Milano
Rivoglio la mia Milano
Milano via Santa Marta, siamo nella parte più antica e ricca di atmosfera della città, dove ancora si possono trovare tracce della Milano medioevale e romana. Qui, tra palazzi storici, chiese, musei e botteghe, al riparo dalla frenesia caotica e dal traffico massivo della città, si trova lo Spazio Big Santa Marta , un piccolo gioiello incastonato nella porzione di un ex convento del 1200. La location conserva parte dell’antico colonnato e del chiostro che fanno da suggestiva cornice ad eventi e mostre a tema.
Il questo luogo riparato dal frastuono della metropoli, all’imbrunire, Gabriele Albertini presenta il suo ultimo libro, “Rivoglio la mia Milano” scritto a quattro mani con l’amico Sergio Rotondo e pubblicato per i tipi di De Ferrari Editore.
Ospite di Confapi Milano (Confederazione Nazionale della Piccola e Media Industria Privata Italiana) il Sindaco Albertini coglie l’occasione per riportare alla memoria alcuni momenti significativi del proprio passato politico e per lasciare traccia del proprio pensiero riguardo temi di stretta attualità.
Dovremmo meglio chiamarlo ex Sindaco, oppure past, ma la sensazione è che taluni mandati una volta assolti tendano a non perdersi nel tempo, rimanendo parte integrante della propria immagine pubblica. Chi di Milano è stato primo cittadino, soprattutto quando ha saputo farsi apprezzare in modo significativo, idealmente rimane per sempre “il Sindaco”.
Un sintetico recap della storia di Albertini è doveroso, in particolar modo a beneficio di coloro che, non milanesi, hanno avuto meno opportunità di vederlo amministrare.
Gabriele Albertini è nato a Milano nel 1950, laureato in giurisprudenza all’Università Statale, industriale metalmeccanico, dal 1974 guida l’azienda di famiglia (la “Cesare Albertini S.p.A.” fondata dal padre Cesare nell’ottobre del 1932 poi passata al Gruppo Bosch) con il fratello Carlo Alberto.
Ha ricoperto numerose cariche in Confindustria e Assolombarda ed è stato presidente della Piccola Industria e di Federmeccanica (Federazione Sindacale dell’Industria Metalmeccanica Italiana).
Sindaco di Milano per due mandati, dal 1997 al 2006, è stato eletto al Parlamento Europeo nel 2004. È stato membro di diverse commissioni europee e vicepresidente della delegazione del Parlamento Europeo per le relazioni con la Nato. Rieletto per la seconda volta eurodeputato nel giugno 2009, è stato Presidente della Commissione Affari Esteri al Parlamento Europeo, organo cui spetta l’indirizzo di politica estera dell’Europa nelle relazioni e con tutti gli Stati a livello mondiale. Senatore della Repubblica dal marzo del 2013. Di formazione cattolica, diplomato presso l’Istituto Leone XIII di Milano (scuola paritaria dei Gesuiti) è da sempre una delle personalità lombarde e nazionali più vicine allo schieramento politico di centrodestra.
“Rivoglio la mia Milano” è un libro che Albertini ha scritto a quattro mani con l’amico di gioventù Sergio Rotondo. Rotondo, ha cominciato la propria carriera giornalistica al Corriere della Sera (dove è rimasto quindici anni), allo sport. Quindi ha collaborato con Quattroruote e Gente Motori. Successivamente ha scritto per l’Indipendente e infine è entrato nella squadra de Il Giornale, dove per quindici anni è stato prima capocronista e negli ultimi anni di lavoro responsabile delle pagine sportive.
Proprio Sergio Rotondo, dopo gli interventi di benvenuto degli ospiti, ha rotto il ghiaccio iniziando a raccontare la genesi di questo lavoro. Un lavoro che nasce come brogliaccio operativo e piano d’azione di una possibile terza candidatura a Palazzo Marino di Albertini, candidatura poi sfumata a causa di un appoggio parziale e troppo tiepido delle attuali forze di centrodestra meneghine.
I numerosi appunti, raccolti nel corso di lunghe chiacchierate quotidiane tra Albertini e Rotondo, non sono però accantonati ma vengono rielaborati in questo volume, all’interno di un testo che non è solo un amarcord dei bei tempi passati ma anche lo spunto per fare delle riflessioni sui tempi correnti. Riflessioni che si possono o meno condividere ma con le quali in ogni caso è molto interessante confrontarsi.
Il libro conserva il ricordo di Sergio Rotondo di un giovane Gabriele in vacanza a Isola di Capo Rizzuto che, nel 1971, si fece tagliare a zero i capelli per onorare una scommessa con i suoi amici del circolo degli scacchi: “se non avesse vinto un torneo avrebbe detto addio alla sua chioma corvina con riflessi blu. Il terzo posto non è bastato a salvarlo”.
