Economia civile
Terzo Settore e volontariato sono la stessa cosa?
Capita di nascere, crescere, abitare, lavorare e innamorarsi a Milano con tutto quello che ne consegue, nel bene e nel male. “C‘est la vie” dice il poeta. C’è comunque di peggio nel mondo ma ogni tanto mi prende lo sconforto quando proseguo nel tragitto di vita e professionale che va dal settore profit, al volontariato, alla politica, alla comunicazione per approdare, poco più di un decennio fa, al cosiddetto Terzo Settore.
Un Terzo Settore, tra l’altro, ieri tirato in ballo a sproposito per criminalizzarlo in merito all’accoglienza dei migranti e per le vicende di Bibbiano e dintorni, e oggi richiamato come salvifico insieme di persone dedite al “bene comune” nella fase Covid19.
Ma cosa sarà mai questo Terzo Settore? Io ho imparato a conoscere da vicino una miriade di persone, gruppi e organizzazioni che dentro i quartieri e le città esercita una professione per gli altri e con gli altri. Come altri lavori, certo, ma con una passione personale e civica significativa per prevenire, promuovere, assistere, curare, accompagnare e dare autonomia a persone (in particolare quelle fragili) e parti delle città (mettendo al centro quartieri periferici). Un impegno per dare vita, insieme alle istituzioni e alle diverse energie sociali, culturali ed economiche, al tanto agognato welfare di comunità e ad interventi che promuovano davvero rigenerazione come “ricucitura” e “tessitura” sociale e fisica dei quartieri e percorsi reali di empowerment per le persone e le comunità.
Ho imparato anche a vedere in azione ed apprezzare tanti volontari di tutte le età, provenienze ed estrazioni sociali, cittadini attivi che con il loro tempo ed energia integrano, suppliscono alla carenza di servizi e attività delle istituzioni e anche delle realtà organizzate del sociale e della politica.
Non mi sognerei mai di non distinguere questo apporto dall’insieme di professionalità e di percorsi formativi e di pratica sul campo le più diverse: educative, psicologiche, animative, culturali, di assistenza, di sviluppo di comunità e delle indispensabili attività di supporto come progettazione, lavoro di rete, comunicazione, amministrazione, ricerca sociale, valutazione, rendicontazione e fundraising.
Professionalità spesso ai più invisibili, nascoste e negate. Va detto inoltre che nel mondo della cooperazione si incontrano preziose esperienze che hanno una funzione di difesa e valorizzazione della dignità del lavoro.
Quello delle professionalità vecchie e nuove del sociale è un mondo che spesso, nei mezzi di comunicazione e social, nelle parole di troppi interlocutori, viene confuso e sovrapposto a quello del volontariato imponendo la vulgata “Terzo Settore uguale volontariato”. Di recente mi ha colpito negativamente in questo senso il Sindaco Beppe Sala che in uno dei suoi video ha parlato di “volontari” che assicurano gli aiuti degli Hub alimentari quando a tenere in piedi questi servizi e attività, che l’amministrazione insieme ad altri ha meritoriamente creato, ci sono molti operatori del Terzo Settore e non solo volontari.
In conseguenza di questa ripetuta confusione il volontariato è in pratica il Terzo Settore e così nei fatti si scambia una parte per il tutto; una visione distorta e parziale che progressivamente si è imposta nell’immaginario collettivo.
Si tratta di una pericolosa sovrapposizione concettuale che implica non un semplice “errore di comunicazione”, una percezione scorretta; un modo di pensare ed agire deleterio che non riconosce la necessità di valorizzare, attribuire opportune risorse a riconoscimento del ruolo del Terzo Settore, che “se non ci fosse bisognerebbe inventarlo”.
Forse una parte di responsabilità la ha anche il Terzo Settore quando -purtroppo abbastanza spesso- non mostra amor proprio e non agisce compatto per chiedere coerentemente un riconoscimento del proprio ruolo pubblico e politico, (nel senso) inteso come parte della costruzione di politiche pubbliche. Un Terzo Settore che dovrebbe fare di più anche in termini di qualità ed efficacia degli interventi, imprenditorialità e innovatività delle organizzazioni .
Infatti alcuni attori del Terzo Settore sono presi dal tirare acqua (cioè risorse) al proprio mulino e agire per conto proprio perché forse essere confusi con il volontariato in termini di popolarità, moda, “un tant al toc” come si dice a Milano, fa paradossalmente anche comodo.
grazie per la foto di copertina ad Alberto Re
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