Costume

Scampia era un prato verde

25 Giugno 2019

Scampia era un prato verde.
In origine era un grande prato verde, distese infinite di terra che dividevano i paesi, prossimi alla città, dalle prime periferie organizzate.
Poi arrivarono le vele ed il nome nuovo di Scampia: La “167”.
Furono sette, come i veli di Salomè che fecero cadere la testa del Battista.
Il progetto abitativo era visionario e rappresentavano l’architettura poetica del progettista, l’architetto Franz Di Salvo, che dopo anni di continue sperimentazioni progettuali, si vide affidare dalla Cassa del Mezzogiorno l’incarico di realizzare a Scampia un grande complesso residenziale.
Ispirandosi a Le Corbusier e a Kenzo Tange, Di Salvo articolò l’impianto della “167” su due tipi edilizi: a «torre» e a «tenda», cioè le vele. Due corpi di fabbrica accostati, ma separati da un grande vuoto centrale attraversato dai lunghi ballatoi sospesi a mezza altezza, quasi fluttuanti, rispetto alle quote degli alloggi. Erano inoltre previsti all’interno delle strutture, centri sociali, uno spazio di gioco ed altre attrezzature collettive.
Proprio questo non fu realizzato e forse, fu il fallimento di tutta l’idea.
Se da un lato alcuni, dicono che la qualità tecnica ed estetica delle Vele possa essere quantomeno apprezzabile, resta innegabile la «inabitabilità» delle stesse. Le vele rappresentano il passato ed al tempo stesso il futuro di questo quartiere.
Tutte giù, tra poco tutte abbattute, ne resterà in piedi solo una, come simbolo di quello che è stato, degenerazione e criminalità.
Sarà un monito, la prova che Scampia sta cercando di andare al di la del male e dei pregiudizi.
E pensare che in cinquant’anni questo posto è stato creato, distrutto e ricreato, quasi come una parabola da sacre scritture.


