Milano
Stefano Parisi e il centrodestra che non c’è
“Se siamo uniti siamo già pronti”
Parte da quest’assunto la nuova declinazione del centrodestra post berlusconiano, in almeno quelle che sembrano esserne la sue intenzioni più propositive.
Assaporare l’impresa, magari dopo la sconfitta al referendum costituzionale con i No in prevalenza sui Si e un Parlamento che sfiduciasse il Premier, di andare ad elezioni prima del 2018. Tutti insieme uniti. Lega, Forza Italia, Area Popolare e Fratelli d’Italia.
Stefano Parisi parla ad una platea in cerca di qualcosa di nuovo, che non trova però nelle sue parole.
“Le imprese? Lasciatele lavorare, ma perché un negoziante a Milano per una vetrofania deve aspettare mesi ad avere un’autorizzazione? Lo Stato esca da ste cose e lasci libero chi lavora”
“Immigrazione? Perché dare tre miliardi alla Turchia, dateli a noi; guardiamo alla realtà del problema e non chiudiamo gli occhi come ha fatto la sinistra per anni. Sinistra che poi a Capalbio, dove va l’intellighenzia, gli immigrati mica li vuole”
Basterebbero già questi assunti per capire che Parisi va in cerca di una leadership nell’area che fu riserva di caccia ( di voti) di Berlusconi Silvio da Arcore senza trovare tuttavia un pubblico prodigo di consensi o incline ad entusiasmarsi. Anzi. Mr.Chili parla ad una platea freddina, che applaude in modo distaccato e poco convinto. Forse perché malgrado i tentativi di modificare lo stato di cose presenti, Parisi rimodula slogan del centrodestra che sono diventati stereotipi.
Quel nuovo di cui è in cerca, la società civile, le imprese, un nuovo modo di essere cittadini, un fisco più giusto, la sicurezza, ricalca nelle forme e in parte anche nelle parole, quanto è già stato declinato da Berlusconi nel 1994 e vent’anni più tardi dall’indisciplinato rottamatore toscano
Diverse volte il protagonista dal palco si contraddice. “Vogliamo una classe dirigente integra, trasparente”, afferma Parisi dopo quasi un’ora di comizio, salvo subito dopo chiedere a Gabriele Albertini: 《Quanti avvisi di garanzia hai preso? Per fare l’amministratore bisogna aver ricevuto diversi avvisi di garanzia. L’abuso di ufficio significa che si è lavorato e si è cercato di cambiare le cose》
Non attacca mai direttamente il suo avversario, Matteo Renzi, ammesso e non concesso che Parisi possa mai davvero ambire a diventare un avversario di Renzi, di lui dice “che non è un nemico da combattere come la sinistra ha fatto con Berlusconi, non è un pericolo per la democrazia ma per l’economia di uno Stato che rischia la morte”. Un colpo al cerchio e uno alla botte. Renzi non è un nemico, ma può portare al collasso fatale.
Insomma Stefano Parisi si barcamena, e soprassiede all’aleatorieta’di un’incombenza che gli è stata chiesta di assolvere in condizioni di difficoltà estrema: sulla barca si balla e fuori ci sono acque procellose.
Affronta il tema del conflitto d’interessi con esiti piuttosto incerti:
“La politica nel centrodestra non sia fatta per interessi, chi è qui e pensa di essersi trovato un lavoro per coltivare i propri orticelli può anche andarsene.”
Dimentica che proprio pochi giorni fa Regione Lombardia ha deliberato un finanziamento a fondo perduto di tre milioni per la sua azienda, Chili Tv. Generando forti proteste dell’opposizione.
Dunque, varata la nuova nave, adesso il presunto erede di Berlusconi naviga a vista con il coraggio delle buone intenzioni oppure con la spregiudicatezza di un pirata in solitaria?
Né l’una né l’altra. C’è un calcolo ragionato e una acuta avvedutezza in questo romano prestato al gioco della politica. Voci poco distanti da lui disegnano uno scenario preciso.
《L’obiettivo di questa convention è una riabilitazione parziale del centrodestra con l’obiettivo unico di fermare le ruspe e i vaffa. Sono Salvini e Grillo che vanno bloccati. Se poi anche governasse un uomo del centrosinistra sul modello di Beppe Sala a Milano, va bene anche a noi》
E come si fa? 《Partendo dalla sentenza della Corte Costituzionale del prossimo 4 Ottobre che blocchi l’Italicum e metta poi in fuorigioco i cinque stelle. Non lasciare il Paese nelle mani degli arruffapopolo, dei lepenisti e dei grillini. A quel punto riabilitato il bipolarismo, possiamo tornare a contrapporci》
Un’altra sponda rincara la dose. 《Sai cosa significa il meeting odierno? Un tentativo di mandare avanti qualcuno per rimuovere dal centrodestra la vecchia nomenclatura che non se ne vuole andare. Se il tentativo si rivelasse vincente con un effetto domino, da Arcore si esulterebbe. Se l’esercizio non avesse invece successo, si lavorerà a bruciare qualcun altro più avanti》
Mentre avanzano, tra gli altri, residui della Forza Italia che fu e che cerca forse un ricollocamento politico, tra loro Claudio Scajola e Maurizio Sacconi, si avvicina un alfiere dei presidi ospedalieri lombardi. 《Ma lei lo sa a quanti immigrati somministriamo farmaci, visite di controllo, analisi come la coronarografia piuttosto che interventi chirurgici? E secondo lei ci vengono rimborsati? A pagare sono casse sempre più esangui. Siamo un Paese che ormai è morto》
Sarà per questo che Parisi adempie al suo compito dal palco con passione e sincera empatia. Si rende conto di quale improbo compito gli sia stato affidato tra lo scetticismo generale, malgrado una sala gremita lo accolga con affetto e con altrettanta schizofrenica apatia.
Tanto che quando arriva in platea il senatore Antonio Razzi, idolo delle televisioni di Urbano Cairo grazie a Crozza, uno stuolo di telecamere lo segue e un nutrito numero di simpatizzanti gli chiedono di farsi un selfie. Tutto diventa leggero ed assume i connotati della parodia. Lui a tutti dice: 《Posso dirti una cosa da amico?》
Non sappiamo se l’abbia detto anche a Parisi. Sappiamo però che cosa Parisi gli avrebbe risposto
Quello che potete immaginare. Lui, Razzi, lascia con un’epica battuta. “Con troppi galli non fa mai giorno”. Potenza della vita contadina. Razzi ha capito che i galli non stavano qui a Milano. Per questo lui si è presentato. 《Per la verità mi hanno invitato》
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