Cinema
La mitezza dell’ironia di Massimo Troisi
C’è una suadente malinconia oggi che irrora la poesia, quella modalità sontuosa di leggere le cose della vita, belle e brutte.
È l’evento della nascita di Massimo Troisi: avrebbe compiuto 70 anni, ci ha lasciato che ne aveva appena 41.
Recitava senza alzare la voce, con un’irresistibile timidezza che diventava diafana, sino a lambire la pudicizia della parola.
Troisi aveva una mimica facciale formidabile, straordinaria.
Con i suoi occhi e le smorfie della sua bocca dava teatro puro.
Le sue pause erano magistrali. Era come Eduardo che si muoveva in teatro con sguardi che valevano un intero copione. Massimo strofinava le sue mani nei bellissimi ricci della sua capigliatura, quando era seriamente dubbioso e perplesso.
Ma era la sua ironia, sferzante, tagliente,che resta il capolavoro della sua teatralità.
Con una sola battuta mordace comprendevi e comprendi come la tessitura dei nostri dialoghi sia fatta di insignificanze, di futilità, di superficialità d’accatto.
Per esempio in “Scusate il ritardo”, incurante delle belle gambe della De Sio a letto mentre amoreggiavano, non si perde in beceri e pelosi complimenti per l’amata, ma accende la radio per sentire come va il Napoli dalla voce stentorea di Enrico Ameri in “Tutto il calcio minuto per minuto”: sta perdendo in casa con il Cesena. Ovviamente la compagna si innervosisce e spazientisce, ma l’ironia dissacrante e divoratrice dei luoghi comuni -fatti di frasi stupide e caramellose e confacenti al contesto- non si ferma e Massimo ben augurante esclama: “ ma siamo ancora al primo tempo”. Lui sfuggiva, si crogiolava nella sua lussureggiante pigrizia, usciva poco di casa ed affondava il tempo del giorno in un divano.
Una volta fu intervistato per conoscere il suo parere sulla crisi del cinema: ed anche in questo caso, tra il serioso ed il faceto, ricordava con il portamento dell’incredulo( ma perché proprio a me!) che non poteva fornire risposta alcuna: ”mi fa male la schiena”.
Questa ironia è stata ben colta da Arbore che lo volle ad “Indietro Tutta”, con la finzione di essere Rossano Brazzi, o l’organizzazione dei pulmini giapponesi. Battute ancora esilaranti.
Ha incontrato nel suo cammino Ettore Scola ed ha recitato con un altro attore che faceva cinema divertendosi: Marcello Mastroianni.
Ha unito il suo talento con un altro poeta ma musicale, Pino Daniele con il quale divideva anche il dramma di avere un cuore periclitante: entrambi sono stati rubati dagli dei e ci hanno lasciati troppo giovani, anzitempo.
Le colonne sonore scritte da Pino Daniele per i suoi film sono musiche divine.
Con Benigni in “ Non ci resta che piangere” ha toccato il diapason dell’ilarità: Savanarola esclama con fermezza infernale: “ricordati che devi morire”. “ Si ora me lo segno”.
Ma è morto nella poesia di Neruda, con il “Postino”.
Qui si vede il Troisi vero, quello che contempla la realtà con altri occhi, con le metafore dell’amore, che vuole imparare dal poeta cileno Neruda, del quale è postino.
La malinconia innefabile ci regala il numinoso, un estratto dell’infinito.
La musica di Bacalov e lo sfondo di Procida sono da contorno suggestivo ed affascinante di un mito della migliore napoletanita’: la sua era mitezza dell’ironia.
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