Giustizia

Milano, Tinder city: tra droga e prostituzione le app sbarcano in Tribunale

7 Marzo 2024

MILANO – Tra le storie in cui ci siamo imbattuti, in queste settimane, seguendo le udienze dei procedimenti per “direttissima”, ce n’è una che ci ha particolarmente colpito.

La vicenda è questa: un uomo italiano, nato nel 1988, veniva arrestato a seguito di una perquisizione domiciliare in un appartamento del centro di Milano, dove veniva sorpreso con alcuni astucci contenenti tracce di metanfetamina. Licenza superiore, anni di esperienza come cameriere, disoccupato. Per guadagnarsi da vivere, l’uomo si prostituiva su Grindr – nota app di incontri popolare nella comunità LGBTQ+ e non solo. E durante uno di questi incontri, appunto, l’uomo (che al momento dell’arresto si trovava con una coppia di uomini non comparsi in aula), veniva sorpreso con della metanfetamina sul tavolo del soggiorno.

Chiamata a difenderlo, l’avvocato insisteva: “le sostanze con cui è stato trovato il mio assistito sono per uso personale. Il mio assistito ha più volte ammesso di fare uso, ogni tanto, di metanfetamine, per riuscire a fare la vita che fa. A volte capita che nell’arco di una giornata si trovi a prostituirsi per più incontri di fila. In queste circostanze, e in maniera sostanzialmente funzionale ai rapporti sessuali che deve intrattenere, il mio assistito fa uso di metanfetamine.”. Il giudice fissava l’udienza successiva, l’arrestato veniva rilasciato con l’obbligo di firma, la mattinata di “direttissime” giungeva al termine e la vicenda – per il momento – finiva qui.

Al momento di lasciare l’aula, l’avvocato salutandoci gentilmente commentava: “Di storie del genere, in Tribunale, ne vediamo sempre di più!

Che il Tribunale di Milano rappresentasse la cartina al tornasole delle evoluzioni della città, ce lo aveva spiegato l’avv. Antonella Calcaterra nella sua intervista a proposito di difesa d’ufficio e diritto alla difesa; ci siamo accorti che, anche per quanto riguarda temi più sociali che di diritto, è proprio così.

Era l’11 dicembre 2023 quando Tinder, dating app tra le più famose al mondo nonché la più diffusa in Italia (secondo un sondaggio di time2play, il 67% degli italiani che utilizza almeno un’app di questo tipo usa Tinder, seguita a ruota da Bumble e Hinge) pubblicava il report “Year in Swipe” che incoronava Milano come “città top” per gli incontri online, seguita da Roma e Firenze.

La tendenza veniva confermata a stretto giro dagli analisti di Morgan Stanley, che riportavano come a seguito delle perdite che avevano colpito il mondo delle app di incontri nel 2022 con la fine della pandemia (momento in cui il fenomeno del dating online era esploso su scala mondiale), i ricavi delle app di dating sarebbero destinati a crescere di più del 70% entro il 2030, raggiungendo in Europa di ricavi da 1,62 miliardi di dollari entro il 2027 – con picchi di utilizzo in città quali Parigi, Londra, Copenaghen, Milano e Barcellona.

Tutto ciò, evidentemente, con i conseguenti rischi e benefici per la società: a fronte di una consolidata percentuale di utenti (stando allo studio, si tratterebbe di una maggioranza del 70% – con ottimi numeri tra i 43 e i 58 anni) che si dichiara soddisfatta della propria relazione “sentimentale e stabile” nata grazie a un’app di incontri, l’analisi riportava come la diffusione del dating online sarebbe correlato a una maggiore incidenza di una serie di disturbi di natura psichica e psicologica soprattutto tra le nuove generazioni, più esposte rispetto agli adulti ai rischi di una possibile “brutta esperienza”.

