Milano

Radicali, tutta un’altra storia

5 Giugno 2016

Ha un talento fuori dal comune, talento radicale. Marco Cappato è tutta un’altra storia davvero. Se lo conosci, se vedi come lavora, come guida chi lavora con lui; se solo senti cosa ha da dire, le battaglie in cui si vuole impegnare, non puoi non volerlo “al potere”.

Ho seguito Cappato e i Radicali dall’inizio della campagna elettorale, una corsa che appariva folle: presentarsi alle amministrative da solo, candidato sindaco contro Sala, Parisi e la casella grillina data a due cifre per certo, a prescindere dal nome. Da un lato, il partitone con i suoi apparati e i suoi conflitti di interesse, dall’altra il MoVimento con gli imbuti informatici e notarili della Casaleggio Associati, dall’altra ancora la coalizione con il di tutto di più di riciclati, reduci, lepenisti. E in mezzo Cappato, i Radicali, i loro referendum ed un programma di radicale liberalità che giornali e tv hanno mortificato, nella migliore delle ipotesi, in una menzione distratta a fondo articolo, ma per lo più respinto con svergognata indifferenza. E forse è proprio per questo che la follia radicale diventa contagiosa.

Ho raccolto firme in strada con i Radicali perché potessero presentare la lista; ho seguito le conferenze stampa, twittato, postato, scritto. Con i Radicali sono stata al Famedio per ricordare non la morte ma la vita di Enzo Tortora, la battaglia politica per la giustizia giusta combattuta fino all’ultimo con Pannella e i Radicali. Con i Radicali sono stata al gazebo di Cadorna, un pomeriggio: c’erano due notai con l’Associazione Luca Coscioni che autenticavano il testamento biologico, gratis. C’era la fila. Sono stata al gazebo di Cordusio, un altro pomeriggio: un neurologo del Besta insieme ad un coltivatore di cannabis industriale (quella priva di THC) davano dimostrazione pubblica di come la si possa assumere attarverso uno speciale vaporizzatore capace di selezionare il principio attivo, tra i tanti contenuti nell’erba terapeutica, più adatto allo specifico caso del paziente. Voi ne conoscevate i pregi? Io no.

Quando è morto Pannella ero a Roma, c’erano Radicali da tutt’Italia. Ho fatto la coda per la camera ardente alla Camera, fatto notte in Torre Argentina, applaudito Emma Bonino al funerale laico in piazza Navona. Roma, Milano: sono le città in cui i Radicali si sono presentati alle amministrative. Città diverse, con diverse priorità. Ma i fondamenti amministrativi sono comuni, comuni le regole e la loro arbitraria violazione, ed è a questo che servono i Radicali: loro non si limitano a denunciare, strillare, indignarsi. Loro le violazioni alle regole fanno in modo di correggerle, e ripristinare il Diritto. E spesso ci riescono. A Milano è stato così che il capolista di Radicali Lorenzo Lipparini ha potuto denunciare e far condannare Roberto Formigoni, il falsificatore di firme che oltretutto ha fatto pagare la difesa legale della sua personale illegalità ai contribuenti lombardi.

I Radicali sono contagiosi. Se li conosci li ami. Oppure li temi. Oppure entrambe le cose, quindi li eviti. E spesso è stato così anche per me. Con i Radicali si è Radicali, punto. Molto impegno, pochi sconti: se la causa è la democrazia, d’altronde, come fai a limitarti?
Stavolta ho ceduto e ne sono stata abbondantemente ripagata. La militanza radicale è l’esperienza politica più arricchente si possa augurare a chiunque abbia davvero amore e passione per la vita pubblica, istituzionale e comune.

Gioiosa, incessante, creativa, libera, radicale: auguro a Milano e Roma di riuscire ad essere dopo le elezioni un po’ come è stata per me questa campagna elettorale.

@kuliscioff

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