Milano
Vallanzasca batte lo Stato in una causa civile, l’ultima beffa del bel René
Questa volta il ‘cattivissimo’ René e la sua bella, Antonella, si prendono una piccola rivincita sullo Stato. Lui la mano non proprio leggera della giustizia l’ha conosciuta con gli ergastoli definitivi e la perdita della semilibertà in seguito al famoso episodio “cesoie e mutande” sgraffignati al supermercato. Lei un po’ di carcere se l’è fatto nel 2013, con 21 giorni di custodia cautelare al termine dei quali ha denunciato di essere stata colpita ingiustamente.
Portati davanti a un giudice civile, a Roma, dall’avvocatura generale che rappresentava niente meno che il ministero dell’Interno, hanno vinto loro. E ora il Viminale dovrà pagare anche le spese legali. Premessa: lo Stato dal 1978 cerca di farsi risarcire da Vallanzasca per la morte di Bruno Lucchesi, agente della stradale colpito a morte a Montecatini dopo l’evasione dal carcere di Spoleto del bandito della Comasina. Qualche decina di milioni di lire di allora si sono trasformati in un debito da 425mila euro che Renato non ha mai saldato. Qualche anno fa Vallanzasca cede i diritti per lo sfruttamento della sua avventurosa storia di sangue. Ne vengono fuori due libri e il film di Michele Placido “Gli angeli del male”. Inizialmente Vallanzasca firma una scrittura privata in cui si impegna a cedere i diritti a titolo gratuito, poi ne firma un’altra, insieme alla moglie Antonella D’agostino, che revoca le disposizioni precedenti. L’accordo vale 400mila euro. Nel 2009 i due danno conto per iscritto di averne già ricevuti 278mila dalla Cosmo Production. Ma chi incassa? Antonella. Tanto che rumors parlano di qualche dissapore tra marito e moglie. Oggi il ministero degli interni chiede al Tribunale di dichiarare che quel denaro appartiene di fatto a Vallanzasca, in modo da poterglielo pignorare per intero in virtù della sentenza Lucchesi. Vallanzasca non si costituisce in udienza. Lo fa invece, attraverso gli avvocati Ivana Anomali e Ciro Cofrancesco solamente Antonella. La quale dichiara che quei soldi sono frutto del suo lavoro alla sceneggiatura e che il bel René non c’entra un bel niente. E che, purtroppo, quel denaro l’ha comunque già interamente speso per mantenere l’anziana suocera (cosa non si fa per una suocera, del resto, ndr) e per le “esigenze del consorte”. Il giudice le dà ragione: non una lira andrà al ministero. Che anzi dovrà sborsare le spese legali. Fanno 5.800 euro, signor Viminale.
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