Dagli inizi di questo decennio, la “167” diventa la scenografia di produzioni cinematografiche e televisive a tema malavita ed omicidi, ma anche di disagio e riscatto sociale.
In città, la difficoltà abitativa è sempre esistita, una continua necessità, colmata con interventi spropositati, sproporzionati e mai realmente pensati. O vi fossero stati ammassi di lamiere, baracche, o palazzoni accalcati gli uni sugli altri, l’abitazione doveva solo contenere.
Non essere un luogo, ma un posto, dove famiglie numerose, insieme a tante altre famiglie numerose, avrebbero continuato a vivere nelle stesse condizioni precarie di sempre, senza margini di miglioramento, senza una piccola speranza di rinnovamento.
La situazione, si è aggravata con il terremoto del ‘80.
“Nella capitale dei senzatetto, nella città dove un esercito di persone non ha casa e la reclama ogni giorno e non si sa dove ospitarle,” scrive Il Mattino, “i mille e mille appartamenti nei quali il terremoto ha aperto crepe e fenditure fanno nascere una situazione tragica di emergenza.”
Non ci sono solo persone che non hanno più un posto dove vivere, ci sono i senzatetto storici, ci sono gli sfollati dell’area flegrea dopo l’intensificazione del bradisismo, e c’è un malcontento che nasce ancora prima, alimentato da un pressante e dirompente abusivismo edilizio.
Tutto ciò sfocia nell’occupazione dei nuovi alloggi popolari a Secondigliano, quella parte di territorio che già è noto con il semplice toponimo di 167.
Il Comune, individua in dieci giorni le aree su cui realizzare altre 2mila case, si affidano i lavori con l’Istituto della Concessione che dovrebbe snellire e velocizzare le procedure evitando l’impasse delle gare di appalto. Lavori che sono venuti a costare più di 20 volte il prezzo pattuito ma, in quel momento, la città sembra troppo presa dai cambiamenti per accorgersene.
Napoli è improvvisamente smarrita e improvvisamente milionaria, sommersa e confusa dal denaro. Ormai quell’enorme prato verde, è diviso in lotti in cui è difficile orientarsi.
Cianfa di cavallo, i Sette Palazzi, le case dei Puffi, il Terzo Mondo, a Scampìa, si abita, e si vive, male. Manca tutto.
Ma a queste mancanze, si fa presto a trovare rimedio. L’illegalità viene accettata come la soluzione più immediata.
La diffusione del mercato degli stupefacenti, la piazza di spaccio più grande d’Europa,si espande in modo esponenziale, grazie principalmente alla situazione tecnico-ambientale di quei primi anni Ottanta.
Pensare che sia stato il Sert, attivo prima di tante altre infrastrutture, a richiamare tossicodipendenti da tutta la città, dalla provincia, dalla regione, in un ambiente sociale privo di riferimenti, dove in quei nuovi giardinetti, gli spacciatori erano già operativi.
Gli abitanti di Scampia sembrano degli animali da allevamento, attirati dal miraggio di una casa, hanno addirittura sfidato la forza pubblica, per conquistarsela, ma poi l’amara scoperta, solo l’illusione di poter fare una vita normale.
Troppi ragazzi, poi, abbandonano la scuola, sono sfruttati dal lavoro nero, senz’altra prospettiva che la strada, spesso li avvia alla delinquenza e alla devianza sociale. A ciò si assommano il diffondersi del vizio, il dilagare della tossicodipendenza e dell’alcol, l’acuirsi del fenomeno della criminalità e della violenza anche di stampo camorristico”.
Nel 2008, Matteo Garrone decide di trarre da “GOMORRA”, un libro di Roberto Saviano, un film.
Le Vele, rimaste li come fantasmi, diventano un set cinematografico e da allora, si susseguono film, serie e documentari, che servono a far conoscere al mondo, quanto la cartolina di Napoli sia differente da quella solita, che è abituata a vedere.
La certezza però è che la maggioranza delle persone non ha alcun contatto con la criminalità, ma ne subisce comunque le conseguenze, due volte.
La prima è vivere obbligatoriamente la contiguità con la camorra, soggiogati dalla sua violenza, della sua tracotanza e dai suoi soldi.
La seconda, perché è schiacciata dalla fama oscura che la criminalità ha dato al quartiere.
Purtroppo la “Napoli Bene”, riesce ad associare “Gomorra/Camorra/Scampia” solo ad un brand, ad una tendenza di consumi o ad un trend di moda, ma, continua a mantenersi a distanza.
Una distanza ben definita con le sue periferie.
Negli ultimi anni, lo stato di abbandono da qualsiasi forma di governo è ormai uno standard. Non c’è nessuna azione, nemmeno di forza, ed i problemi continuano a proliferare e ad ingigantirsi. La tangenziale che separa il centro storico o i quartieri ricchi di Napoli, dalle periferie rappresenta il confine, tracciato e quasi invalicabile.
Nessuno prende realmente coscienza del fatto che tra il centro e Scampia, ci sono poco più di sette chilometri, lo stesso napoletano che vive a Miano è sulla stessa strada di via Roma. Sembra una strada sconosciuta, ma alla fine è ben nota, specialmente da chi la percorre per andare a rifornirsi di droga.
Questa è la fonte di guadagno principale per quelle zone.
Lo spaccio di cocaina, eroina e droghe leggere ha sommerso il quartiere di contanti. Si va al liceo, a lavorare come garzone o come manovale una giornata intera o decidere di guadagnare 200 euro in un’ora, facendo da “palo” agli spacciatori. Le organizzazioni criminali agiscono da vero antistato, provvedendo anche al sostentamento delle famiglie degli affiliati, finiti in carcere o morti ammazzati.
