Calcio
Ringhio: passione e senso di appartenenza
Ha fatto rinascere una squadra che era divisa al suo interno, piena di lotte intestine e dilaniata tra nonni, caporali e matricole. I giocatori, venerati e ben pagati, si erano permessi anche di stare a braccia conserte, in segno di resistenza, per non fare gli allenamenti, rifiutare il ritiro ed ammutinare lo spogliatoio.
Al precedente allenatore piaceva solo mangiare nei ristoranti e spediva il figliolo a fare gli allenamenti, il quale, senza polso e carisma, veniva deriso e gabellato dai calciatori, che non eseguivano i suoi ordini.
Oramai in campo la squadra non correva più e sonore sconfitte il Napoli, votato allo scudetto, ha subito, ridimensionando le sue aspettative.
E venne ringhio Gattuso, un ragazzo nato laggiù in Calabria, dove non c’è il lavoro, ma tanta miseria e disperazione.
In compenso c’è il mare, che ti riconcilia con Dio, perché lì si riflette, nella sua bellezza e dona sole e giornate miti. Ringhio allora giocava sempre a pallone e correva a perdifiato nei campi di calcio, lottava come un guerriero spartano, si sottoponeva a feroci ed atroci allenamenti. È diventato un campione del mondo ed ha vinto tutto.
Lo stesso cuore buttato oltre l’ostacolo ha messo negli allenamenti, perché, diventato allenatore, vuole vincere tutto.
Ha preso una squadra, quella del Napoli, che non era più tale, i suoi campioni volevano andare via, il giocattolo si era rotto nelle mani di Ancelotti e del suo staff: tutti lenoni e sfaticati cui piaceva solo incassare i lauti compensi del Presidente.
Ringhio Gattuso è, invece, una persona perbene, esce da ultimo dal campo, quando allena la squadra. Ha preso fra le sue braccia i giocatori uno ad uno, li ha guardati negli occhi, gli ha parlato ed ha fatto rinascere in ognuno di loro la voglia di correre di nuovo.
Ha trasmesso, come lui dice, passione e senso dell’appartenenza, rigore e disciplina. Ha fatto capire che sono strapagati, che il destino con loro è stato clemente, ha portato la fortuna, ha donato il successo e tanti soldi. Perciò devono onorare la maglia azzurra, venerarla, metterla addosso sempre, come se fosse incollata alla pelle, per appartenere ad una squadra, ad un gruppo che conosce la regola dello stare insieme e mette al bando logiche becere di nonnismo.
Ha riunito lo spogliatoio, ridato la forza a campioni facendogli riscoprire il gioco del calcio, che avevano appassito e curato malamente.
Ringhio ha un grande cuore. Si fa tagliare lo stipendio per devolverlo all’ultimo dei magazzinieri. Dice che il calcio gli ha dato tutto e perciò è un generoso e divide le sue ricchezze.
Ha anche sofferto e proprio ieri sera ha guardato il cielo e, con gli occhi pieni di lacrime, cercava l’anima della sua giovane sorella, volata lassù troppo presto: le ha dedicato la vittoria ed ha stretto i pugni e battuto i piedi con virulenza a terra, per imprimere il segno indelebile della sua immensa soddisfazione.
Abbiamo battuto la nostra bestia nera, la Juve, dominata, vilipesa, strattonata nei suoi privilegi ed ingiustificata fortuna che si volge sempre a Torino e giammai a Napoli.
Buffon ha parato l’impossibile e Sarri, il nostro Sarri, ha visto il Napoli correre, avere un gioco, un ordine, armonia, disciplina e determinazione di squadra. Lui, rivoluzionario, si è imborghesito.
Noi ci teniamo stretto Ringhio con la sua passione ed appartenenza comunicate ai giocatori, che ora amano questa città martoriata che vede nel calcio un grumo di unità, di comunanza di intenti, di un senso di riscatto, di affratellamento.
Abbiamo come essere felici, di ritrovarci, di unirci: così è il calcio, una passione che costa poco, per tutti, che sentono la partita come se fosse sempre un giorno di festa.
Ringhio, incazzati, urla, dimenati, scrolla dai giocatori l’inedia e la pigrizia, trasmetti il tuo orgoglio ed il tuo amore per la maglia azzurra, che forse ti fa ricordare la bellezza imperitura della tua Calabria.
Passione e senso di appartenenza: che sia sempre così.
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