Milano
Dove finisce milano – Milano, una città di residenti soli
“Dove finisce Milano” è un podcast originale di Jacopo Tondelli, prodotto dal Centro Martini nell’Università Bicocca, che ogni settimana vi arriva grazie alla voce di Federico Gilardi. Nella terza puntata, che potete ascoltare e leggere qui sotto, si parla di una tendenza sociale e demografica sempre più marcata: Milano è una città abitata da persone che vivono sole.
Nella scorsa puntata, intitolata “Carissima casa”, abbiamo parlato del costo dell’abitare a Milano, e abbiamo accennato a quali sono gli elementi che fanno di Milano una delle aree più vivaci e quindi care del paese, per quanto riguarda il mercato immobiliare. Tra i fattori più importanti per comprendere questa tendenza, a Milano e in tutto il mondo, ci sono le tendenze demografiche, statistiche e migratorie. È importante misurare quantitativamente la popolazione, capire come evolve negli anni, chi arriva, chi fa figli e quanti: chi insomma compra o affitta le case. Il prezzo degli immobili, infatti come per ogni bene di mercato, è tanto più alto quanto più gli immobili stessi risultano pochi, rispetto alla domanda. Prendiamo come periodo di riferimento gli ultimi cinqunt’anni circa: un tempo congruo per abbracciare un’evoluzione, per provare a leggere una traiettoria. All’inizio degli anni Settanta del secolo scorso, i residenti a Milano erano circa un milione milione e 743 mila. Da quel momento inizia una fase di “svuotamento” che dura fino all’inizio del nuovo secolo: nei primi anni Novanta i residenti sono un milione e 430 mila, circa 15 mila in più di quelli di oggi, e nel 2002 toccano la cifra più bassa dal 1946, con appena un milione e 247 mila residenti.
Da quel momento, i residenti ricominciano ad aumentare in maniera sostanzialmente costante: dopo il Covid c’è una lieve flessione, che viene raccontata come frutto di una “fuga dalla città”, mentre probabilmente dipende solo dalla mortalità sopra le media in eccesso causata dalla pandemia in una città. Le serie statistiche degli anni della pandemia mostrano un calo di diverse migliaia di unità tra gli over 70, cioè proprio tra le fasce anagrafiche più colpite dagli effetti letali della malattia, ma non appena la pandemia si attenua i milanesi nel complesso tornano ad aumentare fino a superare – sono i dati di adesso – il milione e 400 mila: come non accadeva, per l’appunto, dal 1990.
Guardando la storia con gli occhi di Dio, dall’alto, potremmo insomma pensare che l’elemento più importante è il perimetro generale: tanti eravamo nel 1990, e tanti siamo trentaquattro anni dopo. Tuttavia, per tenere nel nostro quadro un altro parametro fondamentale, dobbiamo provare a capire quante sono le unità abitative, le case disponibili, in questo periodo di tempo. I dati pubblici forniti dall’Agenzia delle Entrate, partono dal 2006. In quell’anno, dalle dichiarazioni dei redditi che riguardano le proprietà immobiliari di Milano, risultavano circa 750 mila unità immobiliari residenziali, mentre nel 2022 ne risultano 820 mila. Siamo di fronte a un aumento delle case disponibili di circa il 10%, mentre nello stesso periodo la popolazione residente cresce da un milione e 300 mila a un milione e 400 mila abbondante. Un aumento sostanzialmente analogo e anzi lievemente più contenuto, in termini percentuali. Quindi, proprio in uno dei periodi di massima crescita dei valori immobiliari, le proporzioni tra residenti e case disponibili sembrano non variare. Il dato parrebbe così contraddire i fondamenti della legge della domanda e dell’offerta, ma questo è vero solo a una sguardo superficiale, perché non considera un elemento decisivo, una tendenza socio-demografica che diventa immediatamente un fattore di mercato: il numero di persone che vivono da sole.
Il costante aumento dell’incidenza statistica di persone che vivono e risiedono sole, è evidentemente un acceleratore del processo di scarsità di abitazioni. Non sappiamo esattamente quanti restano per varia ragione soli, sole, continuando a vivere dove abitavano prima; quanti invece arrivano per stare soli e tali restano in un tempo più o meno lungo; quanti si trovano soli, o decidono di “singlezzarsi”, e devono trovare una nuova casa. Tuttavia, abbiamo una certezza: quante più persone risiedono da sole, tanto meno la crescita demografica assoluta diventa rilevante per la pressione sui prezzi dell’immobiliare. Perché, evidentemente, le case disponibili sono meno, quanto più sono occupate da singoli.
Certo è che i numeri sono impressionanti: nel 1990 le famiglie “senza nucleo” – così la scienza statistica definisce i single di ogni tipo e natura – erano il 32% del totale, delle famiglie milanesi. Dieci anni dopo sono il 37,3%, mentre nel 2011 sono il 44,7%. Nel 2021 arrivano al 47%, e inizio a 2024 costituiscono addirittura uno sbalorditivo 56,7%. Circa 440 mila persona risultano residenti soli, che significa che la maggioranza delle unità abitative di Milano sono appunto abitate da una persona sola, in un contesto di costante aumento della pressione demografica e abitativa su una città finita, per definizione.
È una fotografia che viene sempre ignorata nell’album di famiglia della città, eppure è molto importante per capire cosa stiamo diventando, e per ragionare su come progettare la città di domani, e una società giusta e inclusiva. Del resto, tra quanti sono costantemente ignorati, eppure sono fondamentali alla comprensione di ciò che succede, ci sono molti soggetti sociali: gli abitanti non residenti, come gli studenti, gli stranieri, i pendolari che fanno la città, e molti altri umani che costruiscono Milano. Un po’ alla volta, li incontreremo tutti e tutte.
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