Calcio

Milan-Catanzaro, spareggio per la B: 70mila a San Siro! Ora lo stadio fighetto

9 Luglio 2015

Con una buona ora di vantaggio sull’inizio della partita, il 15 maggio del ’77 una massa enorme di tifosi rossoneri aveva già riempito San Siro come per una finale di Coppa Campioni. Il Milan si giocava praticamente lo spareggio retrocessione contro il Catanzaro su cui aveva due punti di vantaggio: ventitré a ventuno. Quella stagione il Milan non finì in B, lo avrebbe fatto con una certa regolarità negli anni successivi, ma quella partita rimane scolpita nella storia milanista come massima forma di attaccamento ai colori. Settantamila cuori rossoneri battevano per un solo obiettivo: spezzare le reni ai calabresi! Se non proprio spezzate, s’incrinarono almeno un po’, quel che fu necessario per chiudere faticosamente sul 3-2 e tenere la vergogna fuori dall’uscio.

Quel tempo epico, anche nelle disgrazie, non tornerà ovviamente più, quel ritrovarsi nella sofferenza, come a riaggiudicare un primato che è sempre stato vanto e orgoglio del popolo cacciavite, rispetto ai bauscioni nerazzurri, equazione democratica che solo l’arrivo di un bauscia per definizione com’era Silvio Berlusconi riuscì matematicamente a ribaltare, distribuendo anche ai più diffidenti di noi una boria planetaria da eccesso di vittorie. Una stagione che naturalmente è passata, che è già storia, talmente storia che la decisione del patròn di vendere la società ci sembrava il riconoscimento più dignitoso e orgoglioso a un’avventura senza precedenti, che ha consegnato il Cav. davvero alla storia del mondo (calcistico). E noi con lui (amandolo o meno politicamente).

Poi si sono messe di mezzo quelle motozappe umane di Barbara e Galliani a confondergli le idee, non avendo altro mestiere che badare a casa Milan e dunque orfani a vita in caso di felice risoluzione con Mr. Bee. E per questo gli hanno fatto una testa così, evocando ora affetti ora l’immagine che poi è tutto in casa Berlusconi. Anche il povero vecchio si è reso conto che, vendendo, nessuno lo avrebbe più ricordato se non per la gloriosa epopea puttaniera, una frode fiscale da cui la prima condanna definitiva, e adesso pure i tre anni per la compravendita di deputati (con i due milioncini a De Gregorio oggi all’estero si potrebbe pagare l’ingaggio a un parametro zero). Così si è inventato il 48% e Mr. Bee gli è venuto dietro (anche se non ha ancora cacciato i 500).

Adesso c’è la storia dello stadio di proprietà, altra superpatacca parasentimentale confezionata dalla piccola Barbara, la quale in questo modo si garantisce l’onesto lavoro di capocantiere però con stipendio da amministratore delegato. L’abbandono di San Siro non ha motivazione alcuna, né i dirigenti rossoneri hanno avuto il coraggio di inventarsene una. Vale il sogno di uno stadio di proprietà, quello che semmai l’eretico e visionario presidente avrebbe dovuto costruire venticinque anni fa, consolidando un marchio e la relativa economia. Pensate un «MilanStadium» dei suoi migliori anni, ora sarebbe già monumento del Fai. Invece scimmiottiamo i fighetti della Juventus, veniamo ampiamente dopo i gobbi e questa è già di per sé un’offesa. Ma il sintomo più evidente di un’impotenza galoppante è la capienza, una vaschettina da bagno che dovrebbe arrossire di vergogna al solo ricordo dei settantamila di Milan-Catanzaro: 48.000 posti! Forza, adesso raccontatevi la favoletta che tutti i migliori inglesi hanno quei numeri, senza ammettere che la storia di un club – e quindi anche del «suo» stadio – è prima di tutto un fatto di cultura. Due passi al Camp Nou ve lo illustreranno in modo più dignitoso. Ecco, il Milan ha dominato il mondo ma in quegli anni straordinari non ha fatto cultura (basti pensare all’addio di uno dei suoi grandi campioni, Paolo Maldini). E adesso pretenderebbe di (ri)guadagnarla in sol colpo con uno stadio da fighetti.

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