Milano
Senza famiglia: il privato collettivo. Intervista a Marco Lorenzi
Una famiglia ordinaria, con le sue ordinarie contraddizioni e nevrosi, è al centro della straordinaria vicenda narrata nello spettacolo Senza Famiglia, per la regia di Marco Lorenzi dal testo di Magdalena Barile.
La pièce – in scena a Milano a Campo teatrale fino al tre marzo e successivamente a Torino dal 22 al 24 marzo– affronta il tema dell’educazione politica e sentimentale che si struttura all’interno di un nucleo famigliare animato da tre diverse generazioni: una madre, un padre, due figli e una nonna che torna fra loro per convincere la figlia a cambiare vita. Uno spettacolo – finalista al premio Scenario 2017 – imprevedibile e grottesco, che invita lo spettatore alla riflessione attraverso la risata e lo straniamento, e che affronta – parallelamente – il problema di una società costituzionalmente in crisi per il venir meno dei suoi punti di riferimento a causa della mancata assunzione di responsabilità delle “vecchie” generazioni.
Ne abbiamo parlato con il regista Marco Lorenzi partendo dalla più banale delle domande: perché affrontare ancora una volta il tema della famiglia?
La famiglia è oggetto, fin dall’epoca del teatro classico, del racconto in scena. Si tratta dello spazio minimo in cui veniamo al mondo e nel quale si forma il nostro modo d’intendere le relazioni, i rapporti, l’approccio ai valori e disvalori della società. Parlare di famiglia significa quindi parlare di privato e di pubblico, mettere in relazione le due dimensioni e cercare di gettare uno sguardo sul contemporaneo che ne sappia indagare le radici.
Un microcosmo che ci prepara alla vita insomma…
Ci prepara e ci frena in parte. Soprattutto in un contesto, come quello italiano, in cui la famiglia è storicamente e culturalmente al centro di un discorso pedagogico che vede nelle relazioni con il nucleo d’origine lo spazio sicuro, di riparo e al contempo estremamente vincolante. Si fatica ad emanciparsi, a prescindere dal discorso economico o professionale, e ad assumere un profilo individuale autonomo rispetto alla famiglia.
Eppure la famiglia oggi è profondamente in crisi…
Sì, come d’altra parte la società. Le due cose procedono di pari passo ed entrambe – mi perdonerai l’approccio “militante” – derivano da una mancanza di presa in carico, da parte delle generazioni più “grandi” della responsabilità di ascolto e cura (intesa come processo di crescita ed emancipazione) che sarebbe richiesto dalle più giovani generazioni. Un discorso che ha a che fare anche con l’amore e gli aspetti disfunzionali delle relazioni che si riverberano poi nei rapporti interpersonali adulti.
Quindi il recupero, nel dibattito pubblico di oggi, della famiglia come possiamo leggerla?
Procedendo la situazione di “crisi” di pari passo fra famiglia e società direi che si tratta di un tentativo di trovare una via d’uscita, ristabilire un ordine nell’incertezza. I risultati però non sempre sono confortanti.
Tornando invece alle scelte di regia in che modo avete lavorato sul testo di Barile?
Abbiamo fatto uno sforzo importante di verticalizzazione del testo per creare una situazione di frizione e straniamento nello spettatore. Il testo offre moltissimi spunti di riflessione e molteplici possibilità di approccio: comico e tragico si mescolano, siamo in fondo di fronte a un “funerale” che è privato e dell’intera società o – meglio – della società attraverso l’istituto familiare. Gli spettatori sembrano aver colto e apprezzato questo elemento, che riporta costantemente a un dialogo intergenerazionale e fra differenti modelli di approccio alla realtà contemporanea. Non dimenticando però mai il piacere che da poter osservare, con sguardo ironico e utile distacco scenico, il grottesco quotidiano delle dinamiche familiari di tutti i giorni.
IL MULINO DI AMLETO in SENZA FAMIGLIA di MAGDALENA BARILE regia di MARCO LORENZI con Christian Di Filippo, Francesco Gargiulo, Barbara Mazzi, Alba Maria Porto, Angelo Maria Tronca.
Light designer Eleonora Diana, organizzazione Annalisa Greco – distribuzione Valentina Pollani – ufficio stampa Raffaella Ilari, manifesto Daniele Catalli. Produzione ACTI Teatri Indipendenti / Il Mulino di Amleto con la collaborazione produttiva di Campo Teatrale con il supporto di Residenza IDRA nell’ambito del progetto CURA 2018 con il sostegno del Centro di Residenza della Toscana (Armunia Castiglioncello – CapoTrave/Kilowatt Sansepolcro)
Ph. Manuela Giusto / Grafica Daniele Catalli
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