Milano
Quelli che il Coronavirus gli ha reso la vita più facile
Ci sono persone che vivono in quarantena antropologica permanente per scelta, indole, insofferenza alle consuetudini relazionali del nostro tempo. Da Facebook in poi amici sono tutti, evento è qualunque cosa anche di nessuna rilevanza, purché sia lì – scolpito nell’algoritmo.
A queste persone il Coronavirus non ha imposto nessuna limitazione, anzi ha reso la vita più facile.
Prima che il Covid19 imponesse misure da stato di guerra, queste persone di vocazione eremitica, per sopravvivere alla prevaricante turbo-relazionalità della vita moderna, dovevano nascondersi, accampare scuse, togliersi dai social pur di dribblare inviti e tag per l’ennesimo evento – dal convegno all’aperitivo, dalla cena all’inaugurazione di un’area cani.
Ora, grazie al Coronavirus, si trovano di botto al riparo da quella babele di sollecitazioni sociali continue, possono ritrovarsi con sé senza doversi ritrarre dagli altri, possono non doversi rinnovare ogni volta i motivi per non essere costretti a incontrare gente con cui scambiare sorrisi e amabili banalità, indossando la modalità “pensa positivo, mostrati pieno di progetti”, e via così.
A Milano, che di questa bulimia relazionale vive economicamente e prolifica antropologicamente, l’emergenza sanitaria ha creato un’astinenza da agenda – niente comple dal Robi, niente meeting con la Manu – che si vede palpabile in giro. Astinenza aggravata dalla legalizzazione dello Smart Working che in pochi giorni ha portato a sostituire con un semplice scambio mail, in alcuni casi una call, pletoriche riunioni in cui condividere informazioni e descrivere documenti che si dovranno successivamente girare in email. Non erano affatto necessari quegli incontri. Anche questa empirica evidenza la dobbiamo al Coronavirus.
Per l’eremita selettivo e razionale, questa quarantena sanitaria che sta riempendo di empatia inespressa le riserve dell’umanità contemporanea, mandandole in palla, ha invece un effetto ricostituente. L’unica preoccupazione è il dopo.
A emergenza superata seguirà un’overdose di iniziative pubbliche e socialità private che l’assenza, il rinvio, la cancellazione per #Coronavirus hanno investito di ulteriore gravitas. Tutti gli eventi perduti, una volta ritrovati, saranno ancora più imperdibili, ancora più difficili da scansare perché dopo lo scampato pericolo sarà una specie di dovere patriottico dimostrare tutti determinazione, coraggio, resilienza, voglia di rialzarsi e andare avanti senza paura, festeggiare, stare insieme, viaggiare nei weekend, fare tante cose e vedere tanta gente.
Sarà talmente necessario fare, e farlo vedere, che per l’eremita antropologico a quel punto sì che sarà difficile mettersi al riparo.
Ma forse la via d’uscita c’è. Passata l’emergenza, gli ospedali torneranno alla normalità e le mascherine non le cercherà più nessuno. Si potrà indossarne una, fotografarsi nella sala d’attesa di una struttura sanitaria (va bene anche il dentista) e condividersi così sui social – avendo solo cura di avvertire chi conta davvero nelle nostre vite che è solo per gustarsi ancora un po’ di desiderata asocialità.
@kuliscioff
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