Costume
L’anno che spero verrà
Mancano pochi giorni al nuovo anno.
Ogni volta che arriviamo a questa data, iniziamo a sperare in un anno migliore.
Lo abbiamo fatto quando eravamo giovani e lo stesso fanno oggi i nostri figli.
Ma come si può rispondere alla domanda “cosa vorresti per il nuovo anno?”
Ho riflettuto molto alla risposta che darei, se mi facessero questa domanda.
Ho riflettuto molto anche considerando quello che mi sta capitando negli ultimi tempi [in termini professionali intendo] .
Nella mia attività, l’avvocato è anche una sorta di confessore.
Il cliente arriva, con il suo problema, la sua angoscia e cerca principalmente conforto.
Si, ormai la consulenza legale deve muoversi su due fronti.
Il primo è quello di un’attenta analisi di fattibilità, delle azioni che realmente si possono attuare per dare un senso alle speranze del cliente.
L’altro è quello più delicato, l’approccio umano, l”empatia.
Il cliente chiede, non solo risposte professionali, ma anche un conforto, perché ormai arriva quasi senza speranze, pronto a dover rinunciare a pezzi della sua vita, costruita con fatica.
Negli ultimi tempi, ho visitato varie società che operano nel settore finanziario.
Il recupero del credito ma anche la ristrutturazione del debito, trova come primo ostacolo un fattore di cui si parla negli ultimi tempi sempre meno: le offerte e le prospettive di lavoro.
Durante questi incontri ho incominciato a pensare che ormai siamo entrati in una nuova era.
Il mondo del lavoro che si prospetta è sempre più distante anni luce da quello di quando io ho iniziato a pensarlo come elemento della mia vita.
Non sono passati forse nemmeno vent’anni.
Il progresso tecnologico continua a cancellare milioni di posti di lavoro.
Nella mia fantasia, pensavo che l’avvento dei sistemi robotizzati, fosse l’unico elemento che incidesse nella riduzione delle manovalanze.
Ma purtroppo non sono solo i robots.
Sistemi intelligenti stanno sostituendo l’uomo nelle attività concettuali più routinarie.
Prendiamo per esempio le banche.
Ormai sono certa, considerando quello che vedo, che non ci sarà più bisogno di schiere di impiegati, le macchine sapranno fare meglio.
I lavori si stanno dividendo sempre più in due categorie: in quelli creativi (che le macchine, hanno ancora difficoltà a replicare) e in quelli a bassissima professionalità (in cui non conviene sprecare una macchina).
I lavori di mezzo, quelli tipici da impiegato, stanno scomparendo.
L’aumento, dei lavori “creativi” ha eliminato quasi del tutto, un privilegio riservato a pochi eletti, fare il lavoro che piace.
Ma tutti hanno le competenze “giuste” per affrontare questa mutazione?
La possibilità di raggiungere il sogno del “postofisso” che per 40 anni potrà assicurare un lavoro, forse poco gratificante, ma che garantisce un buon salario, non può più appartenere alle nuove generazioni.
Tuttavia negli strati sociali, dove non si ha o avuto la possibilità di far sviluppare queste competenze, le persone come vivranno?
La competizione della manovalanza poco specializzata, data dal mercato globale e come dicevo, dall’automazione, mette un limite, che punta al ribasso del corrispettivo da dare al lavoratore.
Non voglio fare molti esempi, ma basta ricordare quanto guadagnano i lavoratori, anche extra-comunitari, impiegati nell’agricoltura.
Se un lavoratore di queste categorie, chiedesse uno stipendio per rendere forse più adeguata la sua vita ed il suo status sociale, costerebbe sicuramente meno importare i prodotti dall’ estero o potrebbe addirittura convenire automatizzare la raccolta e cancellare la necessità di questi lavori.
Bisogna necessariamente fare un salto nel tempo per capire meglio quanto stiamo vivendo, per affrontare il futuro in modo adeguato.
Nel passato, in vari periodi, si sono affrontati mutamenti che inizialmente hanno portato a grandi sconvolgimenti sociali, come ad esempio accadde nel medioevo ove, il modello feudale andò in crisi di fronte al modello rappresentato dai comuni. Nel ‘600 poi con la nascita della Scienza e della rivoluzione industriale, il sistema precedente fu scardinato e si creò la società industriale e la nascita della borghesia e del proletariato. Allora si può pensare che la nuova società, forse non migliore né peggiore di quella precedente, è solo diversa.
Non più Borghesi e Proletari, ma divisi in creativi e coloro che non hanno competenze.
Questo tempo allora sarà certamente migliore per i creativi, ma per altri potrebbe portare all’estinzione di lavori routinari.
Ecco, allora la mia risposta, alla domanda di cosa vorrei per il nuovo anno.
Vorrei una classe politica e di manager, capace di vincere, con il coraggio di affrontare nuove sfide, con scelte audaci.
Non puntare più sul passato, sulla salvaguardia della vecchia élite, ma capace di scegliere giovani talenti e investire su nuovi saperi, tenendo sempre sotto protezione i valori etici.
Questo cambiamento potrà avvenire attraverso la scuola, dove la formazione dovrebbe cercare di dare agli studenti, spirito critico, pensiero trasversale, fantasia, entusiasmo e determinazione.
L’Italia ha delle risorse inimmaginabili, condizioni climatiche ancora favorevoli, una tradizione eno-gastronomica senza pari, e innumerevoli bellezze paesaggistiche ed artistiche, che la storia ci ha lasciato.
Resta alta la speranza che continui a convivere in Italia, una società aperta ed anche accogliente e rilassata, con una qualità della vita mediamente alta.
Certamente ognuno di noi si aspetta sempre il meglio, che si realizzino i propri sogni.
Sicuramente ognuno ha i suoi propositi, le sue aspettative, ci sarà sempre chi la penserà negativamente, questi non mancano mai purtroppo, c’è e ci sarà sempre chi non sa immaginare un mondo ed una vita migliore.
L’uomo indubbiamente negli ultimi tempi si è rivelato sempre più cattivo e senza riguardi, né verso i suoi simili, né verso la natura.
Eppure se tra simili ci trattiamo bene, le reazioni non potranno che essere positive, altrimenti, se si opererà in maniera contraria, non potranno che nascere conflitti. Anche la natura, visto l’uomo come la tratta, si sta rivoltando contro spesso.
Ed ecco entrare in gioco l’etica e la responsabilità delle persone.
“La speranza è l’ultima a morire”, cita un vecchio detto,,,ma anche “chi di speranza vive, disperato muore!”.
Non abbiamo forse più tempo?
Bisogna credere un po’ anche nei miracoli, i miracoli ci dicono che esistono e quindi perché toglierci questa speranza?
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