Milano
Rinnovare i contratti, dopo otto anni
Se un insegnante prova a guardare dentro al suo portafoglio, farà presto a capire cosa significa un rinnovo che manca da otto anni. La sua busta paga è ferma da novantasei mesi , a fronte di una vita che ovunque ti giri costa sempre di più. Dalla pompa di benzina al biglietto della metro, dai costi dei cellulari che mentre sono calmierati vengono aumentati da continui rinnovi o giochi mai chiesti per cui la tua bolletta è sempre più alta di quella attesa; al costo dei libri per i bambini che vanno a scuola comprati a chili, quando basterebbe un I-pad per sconfiggere l’idea che vi si debba andare con la valigia, dopo aver svuotato il salvadanaio. Il tutto valutando oltremodo che, sempre a proposito di numeri, il Jobs act avrebbe creato 945.000 posti di lavoro, senza dire che se si sommano 4 rinnovi di contratto per un solo lavoratore in 12 mesi, si divide almeno per quattro la cifra di cui sopra.
Manuela Vanoli, nuova Segretaria Regionale lombarda della Funzione pubblica Cgil, proprio di questo parla con noi: di contratti, di dipendenti pubblici e privati e soprattutto del Jobs act. Ed è proprio guardando ai numeri, che la Segretaria mi spiega che il diritto al rinnovo è diventato necessario dopo otto anni e che, soprattutto, sui dati relativi all’inflazione si può discutere. Perché all’aumentare del peso dei numeri che dicono che il potere d’acquisto dei salari è in linea con le attese, corrisponde un corrispettivo alleggerimento degli stipendi nella vita reale. Il sindacato fa il suo lavoro. Rileva le disuguaglianze, intercetta le ingiustizie sociali, fa fronte contro coloro che si voltano dall’altra parte. A noi raccontare chi osserva il mondo senza pessimismo e senza ottimismo. Guardando semplicemente a come è stata apparecchiata la tavola. Soprattutto quando dicendoti che potrai mangiare di più, osservi di stare perdendo peso. Perché il cibo sulla tavola diminuisce.
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