Lavoro

Emergenza Covid e lavoro: le misure di sicurezza e l’ambiente esterno

16 Aprile 2020

Per ripartire, è necessario che la normativa sulla prevenzione e la sicurezza dei luoghi di lavoro, contenga le misure da attuare per fronteggiare l’emergenza CoVid.
Il momento critico che il mondo del lavoro sta vivendo, a causa dei blocchi dovuti all’emergenza, ha determinato un cortocircuito, tra ciò che  l’elemento coronavirus ha trasportato  dall’esterno e i provvedimenti adottati d’urgenza dal Governo e dalle Parti sociali,  con una valenza interna ai luoghi di lavoro.

Le soluzioni indicate nel protocollo redatto dal governo e dalle parti sociali,  devono rispondere ad un criterio di ragionevolezza, considerando l’obiettivo primario che è quello di tutelare la salute dei lavoratori, rendendolo però compatibile con le esigenze organizzative e produttive delle imprese.

L’art. 2087 c.c., e la lettera n) dell’art. 2, co. 1, d.lgs. 81/08, definiscono la « prevenzione » come:

  • il complesso delle disposizioni o misure necessarie anche secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, per evitare o diminuire i rischi professionali nel rispetto della salute della popolazione e dell’integrità dell’ambiente esterno.

Il rapporto  è quindi bidirezionale, che c’è o può esserci, tra i rischi “interni” ed “esterni” all’ambiente di lavoro.

Nel caso specifico all’emergenza epidemica, il fattore di rischio è comune all’ambiente esterno, può essere trasportato nei luoghi di lavoro, ma  attraverso i lavoratori, può essere trasmesso all’esterno.
E’ già nota la fattispecie dei rischi,  derivanti dall’ambiente esterno, ritenuti rientranti nell’ambito di protezione dell’obbligo di sicurezza datoriale, in tal modo sostanzialmente convertendosi da rischi “generici” a rischi “specifici” .

Ed anche in questi casi è possibile un incrocio tra disposizioni “generali” riferite a tutti i cittadini e misure specifiche adottate dalle aziende.

Se in paesi  esteri, si creano particolari rischi per la salute, per la presenza di agenti biologici (virus/batteri) particolarmente nocivi, in tali casi, il Governo,  potrà disporre misure ritenute necessarie per tutti i cittadini che devono recarsi in quelle zone (avvertenze, limitazioni, vaccinazioni, etc.).

Se il lavoratore, per esempio, viene inviato in missione, in questi territori, le aziende, che svolgono attività in tali zone, dovranno adeguare le misure aziendali di prevenzione a quei particolari rischi, partendo dalle eventuali indicazioni governative, ma anche andando oltre ed applicando le specifiche normative di prevenzione.

Di questi ultimi giorni, faccio rilevare un interessante decreto cautelare intervenuto nei confronti di una importante Società; il Giudice di Firenze ha intimato alla predetta società (datore di lavoro) la consegna ad un rider dei “dispositivi di protezione individuale: mascherina protettiva, guanti monouso, gel disinfettanti e prodotti a base alcolica”, il quale aveva presentato un ricorso in tal senso.

Dal punto di vista del diritto del lavoro, poi, il provvedimento ha precisato che:

  • “pur se qualificabile come autonomo” tale rapporto di lavoro “pare ricondursi a quelli disciplinati dall’art.2 D.Lgs.81/2015, per i quali, “in un’ottica sia di prevenzione sia “rimediale”, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato quando la prestazione del collaboratore sia esclusivamente personale, venga svolta in maniera continuativa nel tempo e le modalità di esecuzione della prestazione, anche in relazione ai tempi ed al luogo di lavoro, siano organizzate dal committente” (Cass., 1663/2020).”

Inoltre, alla tipologia del rapporto in esame,  può essere richiamata la disciplina del Capo V-bis del D.Lgs. 81/2015 (Tutela del lavoro tramite piattaforme digitali), finalizzate a stabilire “livelli minimi di tutela per i lavoratori autonomi che svolgono attività di consegna di beni, attraverso piattaforme anche digitali”.

In particolare, è previsto che il committente che utilizzi la piattaforma anche digitale sia tenuto

  • “nei confronti dei lavoratori di cui al comma 1, a propria cura e spese, al rispetto del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.81″ (art.47-septies, comma 3, D.Lgs. cit.) e, quindi, anche al rispetto di quanto previsto dall’art.71 del predetto D.Lgs.81/2008.”

Nonostante le richieste in tal senso del lavoratore,  la società è tenuta a mettere a disposizione dello stesso, dispositivi individuali di protezione contro il rischio COVID-19 (guanti, gel igienizzanti e prodotti di pulizia dello zaino), essendo insufficiente  che l’utilizzo ( guanti e mascherina) sia solo  consigliato dalla società  ai fini dello svolgimento dell’attività lavorativa in questo periodo di emergenza epidemiologica.

Il Giudice nello specifico ha evidenziato come:

  • “sussiste il pregiudizio imminente ed irreparabile, in quanto la protrazione dello svolgimento dell’attività di lavoro in assenza dei predetti dispositivi individuali di protezione potrebbe esporre il ricorrente, durante il tempo occorrente per una pronuncia di merito, a pregiudizi, anche irreparabili, del diritto alla salute.”

Ricordiamo qui che trattasi infatti di decreto cautelare, appartenente alla categoria dei “procedimenti cautelari aventi ad oggetto la tutela di diritti fondamentali della persona” e quindi il Tribunale :

  •  “ordina …. la consegna al ricorrente Y.P. dei seguenti dispositivi di protezione individuale: mascherina protettiva, guanti monouso, gel disinfettanti e prodotti a base alcolica per la pulizia dello zaino”.

C’è quindi la necessità che le indicazioni avute dal Governo, siano più precise, per colmare le presumibili lacune legislative, con il concorso delle parti sociali, certamente utile ed opportuno, sarebbe un intervento decisorio della funzione politica, degli Organi istituzionalmente preposti ad un
ruolo di supporto e consulenza in materia di sicurezza del lavoro, come quello svolto dal Comitato per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro , (di cui all’art. 5 TUS) ed alla Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro (art. 6 TUS).

Il Comitato ex art. 5 TUS, tra i suoi compiti annovera, quelli di stabilire le linee comuni delle politiche nazionali, in materia di salute e sicurezza sul lavoro e individuare obiettivi e programmi dell’azione pubblica di miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori, garantendo lo scambio di informazioni tra i soggetti istituzionali al fine di promuovere l’uniformità dell’applicazione
della normativa vigente .
La Commissione consultiva permanente , ha tra i suoi compiti invece, quelli di esaminare i problemi applicativi della normativa di salute e sicurezza sul lavoro e formulare proposte per lo sviluppo e il perfezionamento della legislazione vigente, validare le buone prassi in materia di salute e sicurezza sul lavoro e valorizzare sia gli accordi sindacali sia i codici di condotta ed etici, adottati su base volontaria, che, in considerazione delle specificità dei settori produttivi di riferimento, orientino i comportamenti dei datori di lavoro, secondo i principi della responsabilità sociale, dei lavoratori e di tutti i soggetti interessati, ai fini del miglioramento dei livelli di tutela definiti legislativamente .

Le indicazioni  elaborate da tali Organi, anche eventualmente a supporto dei Protocolli adottati in questo momento dalle Parti sociali, sicuramente sarebbero utili al fine di meglio definire gli standard del rischio e le misure di prevenzione da adottare sui luoghi di lavoro.

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