Arte
Una casa pubblica per un’opera sulla memoria pubblica comune
Il 12 dicembre è il giorno della memoria dolorosa di Milano. Si ricorda quello che successe alla Banca Nazionale dell’Agricoltura in quel dicembre di 45 anni fa, la strage ancora senza colpevoli di Piazza Fontana, ma insieme anche gli eventi corollari successivi e le vicende storiche e giudiziarie ad essa connesse. Altre memorie dolorose. Di quegli anni scuri ci parla, con la forza evocativa dell’arte, un’opera bellissima dell’ artista milanese Enrico Baj, “I funerali dell’anarchico Pinelli”, potente, imponente (3 metri d’altezza per 12 metri di lunghezza) e per alcuni ancora ingombrante non solo per le dimensioni. Un’opera monumentale, di grande impatto e di grande valore civile, realizzata in medias res, quando le cose stavano accadendo. Un’opera rimasta, per tutto questo tempo trascorso, invisibile agli occhi, fatta eccezione per un’esposizione di tre mesi nel 2012 alla Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale. L’opera ora giace in un deposito, e il gallerista Marconi che ne è proprietario, vorrebbe regalarla alla città di Milano. Ci furono petizioni nel 2012, e ci sono appelli anche in questo momento, sui social e anche all’interno dell’istituzione comunale, perché l’Amministrazione di Milano trovi una collocazione pubblica permanente in città per quel capolavoro, straordinaria opera d’arte e testimonianza del valore sociale che l’arte può rappresentare.
Nei giorni scorsi ho anch’io riproposto la richiesta di dare una casa pubblica all’opera di Baj; di destinarle un luogo dove quell’opera, unica e di grande valore civile, possa essere sotto gli occhi di tutti. Dove possa avere attenzioni a lei esclusivamente dedicate.
Si può pensare ad un luogo significativo destinato all’arte ,come il nuovo Museo delle Culture ospitato nell’area Ex Ansaldo e di prossima inaugurazione, dove la sua fruizione possa essere libera e gratuita.
Oppure, con una scelta coraggiosa, collocare “I funerali dell’anarchico Pinelli” in un luogo non tradizionalmente all’arte dedicato, ma della frequentazione comune, dove i cittadini si trovano a passare e sostare spesso, come la sede centrale dell’Anagrafe.
Se questa casa per l’opera di Baj venisse individuata nella giornata odierna, sarebbe ancora più significante.
E’ necessario poter ri-vedere e conoscere quello che è accaduto ed è divenuto storia – storia dolorosa – e ricordare di ricordare, tessendo la rete della memoria anche attraverso i segni dell’arte e della cultura, che parlano spesso in modo più chiaro e diretto di cento, mille discorsi commemorativi, soprattutto alle giovani generazioni.
Ricordare sempre è un nostro dovere di amministratori e lo è altrettanto insegnare alle giovani generazioni a non dimenticare, a farsi domande, a cercare testimonianze della verità storica.
Il gesto artistico testimonia, sublima e a volte consola nella bellezza, sicuramente aiuta a costruire il futuro, che senza memoria non esiste.
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