L’economia reale, schiacciata dalle attività con cui la criminalità ricicla i soldi. Bar o negozi che non hanno nessun bisogno di guadagnare e che quindi hanno molto personale e prezzi concorrenziali. Il risultato è che le altre attività devono chiudere.
In questo contesto socio-economico nasce nel 2002, come gruppo informale l’associazione “Chi Rom e chi no” in un momento molto difficile per il quartiere la c.d. faida di camorra.
Una terribile guerra intestina che lascia a terra per mano di clan avversi tra il 2004 e il 2005, 84 persone legate a gruppi criminali che operano una scissione interna alla cosca di Paolo Di Lauro che a Secondigliano e Scampia aveva creato un impero milionario sui traffici di cocaina dal Sudamerica.
Un ferita molto profonda ancora oggi dolente che porta dietro il ricordo di tanta sofferenza e la morte di molte, troppe persone vittime innocenti di camorra:
Gelsomina, Antonio, ed altri ai quali molte battaglie per ottenere giustizia sono state dedicate. Lo stadio di calcio inaugurato a Scampia da poco tempo, è stato intitolato a Antonio Landieri, vittima innocente di camorra.
“Chi rom e…chi no” lavora intorno all’idea della città come luogo di condivisione e crescita collettiva, pensando alla periferia come spazio laboratoriale in cui realizzare azioni culturali, artistiche e sociali con i suoi abitanti:
– bambini, adolescenti e adulti rom e italiani con un’attenzione particolare rivolta alle donne e alle fasce più vulnerabili.
A partire dal nome e dal doppio significato dello stesso in italiano: «chi è rom e chi non lo è» e in napoletano «chi dorme e chi non dorme», inizia un percorso che dura da 15 anni in una situazione complessa di marginalità sociale e discriminazione spesso esplicita, a tratti celata.
L’approccio in tema rom, considerato come una costellazione di mondi e costumi non cristallizzato e in continua mutazione non è mai stato «esclusivo» e ricalca i 10 Principi di base comuni della Piattaforma Europea per l’inclusione dei Rom.
Parallelamente all’associazione, nasce “Arrevuoto”.
“Arrevuoto” è un progetto di teatro e pedagogia che opera tra le periferie ed il centro di Napoli. Il nostro slogan è “Only connect” il metodo è quello di unire giovani adolescenti e non solo, ad oggi oltre 200 di biografie sociali diverse si uniscono nella costruzione di uno spettacolo esplosivo, arrevutante, senza peli sulla lingua, che parli alla città con l’energia della spontaneità critica.
Poi si amplia con “Bubamara”, eco-nido condiviso” nasce come esperienza informale nel centro Chikù Cultura Gastronomia e Tempo Libero sito in Scampia.
Alcune mamme, si mettono insieme, in totale autogestione, di fare rete per condividere esperienze su momenti cruciali del percorso di vita di ciascuno:
– la gravidanza, la nascita, il post partum, la prima infanzia.
L’esperienza informale, viene in seguito sostenuta da alcune fondazioni e tutt’ora è in corso, all’interno della scuola primaria E. Montale dove sono state ristrutturate e organizzate due stanze contigue chiamate “Il cerchio “ e “Ludica”.
Il cerchio accoglie donne incinte e madri con i bimbi e bimbe nei primi mesi di vita, un’ attenzione particolare è dedicata alla fascia delle giovani madri coinvolte in una genitorialità precoce e che vivono in situazioni di marginalità sociale e culturale.
Ludica, accoglie invece bimbi e bimbe dai 18 mesi fino a i tre anni, accompagnati da chi si prende cura di loro con attività laboratoriali, di gioco libero ed esplorazione in spazi verdi della città, nella formula della gita collettiva.
Nel 2014 si inaugura Chikù «Spazio multiforme» di sperimentazione imprenditoriale, sociale, culturale, pedagogica» in cui si uniscono le anime di chi rom e…chi no e de La Kumpania impresa sociale
Nascono i primi contratti a tempo indeterminato, le collaborazioni, svariate risorse umane volontarie, servizi offerti che vanno dal catering alla ristorazione diurna ai concerti, consulenze esterne di professionisti del settore che accompagnano lo start-up di impresa nel primo triennio.
“Chi rom e…chi no” vince con il progetto “La Kumpania” numerosi premi, nazionali e internazionali:

  • 2010: Unar – Presidenza Consiglio dei Ministri
  • 2011: OSI – Open Society Foundation
  • 2012: UNAHOC – BMW: 5° classificato mondiale
  • 2012: Unicredit Foundation, Euclid Network: 1° premio;
  • 2013: Grant per start-up d’impresa, Unicredit Foundations, Fondazione con il Sud
  • 2014: Contributo per le risorse umane Fondazione Vismara

Per sconfiggere la criminalità, oltre alle azioni di polizia, al presidio del territorio in modo efficace, che servono fondamentalmente per cercare di distruggere il mercato della droga con cui essa si finanzia, bisogna innanzitutto riappropriarsi degli spazi, e non solo fisici, che la camorra ha strappato allo Stato.
L’intervento deve partire dal cittadino, verso il cittadino.
Ormai l’inefficienza dello stato non può più essere un alibi, ma un incentivo affinché tutti imparino a conoscere Scampia e i suoi abitanti, e li sostengano, in un modello di partecipazione allargata, di inclusione totale, tra razze, popoli e ceti sociali, per ridiventare tutti insieme le persone che questa splendida terra merita.

Contatti:

Chi Rom e … chi no

 

 

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