Letteratura
Vittorio Feltri forse non sa
Vittorio Feltri forse non sa che:
il napoletano ha nelle vene la fantasia, l’estro, la magia di legarsi all’infinito nel mare che ci culla e che ci ha donato le sirene tra cui Partenope, la Vergine bellissima che cercava l’amore nei vicoli e seminava di baci e carezze tutte le donne, e intonava con una musica melodiosa il suo dolce canto, per farle innamorare.
Perché le donne di Napoli sono belle, hanno i fianchi opimi, sono lussuriose e carnali, quando donano i seni prosperosi e non rifatti.
Perché è la città della Rivoluzione e dell’anarchia che ha conosciuto nella sua storia tutte le etnie, quella dei Normanni, degli Aragonesi, degli Angioni, dei saraceni, dei turchi.
È la capitale della cultura europea, come Parigi. Qui, prima che lì sono nati i teoremi della Rivoluzione: Napoli ha avuto Gaetano Filangieri, Antonio Genovesi, Mario Francesco Pagano ed il Re Carlo III che la portò sullo scenario del mondo nel cuore del settecento.
Perché è la fedele riproduzione della Magna Graecia e della capacità dialettica di elaborare il costrutto del pensiero, che raggiunge le vette alte della filosofia con Vico e con Croce.
Perché ha la più bella estate del mondo, in quanto il clima è mite, sente la freschezza del mare e la lucentezza del sole.
Perché qui è stata inventata la bella giornata, fatta di piccole cose che riempiono la vita: sorbire il miglior caffè e gustare la cucina più succulenta, la migliore del mondo.
Perché qui è nato Eduardo che ha capito la tirannia del tempo e la sofferenza del mondo dividendo la vita nei “giorni pari” dell’allegria e della felicità e dei “giorni dispari”, quando arriva la sfortuna non domata dalla “ciorta”, la buona sorte.
Perché qui ci sono stati i migliori musici di tutti i tempi, quelli del settecento che cantavano alla corte del Re Sole in Francia.
Perché anche i tedeschi si sono innamorati e si sono sciolti nel loro rigore teutonico. Goethe infatti provò, quando vide Napoli, la pazza gioia:
”Tutti vivono in una specie di ebbrezza e di oblio di se stessi. A me accade lo stesso. Non mi riconosco quasi più, mi sembra di essere un altro uomo. Ieri mi dicevo: o sei stato folle fin qui, o lo sei adesso”
(Viaggio in Italia).
Perché il calcio più bello è stato visto qui con Maradona,il pibe de oro, che ha incantato tutto il mondo e fatto impazzire questa città. Come lui non nasceranno più.
Perché qui c’è il mare, che fece dire alla scrittrice Anna Maria Ortese che nel vedere Napoli aveva avuto una vera rivelazione: “il mondo, fuori, era bello, bello assai”, e lei, fino ad allora, era stata come avvolta in una nebbia, (Il mare non bagna Napoli).
Perché qui la poesia ci ha portato Leopardi il giovane favoloso che scrisse la Ginestra:
“Dove tu siedi, o fior gentile, e quasi
I danni altrui commiserando, al cielo
Di dolcissimo odor mandi un profumo,
Seggo la notte; e sulla mesta landa
In purissimo azzurro
Veggo dall’alto fiammeggiar le stelle”.
Perché qui si raccontano sogni come se fossero veri, si parla con i morti e si litiga sui numeri da giocarsi all’indomani al lotto, per acchiappare la fortuna e continuare a vivere nell’eternità, senza mai morire.
Perché qui è nata la pizza, che un popolo offrì alla sua regina Margherita, che amava ed adorava. Oggi è patrimonio dell’umanità come ha sancito l’Unesco, portando Napoli a capitale del Mondo.
Perché Napoli è anarchia, astuzia, intelligenza rara, Metis, come dicono gli antichi greci.
Anche le difficoltà diventano poche cose. Il napoletano si arrangia e si mangia il mondo con le sue miserie ed i suoi squallori, perché sa sorridere e piangere: è baciato dagli dei.
È meraviglioso.
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