Milano

Letizia Moratti e la politica allo stato gassoso

7 Novembre 2022

“Loro mi dicevano
Di stare zitto e buono
Loro mi dicevano
Tranquillo e cambia tono
Loro mi dicevano
Di non parlare con la bocca piena
E camminare dritto bene, eretto con la schiena
Di non andare fuori tema e seguire lo schema
Oppure andare a letto senza cena
Di non creare un problema che non ne vale la pena
Di essere grato di essere nato nel lato del mondo
Che in fondo in fondo è perfetto
Perfetto, perfetto, perfetto come te
Letizia”

(Articolo 31 – Domani smetto, 2002)

Letizia Maria Brichetto Arnaboldi vedova Moratti è stata fino alla settimana scorsa una delle più importanti e durature figure di tecnico prestato alla politica (e mai restituito) del centrodestra. Con il centrodestra la nostra, elegante e misurata esponente dell’alta borghesia del triangolo industriale, ha ricoperto un po’ tutti gli incarichi. È stata Presidente della RAI a perdere del primo governo Berlusconi, poi ministro dell’Istruzione e poi ancora Sindaco di Milano fino al 2011. È con tutta evidenza rimasta a disposizione se nel 2021, dopo una parentesi da banchiera, ha accettato di sostituire l’immenso Giulio Gallera come assessore al Welfare e di fare anche il Vicepresidente della Regione Lombardia di Attilio Fontana. Oltre alla politica, Letizia Moratti ha condiviso con il defunto marito Gianmarco (lato concreto e serioso dei figli del grande Angelo, io preferisco Massimo) la passione per San Patrignano, di cui è maggior donatore di sempre. Anche Sanpa, sulle cui vicende è stato realizzato un documentario Netflix che il Senatore Calenda potrà compulsare per informarsi, è un coerente baluardo di quella cultura conservatrice che la nostra ha sempre con grande coerenza incarnato, sostenuto, resa politica e amministrazione.

Fino al 2 novembre u.s., giorno in cui, le malelingue dicono per promesse da marinaio su una candidatura alla Presidenza post Fontana sfumata, la nostra lascia tutto e dichiara pubblicamente che la sua casa per vent’anni è un letamaio e che bisogna guardare ai riformisti, dei quali lei ha sempre fatto parte. I riformisti che passa il convento, sempre ansiosi di trovare un pretesto per attaccar briga, pronti la candidano alla presidenza della Regione. E qui, grazie all’abilità tutta italica e del centrosinistra di complicare le cose semplici, parte la fantapolitica. Qualche genio, fiancheggiato pesantemente da La Repubblica, inizia a dire che la Moratti non è l’ennesimo caso di politica circolare (versione meno virtuosa dell’economia circolare), ma una grande risorsa per i progressisti, concetto risibile per chiunque non abbia la memoria di un pesce rosso.

A fronte di cotale risorsa, ragionano i geniacci, il PD sarebbe pazzo a non saltare sul carro, a maggior ragione dato che (e qui hanno ragione sia i geniacci, sia chiunque) ancora non c’è un candidato a pochi mesi dalle elezioni, essendo ad oggi il più accreditato un tecnico smanioso di qualunque presidenza, che ha appena perso di 25 punti a Mantova (chissà come avrebbe fatto bene nelle valli bergamasche) e si è ritrovato in Senato grazie alle liste bloccate ma già si sente una Ferrari in garage e sogna di essere altrove.

Ci sarebbe da prenderli a pomodori i dirigenti democratici per il tempo sprecato e la loro fastidiosa inadeguatezza, se non fosse che è ben più fastidiosa la iattanza con cui le sorellastre di Biancaneve a destra e a sinistra del PD tirano il partitone in crisi per farsi intestare il grosso del patrimonio, che sebbene chiaramente diruto è sempre superiore al loro. Una iattanza fastidiosa pari solo a quella di alcuni dirigenti che non vedono l’ora di trasferire l’eredità all’una o all’altra delle sorellastre. Una tiritera che va avanti da mesi, con le opposte sorellastre sempre più arroganti e rapaci, e sempre più simili a quei venditori che sono usi intimidire il potenziale acquirente sino a prenderlo proprio a pesci in faccia. Perché l’obiettivo non è, come avrebbe senso, fare una coalizione in grado di opporsi aritmeticamente alla Destra, ma arraffare l’argenteria della zia rimbambita, senza lasciare a quegli altri nemmeno le sottocoppe di peltro.

La spaccatura nella Destra che governa la Lombardia dai Longobardi e che oggi ha evidentemente esaurito la sua spinta propulsiva, sarebbe potuta essere una buona notizia per un centrosinistra magari variegato al proprio interno (come ogni consesso di più di due persone in questi tempi di personalismi un po’ accesi per usare un eufemismo), ma desideroso di costruire qualcosa, e anche di vincere. Basta vedere cosa è successo a Verona, dove di fronte alla spaccatura nel centrodestra tra Sboarina e Tosi non si è pensato a candidare il transfuga, ma si è costruito un progetto attorno a un putéo popolare, di tradizione democratica e desideroso di fare bene come Damiano Tommasi, che ha pure vinto.

La settuagenaria Letizia Maria Brichetto Arnaboldi vedova Moratti non è niente di tutto questo. È, con tutto il rispetto, un’anziana signora conservatrice incazzata perché i suoi compagni di coalizione non l’hanno candidata Presidente della Lombardia e che ora medita vendetta, incontrando in questi propositi le mire scassiste di Azione Viva, che vuole disarticolare il PD per prendersi la roba ancora buona. Non c’è niente di nuovo, vivo, interessante né in lei, né nella sua candidatura, è entitlement altoborghese e stizza. Meritiamo di meglio.

Anche questa storia dello “sparigliare le carte” come segno inequivocabile di genio politico dietro l’operazione Moratti non si può più sentire. Come ha scritto qualcuno, allora si potrebbe direttamente candidare Fontana (o votare La Russa Presidente del Senato) se si vogliono “épater les marxistes”. Oppure si può anche andare in giro con le mutande sopra i pantaloni pagando un PR per dire che sei un artista maledetto.

Fossi, cosa che fortunatamente non sono, nel PD manderei a stendere i Danai e il loro regalo della Moratti, direi a Cottarelli di godersi l’ozio senatoriale e farei uno sforzo per tirare fuori qualcosa di sensato, magari un Sindaco o ex.

Si perderà? A parte che tutto questo valore aggiunto elettorale sta tutto nei sogni a luci rosse di qualcuno, a Verona non è successo. Accettare lo stato gassoso della politica per far fare un altro ballo a Donna Letizia svendendo la propria comunità sarebbe sicuramente un errore più grave e destinato a durare più di 5 anni.

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