha messo radici profonde. E i cittadini sono stanchi delle troppe promesse fatte”. Doris Zaccaria fa la consigliera di zona 6, per il Partito Democratico. “Va detto che il Comune sta facendo delle cose importanti per i quartieri. Esistono fondi destinati alle associazioni per l’accompagnamento all’abitare e per la coesione sociale. Si tratta di risorse preziose, che alcune associazioni stanno adoperando, facendo cose concrete. Ma non è semplice”.

Difficoltà, esasperazione e sfiducia si aggiungono agli intoppi burocratici. Ci sarebbero, pronti all’uso, almeno 15 milioni di euro per risanare i caseggiati del Giambellino. Soldi del comune di Milano. Ma occorre un accordo con Aler, proprietaria degli immobili. E la trattativa è ancora in alto mare, anche perché la scelta del sindaco Pisapia di gestire in proprio (grazie alle Metropolitane Milanesi) le case popolari del comune, rende inevitabilmente più complicata la soluzione. “La quasi totalità delle case del Giambellino e della Barona resteranno in capo ad Aler e la cosa non ci conforta”, sottolinea Zaccaria, che conclude: “In ogni caso qui il lavoro da fare è enorme. E il consiglio di Zona ha le armi spuntate. Dobbiamo puntare su socialità, inclusione, lotta alle emarginazioni, legalità. Ma con un bilancio di 120 mila euro l’anno ed una popolazione di più di 200 mila abitanti, tutto risulta più complicato”.

Intanto, in quei giorni, continua a piovere senza sosta. Il fiume Seveso esonda a Niguarda e invade strade e scantinati. Un altro grave problema per un’altra periferia di Milano, ma dalla parte opposta. In piazza Miani, alla Barona, dei rom non c’è traccia. Li cerco perché mi dicono che li nei dintorni sono troppi. Da viale Famagosta, svolto in via Lope De Vega, dove l’emergenza delle occupazioni abusive è antica. C’è poca gente in giro, sotto i palazzoni senza balconi. La solita poca voglia di parlare. “Tempo fa qui c’erano un comitato di autogestione degli inquilini”, dice un signore sulla sessantina, dal marcato accento meridionale, che preferisce mantenere l’anonimato. “Si cercava di fare quello che Aler non ha mai fatto: piccole manutenzioni, tenere in ordine e denunciare le occupazioni abusive. Poi quelli che si impegnavano di più sono stati pesantemente minacciati da chi gestisce le occupazioni e lo spaccio di droga. Tutto qui. Ora c’è rimasta solo la paura. Quella che ti fa fare i cazzi i tuoi tutto il giorno e pure la notte”.

Eppure qualche cosa c’è. Sempre le stesse cose, a dire il vero. Comunità Nuova di Don Gino Rigoldi opera tra queste strade: un teatro, una bocciofila, una rete di animatori sociali che collabora con il carcere minorile Beccaria, che sta nelle vicinanze. E il consiglio di zona ha infilato nel cortile di un caseggiato un piccolo laboratorio sociale, dove si insegna anche l’italiano per stranieri. Dietro l’ospedale San Paolo c’è via Olona. Pochi anni fa, il comune ha consegnato agli inquilini un nuovo stabile. Già mal ridotto. I residenti denunciano che quando piove l’acqua si infila ovunque. Allaga i box, le cantine in poche ore. In via San Paolino colpiscono i reticoli di palazzi, dove la sera scatta il coprifuoco. C’è anche un centro civico con una biblioteca. Piena di anziani del quartiere. Se vuoi incontrare i giovani devi andare per la strada. Ne vedi tanti, che per divertirsi, saltano tra i muri dei palazzi. “Questo posto fa schifo, come vedi. Ma almeno è buono per fare il parkour”, accenna un tipetto smilzo, con il cappuccio sulla testa.

