Milano
Ritratto di un amore: “Spezzato è il cuore della bellezza”
A Milano, al Teatro Fontana, dal 7 al 10 marzo va in scena “Spezzato è il cuore della bellezza”, uno spettacolo della Piccola Compagnia Dammacco, già vincitore del premio Abu 2020/2021 nella categoria Nuovo testo italiano/scrittura drammaturgica. Al centro della vicenda scenica un cosiddetto triangolo amoroso – lui, lei, l’altra – che trasfigura l’esperienza universale dell’inizio e della fine di un amore. Serena Balivo incarna infatti sul palcoscenico due donne, la moglie e l’amante, che rappresentano l’una la fase finale della relazione – con i suoi fastidi, le cupezze, le recriminazioni, il disamore – l’altra l’inizio di un nuovo amore, con la sua freschezza, la novità della scoperta, la banalità delle prime esperienze assieme. Tutto si gioca sul crinale sottile fra umorismo e realismo, fra amara constatazione del “tutto che finisce”, anche l’amore più grande, tradendo le nostre aspettative, per poi riprendere in un ciclo che ricorda da vicino l’avvicendarsi delle stagioni. A fianco di Balivo, Erica Galante impersona lui, il marito e amante, uomo muto sulla scena, che non agisce ma funge da perno per il racconto, quasi fosse solo materialmente. funzionale.
Ne abbiamo parlato con il regista e drammaturgo Mariano Dammacco.
Come mai avete deciso di affrontare il tema del triangolo amoroso in scena e come si è sviluppata la stesura della drammaturgia?
Il triangolo è stato a dire il vero un dispositivo drammaturgico per me, per noi. Una sorta di storiella che ci ha consentito di osservare l’amore nei suoi due tempi, quello dello sbocciare e quello del finire. L’idea del triangolo è stata funzionale, perché ha permesso di affiancare, in uno unico spazio e un unico tempo, questi due momenti. Il secondo spunto, più legato al lavoro testuale, è venuto da una riflessione sul tema della morte, della fine e del lutto, che stava portando avanti Serena. Abbiamo unito gli elementi, provando a mescolare gli stimoli in una riflessione sull’elaborazione del lutto amoroso.
Se il triangolo è un espediente lo è forse anche il personaggio muto dell’uomo in scena. Un uomo che, in silenzio, si barcamena fra due donne che, nella metamorfosi continua di Balivo, raccontano tutto, si rendono protagoniste. Come mai il personaggio maschile non parla e si limita a una presenza corporea in scena?
L’uomo è qui volano di azione. Non è il protagonista, perché questa non è una riflessione sul suo essere “a metà del guado” fra una relazione ormai spenta e una che sta sbocciando. L’oggetto del racconto è proprio l’amore in sè, nelle sue due fasi. Per questo non poteva che vedere due protagoniste donne che, ulteriore espediente, sono unite nella stessa attrice. Una con due volti. Non ci interessava descrivere la figura del marito/amante, bastano i racconti delle due figure femminili, dell’amore vecchio e dell’amore nuovo per perimetrarlo.
Come mai invece i due amori sono portati in scena da una e non due attrici?
Serena impersona entrambi gli amori perché non volevamo mostrare una contraddizione – di solito tipico di un racconto del triangolo amoroso – fra i due amori. Non occorre parteggiare per una protagonista. L’amore è uno, tutti ne abbiamo fatto esperienza, dal nascere al morire, ed è innegabile che siano parti naturali dello stesso sentimento. In questo senso il trasformarsi di Serena è estremamente simbolico e funzionale alla riflessione. Ogni spettatore può rendersi conto di essere o essere stato entrambe le “fasi” dell’amore. Tutto questo è descritto in modo approfondito, ma al contempo con una forma leggera, lieve, molto tragicomica. Non volevamo appesantire lo spettatore, volevamo narrare un conflitto, umanizzandolo.
Nella metamorfosi di Balivo risiede il nucleo centrale dello sviluppo drammaturgico…
Assolutamente e aggiungo un aneddoto. Durante una delle rappresentazioni ci è capitato di ascoltare il commento di un’anziana coppia a margine dello spettacolo, poco prima della fine. Uno dei due insisteva nel dire all’altro che l’attrice che impersonava l’amante fosse nettamente più brava di quella che impersonava la moglie. Solo sul finale si è reso conto che moglie e amante erano interpretate la stessa persona. Credo che questo renda giustizia al percorso fatto…
Mi dicevi prima che molti pensano anche che il testo sia opera di Balivo…
Si, in pochi immaginano che sia un uomo l’autore dello spettacolo. Tutti credono che sia l’attrice protagonista ad aver elaborato il testo, forse per un certo tono, una certa sensibilità nel rappresentare le due figure femminili. Ecco questo per me è un grande riconoscimento, perché dopo tanti anni di carriera e arrivato ormai ai 50 anni, significa non essere rimasto imbrigliato in una visione, in una modalità e in un approccio limitati dal mio genere di appartenenza. Significa essere riuscito ad andare oltre nell’elaborazione del mio vissuto e lo considero un buon risultato personale.
Spezzato è il cuore della bellezza
con Serena Balivo e con Erica Galante disegno luci Stella Monesi ideazione, drammaturgia e regia Mariano Dammacco foto di scena Luca Del Pia ufficio stampa Maddalena Peluso Produzione Piccola Compagnia Dammacco/Infinito/Opera estate Festival Veneto Con il sostegno di L’arboreto- Teatro Dimora|La Corte Ospitale:::Centro di residenza Emilia-Romagna e di CapoTrave/Kilowatt
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