Milano

Mozart e L’Orchestra Verdi salvano il fragile Amadeus di Barbareschi

28 Ottobre 2016

 Per fortuna alla fine c’è il Requiem con l’Orchestra e il Coro della Verdi. Per fortuna prima c’era stato l’overture delle nozze di Figaro, Il Don Giovanni, l’adagio della Serenata  K 361. Per fortuna c’è  Mozart e la sua musica, suonata come sempre con maestria dall’Orchestra Verdi e da John Axelrod alla direzione.

Tutto quanto sta nel mezzo, invece, e spesso anche prima e dopo, è il frutto del lavoro di Luca Barbareschi. Tratto dal testo di Peter Shaffer, da cui poi il film di Milos Forman, la rappresentazione scenica di Amadeus ( all’Auditorium di Largo Mahler a Milano Giovedi 27 Venerdi 28 alle 20 e Domenica 30 Ottobre alle 16) cerca di decrittare da un punto di vista psicologico il rapporto tra Salieri e Mozart. Il vissuto profondo dell’uno verso l’altro. Un tentativo di scandagliare l’animo di entrambi, e di rappresentare il Salieri vecchio e poi quello giovane, con un Barbareschi che sul palco si sdoppia: ora Salieri giovane, ora Salieri vecchio, ora Mozart stesso che parla di sé  in prima e poi  terza persona. Insomma, psicoanaliticamente parlando, un delirio di onnipotenza. La cosa peggiore, sia detto con il rispetto di chi si cimenta con imprese diverse da quelle dei fratelli Vanzina al cinema, è  la resa scenica. Un Salieri-Barbareschi a tratti confuso, con una vocalità che tende al borbottio- vaneggiante che però non riconosce mai il pathos di un uomo anziano ferito o geloso; non restituisce mai emozione. A tratti ci sono anche cadute volgari che, per salvaguardare il rispetto che si deve a chi fa teatro, potremmo definire boccaccesche.  Pur tuttavia declinare la personalità di Mozart con il gioco della stecca da biliardo tra le gambe per tratteggiare la vanità del giovane ed esuberante amante (interpretato da Francesco Bonomo), pare cosa fine a sé stessa: è  decontestualizzata da una reale descrizione inconscia dei motivi della vanagloriosa fragilità del compositore di Salisburgo. Una resa poco teatrale e più da Drive-in anni ’80.

In questo senso Daiana Roncione, che interpreta la moglie di Mozart, è stretta in un dualismo interpretativo, che oscilla  tra l’ineluttabile e macchiettistico ruolo della ragazza coccode’ (“Brutte gambe io”? dice rivolta al marito, e poi ovviamente vai di esibizione completa con tanto di guepiere, davanti al pubblico in stile Mouline Rouge) fino al più toccante momento della dipartita del compagno tra le sue braccia. L’unico istante in cui più sincera e autentica è l’interpretazione  della disperazione dell’amata che perde il compagno.

Barbareschi non convince inoltre, nell’interpretazione di Salieri, perché per tutto il tempo della sua presenza scenica legge il copione, sempre tra le sue mani. Trasformando il tutto in una specie di colorato reading che non restituisce l’emotivita’ danzante dei sentimenti. Infine anche la rottura scenica con il coinvolgimento del pubblico in un moderno quiz show in stile preserale di Rai Uno  non fa onore ad una piazza, quella milanese, che ha appena salutato uno dei più  grandi di sempre nel restituire emozioni al pubblico attraverso il teatro, nel fare teatro: Dario Fo.

Insomma lo spettacolo è  debole, la resa scenica imbarazzante, l’opzione di tradurlo in modo provocatoriamente moderno, una scelta infelice. Quindi sarà sicuramente un successo. Ieri sera i presenti si sono spellati le mani nell’applaudire Barbareschi quando è tornato in scena alla fine del Requiem.

Contenti loro.

 

 

Questo il repertorio di Mozart che viene suonato

 Mozart Sinfonia n° 25 KV 183, I mvt (allegro con brio) (Video sopra)

 

Mozart Serenata per 13 strumenti KV 361, III mvt (adagio)

Mozart Martern aller arten (soprano) da Il ratto del serraglio

Mozart Concerto per pianoforte n. 23 KV 488, II mvt (adagio) (al pianoforte il Direttore John Axelrod)

Mozart Le nozze di Figaro KV 492, Ouverture

Mozart Don Giovanni KV 527, Ouverture

Mozart Requiem KV 626 (fino a n. 8 Lacrimosa)

 

 

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