Milano
Tanta continuità, un pizzico di Sala e (speriamo) un po’ di sana paura
Tanta continuità, molti nomi che vengono dalla precedente giunta e sono riconfermati in quella nuova spesso con le stesse deleghe, un paio di nomi “targati Sala”, uno spazio (sacrosanto) ai Radicali, e qualche ingresso di peso di chi fa politica davvero sul territorio da anni, come Gabriele Rabaiotti. La giunta Sala annunciata in questa calda prima domenica d’estate, toglie spazio a rinvii e speculazioni. Da domani il sindaco e i suoi assessori sono al lavoro, già giovedì è chiamato la prima giunta, e insomma è finita la campagna elettorale e inizia la consiliatura.
Alcune considerazioni e auspici, avendo seguito la storia di questa candidatura da prima che fosse, mi sento di metterli a terra, sperando possano essere utili in prospettiva futura.
Anzitutto, è una giunta in solida continuità col passato di Giuliano Pisapia, da un lato, ed è una giunta formatasi rapidamente e senza particolari fatiche. Non più di quelle fisiologiche. Questo è segno e conferma di come a Milano la macchina funzioni, la politica tutto sommato si sia fatta rispettare e apprezzare, tanto che il voto continuista, nonostante l’assenza del candidato Pisapia, è stato decisivo. E così Maran torna a fare l’assessore ma passa dalla mobilità all’urbanistica, Majorino resta al welfare, Cristina Tajani alle vecchie deleghe aggiunge quella – delicata e importante – al Commercio, Marco Granelli passa alla mobilità, alla sicurezza arriva una veterana del Pd milanese come Carmela Rozza (speriamo non si faccia più prendere la mano quando si trova un pennello a tiro), Filippo Del Corno resta alla Cultura. Non c’è Ada Lucia De Cesaris, penultima vicesindaca di Pisapia prima di Francesca Balzani e assessore all’urbanistica della giunta arancione per oltre 4 anni, ma la sua presenza benedicente si vede e si sente. Sicuro il suo apprezzamento per Pierfrancesco Maran come per Roberta Guaineri, nuova assessore allo sport, così come per Anna Scavuzzo: la nuova vicesindaca con delega all’istruzione, che entra in giunta dalla porta principale dopo anni di consiglio. È una delle ultime renziane della prima ora rimasta in giro, ha mostrato finora sempre pragmatismo e ragionevolezza, ha condotto una campagna elettorale che l’ha portata comunque a un buon successo personale. Il salto in avanti è di quelli ampi, la sensazione è che non ci sia però avventatezza, nella scelta.
Il nuovo assessorato alla Trasformazione digitale e Servizi civici va a Roberta Cocco, manager Microsoft: è lei il principale segno made in Sala della giunta, assieme naturalmente all’assessore al Bilancio Roberto Tasca. Sala si fida tanto di Tasca da aver condiviso con lui anche diverse iniziative imprenditoriali, il che ovviamente raddoppierà l’attenzione di tutti sul concretizzarsi di eventuali conflitti di interessi. Qui preme sottolineare che per il bilancio e i numeri Sala non si è potuto fidare di altri che di qualcuno di cui già poteva fidarsi ciecamente. E per sé Sala ha tenuto deleghe caratteristiche del proprio percorso e anche della campagna elettorale che ha condotto. Partecipate e internazionalizzazione sono sicuramente il suo pane, e sembra sensato essere attenti ed esegenti su entrambi i tavoli con un sindaco che su questi campi non può giocare di rimessa. A lui, affiancato dall’esponente di Sel Mirko Mazzali, restano anche le periferie: lungamente citate, in campagna elettorale, sono il tavolo più complicato dell’onda politica di quest’epoca, e anche però il più prezioso per una giunta di centrosinistra in una grande città globale come Milano. Quindi davvero buon lavoro.
Fa piacere vedere in giunta un radicale come Lorenzo Lipparini, alla partecipazione e agli open data, elementi fondativi della politica radicale, e un combattente di lunga data, e che di periferie casa e città qualcosa sa davvero, come Gabriele Rabaiotti. È professore al politecnico ma anche uno dei più convinti e costanti innovatori nei territori di Milano meno bazzicati, storicamente, da politici manager e giornalisti. Avrà la funzione di tenere sempre vivi i fondamentali “di sinistra” con cui una giunta di sinistra, appunto, deve confrontarsi, e poi occuparsi di casa ed emergenza abitative, a proposito di fondamentali. Il capo di Gabinetto sarà Mario Vanni, 33 anni, un lavoro molto apprezzato nel pd cittadino da ben prima della campagna elettorale, la fama di essere un gran lavoratore, che è quel che serve per fare un lavoro veramente faticoso.
Qualcuno dice che non è una giunta champagne, che alla fine equilibri politici e continuità hanno prevalso. Da queste parti alla politica champagne crediamo così così, e il mandato uscito dalle urne era chiaro, quindi va bene così. Piuttosto, speriamo e ci auguriamo che la paura che ha animato l’ultima parte di campagna elettorale, il ricordo di quanto viva sia ancora, a Milano, la componente cittadina di chi nella nuova onda portata da Pisapia non si è sentito beneficiato, non sia già passata, come un incubo, con il risveglio sorridente della vittoria ai ballottaggi. Uno sguardo oltre Milano, l’osservazione di quanto anomala resti la realtà politica della nostra città, aiuterà a capire che di lavoro da fare ce n’è tanto, qui. I primi uccellini già raccontano che, all’arrivo delle prossime politiche, vada come vada, un po’ di assessori partiranno per Roma e serviranno nuovi innesti e un rimpasto. Può capitare, non siamo verginelle. Quello che non deve capitare, invece, è che il tempo che separa dai prossimi appuntamenti elettorali nazionali sia vissuto con distrazione o come un riempitivo. Sarebbe il modo migliore di perdere le prossime elezioni, e di non fare il bene della città: che è ovviamente la cosa più grave.
Tra le varie partite che si giocano, a Milano, c’è quella per riuscire a dimostrare che la buona politica e la buona amministrazione sono un argine efficace allo sfondamento dei movimenti post-partitici. Con l’aria che tira, non è proprio una passeggiata, ma nemmeno un’impresa impossibile. Riuscendoci, proprio da Milano, potrebbe ripartire la capacità di fare da modello per la politica nazionale resistendo al cambiare dei leader con la forza dell’azione politica. E quindi buon lavoro a tutti che, appunto, ce n’è bisogno.
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