Governo

Nardella benedice la vocazione baccanale

11 Dicembre 2015

Più chiaro di così si muore.

Il Sindaco di Firenze Dario Nardella, di certo non un esponente della minoranza PD, di certo non rientrante nella categoria dei “gufi”, sintetizza in questa intervista ciò che sta accadendo da tempo: annientare le differenze tra diverse culture politiche (destra e sinistra) e rimarcare che il futuro è nel Partito della Nazione: un’orgia di esponenti di storia berlusconiana, transfughi, folgorati sulla via di Damasco Leopoldina.

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Tutti assieme a quel del PD dove effettivamente – ormai – non esiste (più) una cultura di sinistra.

La tendenza è chiara, limpida e segue quello che è il falso appello dei Sindaci Pisapia, Zedda e Doria, dove si incita a non disperdere questa (santa) alleanza, provando ad essere (all’interno) forza alternativa, ma nei fatti si presentano supini e servizievoli.

Accade che la mattina sono contro le politiche del governo di Matteo Renzi e di sera scrivono un appello per starci insieme (come cantava Mina: ” ti odio poi ti amo poi ti amo, poi ti odio, poi ti amo, non lasciarmi mai più sei grande, grande, grande come te sei grande solamente tu…”).

Una ambiguità di fondo (anche) appartenente a quei Sindaci che in crisi di governo hanno minacciato di lasciare l’incarico (chiedendo l’azzeramento della dirigenza locale del partito democratico), ma nei fatti continuano a camminare allegramente, tra baci e abbracci (della serie “tarallucci e vino”). (2)

La sintesi è lapalissiana: quell’appello è farlocco (mio modestissimo parere). Rispettabile ma non accettabile. (1)

Da elettore di Sinistra, da “elefante in cristalleria”, dico che non si può far tornare indietro le lancette dell’orologio, tralasciando o dimenticando le direttive di questo governo. Ad esempio: cosa pensa il partito dei sindaci sul Jobs Act? sullo Sblocca Italia? sulla riforma costituzionale? Personalmente non ho letto nulla di tutto ciò in quelle 570 parole di appello.

Cari sindaci, siate conseguenti (di appelli ve ne sono abbastanza): se si vuole essere autonomi, non ci si allea. O, semplicemente, non si può (a seconda dei casi) dire che oggi va bene la riflessione della mattina e domani va bene quella della sera. O meglio , non si usi il bilancino della decisione secondo precisi e conclamati interessi (solo a me è così evidente che Pisapia si sta giocando una leadership nazionale?).

Personalmente vorrei percorrere la strada del cambiamento con una linea politica precisa e un progetto di governo da scrivere insieme (3).

Non essere contaminato da quel Partito della Nazione (come auspicato da Nardella) dove ci sono già le impronte (e molto marcate) dei passi di Denis Verdini, di Alfano o di Lupi, di Formigoni.

Non voglio essere complice di questa distruzione dove risulta evidente che le ragioni di questa spericolata inversione vanno ricercate sul piano della politica. Dove allearsi significa abbracciarsi con quel partito a vocazione baccanale, un partito fondato sugli interessi del ceto politico, su quelli della casta e della sua autotutela.

Penso che questo si “doveva scrivere” nell’appello: rimarcare quella diversità e estraneità da questi o quei interessi dove, alla fine, si gioca con grande colpevole leggerezza con l’asticella della legalità, della cultura, della storia e dei valori: si comincia chiudendo un occhio, poi tutti e due e alla fine ci si ritrova palude.

Personalmente non vale il detto: “Volemose Bene”. Vale la coerenza.

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