Ambiente
SMOG: aspettando che piova
Quando fu pubblicato il Volume “Inquinamento Atmosferico & Salute Respiratoria” Ed. TIERRE, Firenze, correva l’anno 2000 ed i calcoli della spesa si facevano ancora in lire. Allora quantizzammo, attraverso il Centro Studi Ambiente Economia Ricerca, che il danno erariale complessivo per l’inquinamento urbano sarebbe asceso a circa 14 mila miliardi di lire. Oggi sarebbero circa 7 miliardi di euro. La sola Milano assorbiva l’equivalente di 1,1 mld di euro ( FIG. 1). Gli anni passano e nulla avviene finchè nel 2013 …..
“Indagini epidemiologiche, condotte a Milano (Ferrara et al., 1990-2000) hanno preso in esame una popolazione di oltre 2000 ultrasessantenni, privi di sintomi respiratori e pertanto considerati clinicamente sani. I risultati indicano con chiarezza che i soggetti con funzionalità respiratoria compatibile con il valore teorico, sono pari al 75% con uno scarto da un massimo di 3,43 per la I classe di età ad un minimo di 0.82 per gli ultraottantenni (VI classe di età). Si evince che il 25% della popolazione esaminata, è costituita da soggetti asintomatici ma compromessi. Poiché gli ultrasessantacinquenni di Milano, sono circa 297 mila, necessitano di cure respiratorie nella misura di circa 3,7 milioni di euro/mese.Lo stesso dicasi per i giovani scolari la cui funzionalità, nelle grandi città, appare compromessa nella misura di un terzo per una popolazione stimata al 30%. Poiché i bambini di Milano sotto i 15 anni sono 145.598, ne risulta che ben 49 mila bambini circa necessitano di cure per la somma di 250 mila euro/mese.
IL RENDIMENTO TERAPEUTICO OTTIMIZZATO
L’attuale orientamento della Sanità non può più prescindere dai costi per la salute. Non è questa la sede idonea per un consuntivo ma in poche cifre si può riassumere un grave disavanzo per l’Erario. La spesa sostenuta dal SSN si aggira sugli 80 miliardi di euro, quella farmaceutica privata è attestata ormai sui 25 miliardi. Già nel 1997, il SSN aveva erogato per l’asma bronchiale circa 772 miliardi di lire per contributi, nel 1999, ossia due anni dopo, la stessa cifra è lievitata a circa 992 miliardi e la spesa per la diagnosi, cura e riabilitazione delle malattie respiratorie ostruttive in toto si aggira oggi sui 9 miliardi di euro. Siamo dunque di fronte ad una spesa crescente che deve essere contenuta.
Può la terapia inalatoria, domiciliare o termale, costituire un utile elemento di freno alla spesa? La risposta è positiva perché essa consente una facile opportunità di prevenzione, specie nei lavoratori a rischio che sono esposti a patologia professionale. Essa consente di prevenire le crisi di asma da polluttanti e le riacutizzazioni bronchiali. Infatti ogni giorno di assenza dal lavoro, unitamente alle cura per malattia, costa mediamente circa 80 Euro a fronte dell’acquisto di una o due bombolette pressurizzate.
È dunque la prevenzione che anche in questo caso si rivela vincente nella riduzione della spesa. Esaminiamo il caso di un soggetto affetto da asma bronchiale: senza la sua terapia inalatoria, sarebbe costretto ad almeno due, tre ricoveri l’anno, del periodo medio di circa 7-8-giorni. Ogni giorno di ricovero, di giornata lavorativa perduta e di farmaci utilizzati in ambito ospedaliero comporta una spesa giornaliera media di circa un 500 Euro. Il bilancio annuale per questo soggetto arriverebbe fino a circa 182 mila Euro, a fronte della spesa media di circa 147 Euro mensili (in termini di beta-2-stimolanti, steroidi inalatori e sistemici, antibatterici ).
Durante le epidemie influenzali invernali, circa 6-7 milioni di cittadini perdono da una settimana a 10 giorni lavorativi e costano all’Erario circa 1,2 miliardi di euro. La terapia inalatoria poco può di fronte all’epidemia influenzale ma sicuramente la prevenzione inalatoria offre qualche riserva in più nello stroncare le riacutizzazioni bronchiali del BPCO o dell’Enfisematoso in questi periodi.
Non minore è la stima relativa al periodo stagionale quando le allergie respiratorie, nasali e/o bronchiali, comportano l’assenza dal lavoro di circa 12 milioni di cittadini e quindi, al tasso medio di occupazione del 68%, circa 8 milioni di lavoratori attivi ne sono coinvolti. Stimando una sofferenza media di circa 4-5 giorni, otteniamo circa 35/40 milioni di giornate lavorative perdute, con un danno pari a circa 8 miliardi. Come si vede sono cifre estremamente elevate che si cominciano a valutare con attenzione.
Nel periodo stagionale, la corretta prevenzione inalatoria, con supporto di bloccanti muscarinici, beta-2-stimolanti, steroidi e cromoni non supera la spesa di circa 90 Euro/per mese. Ciò comporta un abbattimento di spesa per un totale di circa 1 miliardo di euro anziché 3,5.
In Italia 4 milioni di soggetti soffrono di bronchite cronica, 5 milioni di asma bronchiale, circa 60 ammalati muoiono ogni giorno e circa 20.000 i decessi annuali per cause direttamente dipendenti dallo smog. Per una città come Milano, che comunque presenta 750 ricoveri d’urgenza l’anno per lo stesso motivo, 2 al giorno, muoiono circa 3500 persone/anno, circa 10 al giorno”.
Tratto da pagg. 73-76 del Volume “Rione Sanità: chi si ammala è perduto”, prefazione di Franca Rame e Dario Fo, Aracne Editrice, 2013.
Nello stesso volume anticipammo anche i dati pubblicati ieri (23 dic. 15) su Repubblica
http://www.repubblica.it/cronaca/2015/12/23/news/il_mistero_del_2015_quei_45mila_scomparsi_come_in_una_guerra_-130020393/. L’articolo segnala una sorprendente ripresa del tasso di mortalità, affatto imprevista. In realtà era cronaca annunciata e dunque perché stupirsi? C’è stata una mancata osservazione della crescente mortalità cardio-respiratoria, data per scontata. Vuoi perché le malattie cardio-vascolari dividono da sempre con i tumori il primato della mortalità vuoi perché a tutti è sfuggito che l’inquinamento aereo, forse più del fumo di sigaretta ( le distinzioni epidemiologiche sono complesse) con i suoi costituenti dal particolato alle PM10 e 2.5 colpisce più l’apparato cardiovascolare che quello respiratorio, creando le premesse per una lesione endoteliale della coronaria.
E’ bastato un periodo di siccità per svelare cosa respiriamo, abbiamo da sempre Governi che invocano la pioggia come rimedio a causa di una totale incapacità nella gestione equilibrata e moderna di ambiente e sviluppo. Il Caso Ilva di Taranto ne è l’esempio: vale di più la conservazione dei posti di lavoro o la tutela della salute? La politica attuale su questo argomento tace semplicemente perché forse non lo conosce abbastanza ed anche perchè maledettamente impopolare. Nessun politico rischia la maledizione popolare e la demonizzazione dell’auto, si metterebbe contro gli esercenti. I quali non si rendono conto di quanti clienti acquisirebbero con la chiusura dei centri storici. Si compra di più passeggiando che parcheggiando!
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