”Il degrado delle periferie dipende dalla mancanza di sicurezza”. L’analisi di Riccardo De Corato, vice-sindaco di Milano ai tempi di Alberini e della Moratti, è quella classica, dalle sue part. “Puoi anche costruire il giardinetto più bello del mondo, ma se poi non garantisci alle donne, agli anziani, ai bambini, il diritto di viverlo senza paura degli spacciatori e dei rapinatori, è come non averlo mai fatto”. De Corato ha le idee molto chiare sul problema delle periferie e attacca il sindaco Pisapia. “Noi abbiamo voluto i militari per le strade. Funzionavano come deterrente. Il sindaco non li vuole e addirittura ha spostato i 350 vigili di quartiere a compiti di viabilità”. De Corato, che fa il consigliere comunale per Fratelli d’Italia e siede anche in consiglio regionale, è un fiume in piena anche sui casi delle occupazioni abusive. “Il problema principale sono i rom. Sono troppi. E da quando il terzo settore ha cominciato a trovargli casa, loro si sono spostati dai campi e hanno capito che se occupano gli appartamenti nessuno li manda via. Così abbiamo interi caseggiati del Giambellino e del Lorenteggio pieni di questa gente”. La soluzione è quasi scontata: “Ci sono 5 mila alloggi occupati abusivamente. Occorre una politica degli sgomberi. Gli occupanti, rom compresi, si devono togliere dalla testa che se si occupa, poi si rimane impuniti. Ci vuole fermezza. E per ultimo, trovo assurdo che le tre moschee in previsione di apertura a Milano, sorgeranno in periferia. Questa giunta tutela soltanto il centro. Ha una visione snob della città”.

 L’assessore ai lavori pubblici del comune, Carmela Rozza, viene proprio dal mondo della rappresentanza inquilini, tutto fuorché una radical chic del centro. Per lei “questa giunta è attenta alle periferie. Qualche numero: abbiamo investito già 68 milioni di euro nelle scuole della periferia, rispetto ai due e mezzo del centro città. Sono in corso opere di sistemazione di strade, marciapiedi e verde pubblico per 80 milioni di euro nelle periferie, rispetto ai dieci milioni di investimenti in centro città, fatti in vista di Expo”. E’ decisa la Rozza e non ci sta a cedere al sentimento di rassegnazione che aleggia nei quartieri. “Il problema è la grave crisi economica delle famiglie. La povertà produce senso di insicurezza e c’è chi, come la Lega Nord, soffia sul fuoco delle paure e contrappone italiani a stranieri. Stanno ballando sulla pelle dei cittadini, per scopi elettorali”. L’assessore si infiamma quando il discorso scivola sulle occupazioni abusive delle case popolari. “Sbaglia anche l’area dell’antagonismo milanese, che arriva a giustificare le occupazioni. Così non si aiutano le periferie. E credo che il tema principale sia il dissesto di Aler ,che è finanziario e gestionale. E’ giusta la scelta del comune di prendersi le proprie responsabilità, gestendo le case popolari di nostra proprietà. Avremo finalmente l’avvio di una nuova stagione, che produrrà una concorrenza positiva tra comune e Aler”.


Ma al Giambellino c’è anche chi non riesce a vedere tutto
bianco o tutto nero. Luca Sansone è uno giovane che i caseggiati li conosce molto bene. Fa parte del “Laboratorio di quartiere Giambellino-Lorenteggio. “C’è un bisogno urgente di alloggi. Tanti, troppi, sono sfitti. Chiediamo da tempo un tavolo di lavoro per trattare, insieme con le istituzioni, il problema delle occupazioni. Dobbiamo uscire dalla retorica e guardare in faccia la realtà. Valutare le difficoltà delle famiglie che hanno pagato per occupare una casa. Valutare caso per caso”. Un velo di delusione gli si palesa in volto quando il discorso vira sull’operato del sindaco. “C’erano molte speranze nel 2011. In parte sono andate deluse e molte associazioni vivono la delusione perché di cose concrete ne abbiamo viste poche. Ci vogliono almeno 20 milioni di euro per iniziare l’opera di riqualificazione delle case Aler di via Segneri. Ma per ora non arrivano”. “Sono vent’anni che la politica usa i quartieri per fare campagna elettorale. Non vogliamo telecamere o militarizzare il territorio. Vogliamo reti sociali, partecipazione, cultura, legalità, investimenti in progetti che migliorino la qualità della vita. Cose semplici”. Al Giambellino, intanto, continua a piovere. Sarà una piccola consolazione, ma piove esattamente con la stessa intensità di piazza Duomo.

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