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L’Integrale finalmente dal vivo fra pane e cultura
L’Integrale è una rivista “di pane e cultura”. È partita a novembre con il primo numero, mentre tutti erano ancora concentrati a impastare fra una zona rossa e l’altra; ne è uscito un altro a febbraio e ora, con il terzo, è finalmente tempo di uscire e girare Milano con presentazioni dal vivo.
Stasera la seconda presentazione, presso la Spazio Longoni, prevede anche assaggi di pane.
La prima “uscita pubblica” era stata il 9 giugno, organizzata dalla libreria Verso in collaborazione con Combo Milano che aveva offerto il suo giardino fresco per parlare, appunto, di pane e cultura.
Pane e cultura perché il pane è in tutte le culture, in mille forme diverse; perché a partire dal pane si possono raccontare storie e fare cultura; e perché c’è una cultura del pane da raccontare.
L’Integrale, diretto da Diletta Sereni, esce tre volte all’anno, è solo cartaceo, curato nei minimi dettagli, con l’aspirazione, fin dal primo numero (numero 1 e non 0, spiega l’illustratore e art director Gianluca Cannizzo: 0 è una prova, 1 funziona), a diventare un classico, un oggetto da collezione. A scriverci, più che esperti di gastronomia ci sono esperti narratori. Di ricette ce n’è una per numero, ci sono invece molte storie e molta cura, attenzione, minuzia, dal lavoro grafico a quello redazionale.
Durante la presentazione organizzata da Verso, ognuno, eventualmente anche il pubblico, raccontava la propria esperienza con il pane, il proprio ricordo, l’immaginario a cui questa parola lo riporta. Davide Longoni, editore della rivista e soprattutto panificatore, racconta di come lui il pane l’avesse fuggito in quanto figlio di fornai; e di come il pane l’abbia poi richiamato a sé come un Colombre.
Fra le pagine di Integrale si racconta di pani di guerra, di forni nuovi di zecca distrutti nell’alluvione di Firenze, di sardenaire, di challah ebraiche e di Shabbat, di ostie e dell’incendio di Londra che prese avvio proprio da un forno.
Si riporta la memoria, vissuta o ereditata, ai forni condivisi in cui il pane si faceva in comunità e poi ognuno si portava a casa la propria parte e a quelli in val Maira dove si faceva il pane per portarlo ai partigiani.
Ogni numero ha un titolo o una parola chiave: c’è stato “Attenti al pane”, poi “Contronatura” e ora il terzo è dedicato al Fuoco ed è bello notare che il pane è la sintesi dei quattro elementi, prima la terra poi l’acqua, poi l’aria e infine il fuoco della cottura.
Sempre il cibo ha avuto bisogno di essere pensato prima che mangiato: riti ne hanno accompagnano tutte le fasi, miti si sono formati intorno alla caccia e all’agricoltura, il cibo stesso è simbolo, come dimostrano a messa l’ostia che rappresenta il corpo di cristo e a Purim il pane azimo che riporta all’Esodo. Così pane mangiato e raccontato si fanno eco a vicenda diventando, come suggerisce l’editore della rivista, “amplificatori di mondi”.
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