“Dalla diffusione a macchia d’olio del dating online, deriva un fenomeno di cui si parla ancora poco, e che da mesi cominciamo a vedere nelle aule del Tribunale: quello dell’utilizzo delle app di incontri come canale per portare avanti finalità che poco o nulla hanno a che fare con il dating, come ad esempio la prostituzione (fenomeno che, ricordiamocelo, in Italia non è reato – e che dalla scorsa settimana è al centro dell’agenda del Consiglio d’Europa dedicata alla tutela dei diritti umani dei c.d. “sex workers” in quanto soggetti tra i più esposti a violazioni di diritti umani e della dignità personale, anche online),  il lavoro saltuario e/o occasionale o il traffico di stupefacenti” ci spiega l’avv. Ivana Maffei, penalista con esperienza in materia di reati di stalking, applicazione del “codice rosso” e reati minorili che, negli ultimi tempi, si è trovata a specializzarsi nella difesa di individui coinvolti in vicende legali che riguardino, più o meno direttamente, l’utilizzo di dating app. “E’ una conseguenza diretta della disoccupazione: il lavoro manca, gli stipendi sono bassi e il costo della vita è altissimo. Così, anche le app di incontri diventano uno strumento utile per lavorare, e guadagnarsi da vivere” continua l’avvocato.

“Un aspetto particolarmente interessante? Il fatto che si tratti di un fenomeno diffuso, esclusivamente, tra soggetti italiani. A oggi, non ho mai visto uno straniero chiamato in Tribunale a rispondere di questioni legali che riguardassero in qualche modo l’utilizzo delle app di incontri. Al contrario, in genere si tratta di milanesi, o residenti a Milano, indifferentemente uomini o donne – forse, gli uomini sono un po’ di più – e di età compresa tra i 30 e i 40 anni. Sono persone spesso single, o comunque senza famiglia a carico, con una situazione lavorativa precaria. E’ da queste circostanze che nasce la scelta di iscriversi a Tinder, Grindr o altri canali per provare a guadagnare qualcosa in più, mantenendo all’occorrenza una sorta di “vita parallela” e passando quanto più inosservati possibile” . E questo dal momento che le app di incontri rappresentano, a Milano come in sempre più realtà, un fenomeno a tutti gli effetti legale, popolarissimo, e completamente sdoganato dalla maggioranza.

Fenomeno che – come molti altri aspetti del quotidiano – conseguentemente alla sua sempre maggiore popolarità, ha ora raggiunto le aule del Tribunale. Insieme alle conclusioni che, per il momento, possiamo tirare in merito.

“Dal punto di vista del diritto penale, in realtà, le dating app non rappresentano nulla di così complesso, nè pongono particolari problemi. Questo perché, di fatto, non sono altro che un canale nuovo attraverso il quale proiettare vecchie dinamiche sociali – e, di conseguenza, “vecchie” fattispecie di reato. Il problema che queste app pongono, anche dal punto di vista delle loro conseguenze sul piano giuridico, secondo me è un altro. A mio parere, infatti, il vero problema di questi strumenti riguarda la tutela degli utilizzatori di queste app – quale che sia il loro utilizzo – nei confronti, più che degli altri utenti, dei responsabili della gestione delle stesse app.”

Continua l’avvocato: “Nonostante i recenti sforzi, (è di fine gennaio la notizia della sanzione di 200mila euro emanata dal Garante privacy verso un noto sito di incontri online da qualche anno in voga nel nostro paese), infatti, è evidente che in Italia e in Europa non ci siano ancora delle regole efficaci per rendere chiaro e trasparente l’utilizzo di questi social network per la collettività, e sono troppo poche le garanzie e le tutele che, al momento, i colossi del dating online mettono a disposizione dei loro utenti – che, tuttavia, sono sempre di più. E questo riguarda tutti gli ambiti: dalla protezione dei dati personali alla tutela dei lavoratori, dalla lotta al razzismo e ai discorsi d’odio al contrasto alla violenza sulle donne, dalla tutela della privacy alla protezione dei minori. Si tratta di problematiche molto complesse, e ancora irrisolte in molti dei loro aspetti – aspetti che, inevitabilmente, si sono riversati sui social – e, di conseguenza, sempre di più nelle aule dei nostri tribunali. E mentre il diritto, pian piano, si adegua, quello che è chiaro fin da subito è che le società che gestiscono queste app devono prendersi le proprie responsabilità, e non possono più stare solo a guardare”.

Queste parole, Maffei le pronunciava pochi giorni dopo l’apertura del procedimento di inchiesta formale a causa delle presunte violazioni commesse da X, l’ex Twitter di Elon Musk, a carico dei propri utenti. Una questione destinata a rimanere sul tavolo di governi e opinione pubblica per un bel pezzo.

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