Ecco allora, random, tornare alla memoria condivisa le circostanze della prima discesa in campo di Albertini all’ombra della Madonnina, fortemente pressato da Silvio Berlusconi affinché accettasse una sfida a Palazzo Marino dall’esito incerto.
Si accavallano i ricordi del giovane imprenditore che incontra per la prima volta un moloch della politica nazionale, Giulio Andreotti, incrociandosi con quelli dello scampato attentato pianificato dalle Brigate Rosse.
La condotta disinvolta del giovane Gabriele, impegnato a seguire con passione una bellissima ragazza nata sulle sponde del lago Maggiore e studentessa a Pavia, impedì ai sicari delle BR di programmare compiutamente la triste ritualità della gambizzazione a danno di un Albertini allora impegnato in prima linea con la propria organizzazione di categoria. Troppo complicato “tracciarlo”, venne quindi individuato un suo stretto collaboratore che subì l’attentato con conseguenze di una certa importanza che lasciarono segni duraturi nel fisico della vittima prescelta, un bersaglio inizialmente non preso in considerazione dai terroristi.
E poi ancora la narrazione di un Albertini “sensitivo” che percepisce un forte disagio fisico, “quasi un mancato battito del cuore”, nello stringere la mano ad uomini dal cuore malvagio. “Mi accadde con Erdogan, questa sensazione mi prese senza preavviso e mi lasciò sconcertato, mentre devo dire che con Putin questo non accadde. Ma forse il Putin incontrato tanti anni fa non era l’uomo che è oggi, un uomo diverso dal giovane statista che conobbi io”.
La seconda parte del libro riporta atti giudiziari e ritagli di giornale degli anni 2011-2013, un periodo della storia recente caratterizzato anche dal serrato confronto tra Albertini e l’ex procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo.
Come detto questo volume non è solo un insieme di aneddoti e ricordi ma anche il mezzo scelto per veicolare le idee dell’ex sindaco di Milano su temi di stretta attualità.
Può fungere da esempio la netta posizione del past major riguardo un luogo iconico di Milano, lo stadio di san Siro, oggi oggetto di un serrato confronto tra chi vorrebbe sostituirlo con un’altra struttura più moderna e chi preferirebbe ammodernare la struttura ormai centenaria senza raderla al suolo.
“So che molti di voi non saranno d’accordo con me, ma bisogna guardare al futuro. Non ogni manufatto datato ha le caratteristiche dell’eterna conservazione. Se Maria Teresa d’Austria nel 1745 non avesse deciso di abbattere la chiesa di Santa Maria alla Scala oggi non avremmo il teatro che rende Milano conosciuta in ogni angolo del mondo.
Bisogna guardare avanti. Ovviamente ci sono ambiti della città che vanno tutelati e difesi da ogni possibile rivoluzione urbanistica, ma io parlo del centro storico. In altre zone è possibile riqualificare e dare una diversa prospettiva alla città. Come ad esempio è stato fatto con la Fiera. Il nuovo centro fieristico di Rho ad esempio ha conciliato l’esigenza di dare vita ad un polo espositivo moderno ed efficiente e nel medesimo tempo ha liberato un’area urbana che è divenuta un fiore all’occhiello della nostra città.
Ci sono molti progetti che si potrebbero realizzare a Milano, anni fa ne individuai uno per la sistemazione dell’area dell’attuale carcere di san Vittore; ne parlai a Londra con Norman Foster che si dimostrò molto attento alle mie idee ma poi il Sovrintendente blocco ogni ragionamento sul nascere… Un’occasione sprecata.
Riguardo san Siro non ho dubbi, il nuovo progetto della “Cattedrale” è a mio avviso vincente. Il nuovo stadio appare dai rendering molto più bello e moderno del vecchio Meazza. L’attuale amministrazione comunale sta muovendosi con un certo eccesso di timidezza. Quando l’iniziativa privata interagisce correttamente con la regia pubblica possono nascere sinergie importanti. Sinergie che muovono l’economia di una città che può e dovrebbe divenire una metropoli policentrica.
Se fossi io il Sindaco mi porrei meno problemi e avvierei con maggiore decisione un dialogo operativo con gli esponenti sani dell’imprenditoria milanese. Senza dare troppo ascolto alle solite lamentazioni di default di una certa frangia di verdi talebani che sono sempre contrari alle grandi opere. Non dico di essere il portatore della verità, io pero’ la vedo così”.
Gabriele Albertini, settantadue anni, tutto sembra fuorchè un anziano signore seduto in un cantuccio per raccontare gli aneddoti del suo passato; c’è qualcosa in lui che ci spinge a pensare che in qualche modo possa ancora dire la sua e che soprattutto abbia una dannata voglia di dire la sua nel dibattito pubblico milanese e nazionale.
Chi vivrà vedrà.
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