Milano
Per andare avanti c’è chi deve fare un passo indietro
Fanno bene, anzi fanno benissimo. Desiderano che Milano vada avanti. (Milano, andiamo avanti)
Che non si fermi a leccarsi le ferite dopo delle primarie fratricide a cui hanno creduto senza veramente crederci mai.
Parlo delle primarie del Pd in cui tutti hanno fatto a gara per non sembrare veramente del Pd.
Ci hanno creduto perché pensavano di poter sostituire un sogno, da cui erano stati sonoramente svegliati ( Pisapia) con un’illusione che non gli ha fatto neanche prendere sonno ( Balzani), lasciandoli con un pugno di mosche in mano.
E allora è giusto andare avanti, non fermarsi.
Più la discesa è ripida meno si deve frenare.
Ma se si vuole andare avanti, senza andare nel fosso nero della destra becera, bisogna avere il coraggio di tornare anche indietro. Giusto un veloce rewind per ripercorrere il percorso fatto e trovare l’errore.
Non per piangerci sopra, non serve, ma per evitare di rifarlo di nuovo. ( Pavese aveva torto, è possibile non risbagliare)
E nel nostro caso bisogna andare all’inizio della storia, o quasi. A quel febbraio o marzo 2011 quando nacque la lista Civica che venne chiamata Arancione.
Allora si pensò che per governare ci volessero i politici e i partiti di sempre.
Si pensò che l’entusiasmo, le competenze diffuse, le conoscenze capillari del territorio, delle storie, delle aspettative di una città non fossero importanti.
Vi si rinunciò, con la presunzione di poterne fare a meno.
E questo errore, che ci fece ricadere nel solito tran tran della politica dei salotti, gli inguaribili romantici se lo sono continuamente nascosto. L’hanno negato a se stessi prima di continuare a nasconderlo agli altri.
Poi, un bel giorno, la doccia fredda. Dimissioni, Candidatura, contro-candidatura, contro-contro-candidatura, vittoria-di-pirro e la grande-paura-di-perdere.
E in un battibaleno siamo ad oggi, orfani di gran parte di quelli che non solo ci hanno fatto vincere, colmando l’ultimo miglio che ci era sempre mancato, ma ci hanno fatto vincere con la freschezza, l’allegria, la speranza che sono indispensabili per credere di poter migliorare.
Sono tutti coloro che non si identificano in un partito, non fanno politica né per hobby né per professione. Non chiedono posti, favori, facilitazioni perché sanno che è dall’innovazione e dalla crescita condivisa che riceveranno la loro ricompensa.
Come riconquistare la loro fiducia?
Facendo un passo indietro. Ma questa volta non nel tempo ma nei fatti.
Riconoscendo di aver sbagliato, un gesto che politicamente vale più di qualsiasi proclama, riconsegnando la città a coloro che l’hanno conquistata cinque anni fa.
A coloro che non raccontano favole perché vivono quotidianamente la realtà delle strade, dei quartieri, dei condomini di questa città.
Chiunque ci abbia guidato fino ad oggi, se veramente vuole il bene comune, deve avere il coraggio di farsi da parte. ù
Di diventare lui supporter e promotore, volantinatore, strillone di chi può riprendere per i capelli la situazione.
I ruoli si devono assolutamente invertire.
Perché chi si è scottato con l’acqua calda ha paura anche di quella fredda.
E non si fida di chi è artefice di questa situazione.
E allora basta con questa ricerca del capolista di grido.
Torniamo nei quartieri e cerchiamo chi li rappresenta veramente, chi si è battuto per il bene della collettività e da questa ne è riconosciuto.
Incominciamo a trovare nove eccellenze per nove zone, aggiungiamoci chi si è speso per i diritti di tutti e chi per quelli di pochi, chi ha speso tempo e risorse per gli altri e chi ha già dimostrato il suo valore. Sul campo, in trincea, nelle retrovia della quotidianità.
Costruiamo una lista di Pari, riconosciuti e stimati per le loro battaglie, per la loro coerenza, per la difesa di quei valori di cui andiamo ancora fieri.
Non si tratta di fare come i Grillini che pescano nell’ignoranza e nella protesta se non addirittura nell’antagonismo pessimistico e forcaiolo degli incapaci.
Tutt’altro. Si tratta di far governare questa città a chi ha dimostrato di credere in un sogno e di saperlo realizzare.
Pur essendo di sinistra. Anzi, proprio perché è di sinistra.
Torniamo dove eravamo rimasti. E ricominciamo da cinque anni comunque positivi facendo quello che non ci avevano permesso di fare.
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