Milano

Multare i clienti delle prostitute: tocca a Roma (20 anni in ritardo su Milano)

9 Febbraio 2015

Pensate, era il 1996 e il consiglio comunale di Milano, guidato dal leghista Marco Formentini, sindaco di una Lega allora di governo, votò a favore della proposta del consigliere An, Riccardo De Corato, con cui la nostra cara città dichiarava guerra ai clienti delle prostitute. Nell’idea luminosa del proponente, a cui il sindaco diede nobile sponda, era compreso anche il disfacimento immediato di una certa serie di matrimoni, dovendo, il malcapitato messo comunale, recapitare la multa a casa dell’interessato (puttaniere) a cui la moglie, per cena, avrebbe fatto trovare il migliore dei suoi minestroni. Già allora evidenti motivi di privacy, nebulosità del reato (sosta vietata?) e ancora una città a cui rimaneva un’unghia di ironia e di consapevolezza, fecero naufragare quella bella pensata. Che ora, con una ventina d’anni di ritardo sulla produttiva “capitale morale” e nel segno di una competizione molto a scoppio ritardato, il sindaco di Roma ha deciso di riproporre per la gioia della cittadinanza capitolina

Inutile dire e ripetere che trattasi – appunto – di puttanata cosmica, a cui il Garante della Privacy, Antonello Soro, ha già voluto offrire decorosa sepoltura: «Una gogna che che a mio parere si ispira – e non aggiungo altro perché non rientra nelle mie competenze – più a un’esigenza di natura morale che a ragioni di reale prevenzione». Il Garante non si è fermato qui, naturalmente, entrando a piedi giunti sulla tecnicalità di una questione così delicata: «A normativa vigente la notifica delle sanzioni, anche quelle amministrative, deve avvenire con modalità tali da garantire la riservatezza del destinatario, non deve rendere evidente la violazione commessa». Esattamente il contrario di quanto avrebbe immaginato il sindaco Marino nella parte del dottor Stranamore, secondo cui alla voce “causale” andrebbe specificato: «Scambio di amorosi sensi con lucciola da strada».

Nulla si è mai fatto per rendere la prostituzione più accettabile in termini di organizzazione sociale, né sul piano della sicurezza sanitaria né tanto meno su quello della sicurezza cittadina. E ora si vorrebbe attribuire al cliente anche la responsabilità morale di un fenomeno sociale che data qualche secolo e che è impensabile risolvere attraverso un verbale di polizia urbana. Lo stato italiano è latitante, da sempre. Non parliamo poi di quella favola bella delle tasse da pagare, perché non è neppure sullo sfondo, semplicemente non esiste. Altri Paesi hanno risolto la questione della prostituzione innanzitutto con una presa di coscienza definitiva: la prostituzione c’è e non si abbatte. È un fenomeno dal radicamento sociale così vasto, così esteso e soprattutto così condiviso che non è neppure immaginabile l’idea di farla sparire con un colpo di bacchetta magica. Semmai è da considerare un «valore», e non vi suoni offensiva la parola perché è proprio attraverso una regolamentazione economica, fiscale e sanitaria che si può limitare in modo sensibile lo sfruttamento più bieco da parte dei mercanti senza scrupoli.

In Italia, il destino di chi vorrebbe impegnarsi a cambiare qualcosa è inevitabilmente segnato. Chi prova a smuovere lo stagno della prostituzione, chi cerca soluzioni (che per forza di cose non possono essere definitive) sa che incontrerà un muro. Non è tanto il muro della diffidenza rispetto a un argomento che ha comunque il sesso sullo sfondo, è piuttosto un muro di cemento a presa rapida impastoiato nel moralismo. La sola idea che la prostituzione possa avere dei contorni più definiti, magari inquadrata in un certo ordine sociale, in qualche modo più “tranquillizzante” per tutti, agita i sonni di chi ha passato la sua vita a considerarla come un flagello a cui nessuno potrà mai mettere rimedio. Adesso a Roma si parla di «zoning» e il quartiere interessato è quello dell’Eur, dove giustamente i cittadini lamentano un degrado insopportabile della convivenza civile. L’idea del comune, leggermente più avveduta della multa ai clienti, sarebbe quella di spostare il fenomeno in alcune vie ben identificate, in modo da circoscriverne il fenomeno. Ma sarà utile rendersi conto da subito che non è sufficiente creare un allegro villaggetto notturno, spostando le signorine da qui a lì, perché le cose nel quartiere possano marciare. Altre esperienze raccontano che è l’intero tessuto sociale che va sensibilizzato, è un lungo lavoro preventivo dove i migliori operatori sociali parlano con tutte le forze in campo per arrivare poi, sperabilmente, a una sintesi alta comprendendola sotto la voce «decoro».

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