Milano
Le imprese culturali milanesi hanno perso 33,8 milioni di euro in soli sei mesi
«Non dobbiamo avere paura di considera le imprese culturali come un comparto industriale e lavorativo». Si è concluso così l’intervento dell’assessore alla cultura del comune di Milano, Tommaso Sacchi, alla presentazione dei risultati della ricerca relativa all’impatto della pandemia sulle imprese culturali milanesi condotta dalla direzione studi e ricerche di Intesa Sanpaolo in collaborazione con Palazzo Marino.
La imprese culturali vanno studiate e vanno offerti loro strumenti di sostegno dalle istituzioni ma anche i privati possono e devono fare la loro parte. La pandemia ha messo a dura prova il settore causando moltissimi problemi ai lavoratori dello spettacolo. Nel 2020 il numero di lavoratori del settore con almeno una giornata retribuita nell’anno è risultato pari a 261.799, con una retribuzione media annua di 10.492 euro e un numero medio annuo di 91 giornate retribuite (dati Inps).
A presentare il rapporto sulle imprese milanesi, alle Galleria d’Italia in Piazza Scala che peraltro ospitano in questo momento la mostra Grand Tour, Gregorio De Felice, chief ceonomist e Stefania Trenti, responsabile industry research.
La collaborazione ha visto l’assessorato alla cultura del comune di Milano mettere a disposizione di Intesa Sanpaolo i dati relativi alle domande degli operatori culturali milanesi ai bandi del piano cultura riguardanti l’ambito 1, Case della Cultura, per interventi a sostegno delle spese relative al mantenimento strutturale, e l’ambito 2, Cultura e lavoro, per il contributo alla copertura dei danni subiti in relazione alla sospensione forzata dell’attività durante il periodo 31 gennaio-31 luglio 2020.
L’analisi offre una mappatura dei soggetti culturali che operano nel comune, rivelandosi prezioso strumento per fotografare il tessuto culturale locale: si tratta di 367 soggetti, molto diversi per settori di attività e specializzazione. Emerge infatti un’offerta culturale molto ricca e varia, che include sia produttori di eventi (il 35% del campione) che soggetti che si dedicano alla promozione e valorizzazione delle attività culturali (35% dei soggetti), come le scuole di formazione che gestiscono corsi e/o soggetti che organizzano visite ed eventi. Ci sono poi operatori (il 30% del campione) che offrono una varietà di servizi diversi, dal supporto tecnico/professionale, ai centri culturali, con una particolare attenzione ai bisogni sociali delle comunità locali. L’eterogeneità si esprime anche in termini di ambiti culturali coinvolti: dal cinema al teatro, dalla musica alla danza, dalla letteratura alle arti visive. Circa il 35% dei soggetti lavora nell’ambito teatrale, ma è interessante evidenziare anche la presenza di un nucleo di imprese (il 20%), altamente diversificato, attivo su più fronti e che riflette la ricchezza dell’offerta presente.
Dalla mappatura degli operatori culturali emergono due aree di maggiore concentrazione, entrambe centrali (Duomo con il 7,8% degli operatori e Sarpi con il 6,6%), ma è da sottolineare la diffusione in quasi tutto il territorio comunale.
I soggetti culturali presenti nel campione sono prevalentemente di piccolissime dimensioni. Due terzi dei soggetti dichiarano un fatturato inferiore a 200mila euro, la metà di questi meno di 50mila euro. Nonostante le piccole dimensioni il 61,3% gestisce uno o più locali e/o spazi aperti al pubblico, di cui circa il 20% di proprietà del Comune.
Poco più di un terzo delle imprese opera in contesti difficili o si distingue per politiche di inclusione, in particolare nel settore della Produzione (diverse compagnie teatrali che lavorano in contesti periferici o si occupano di lavorare con soggetti fragili).
Per quanto riguarda gli effetti della pandemia emerge come l’impatto sia diffuso per settore e attività. Il 99% ha dovuto spostare o riprogrammare l’attività già definita. Il 63,5% dichiara di avere servizi accessori che si sono interrotti.
L’analisi delle richieste ha poi consentito di stimare i danni della pandemia sugli operatori culturali. I due ambiti di applicazione dei bandi fanno riferimento a due diversi impatti che la chiusura e l’interruzione delle attività hanno determinato. In particolare, nell’ambito Case della Cultura, si raccolgono informazioni sulle spese per il mantenimento delle sedi (al netto dei costi per il personale) a fronte di incassi nulli, dovuti alla chiusura per il periodo 31 gennaio – 31 luglio 2020. Nell’ambito Cultura e lavoro sono raccolti i dati sull’entità dei danni subiti, come dichiarati dagli stessi soggetti in sede di domanda al bando. Si tratta dei danni subiti in relazione alla sospensione forzata dell’attività, per il periodo 31 gennaio 31 luglio 2020, per i seguenti motivi: mancati introiti derivanti dalla sospensione forzata della stagione teatrale/musicale e delle attività laboratoriali, il tutto valutato sulla base dell’ultimo bilancio preventivo approvato dall’impresa/associazione (settembre 2019/agosto 2020) e sulla base delle attività svolte sino al lockdown.
La perdita complessiva ammonta a 33,8 milioni di euro, una somma elevata se si considera che è relativa a soli sei mesi. Nello specifico le spese di mantenimento (a fronte di incassi nulli) per i soggetti che applicano per l’ambito 1 ammontano a 12,8 milioni di euro, mentre l’entità dei danni subiti secondo le dichiarazioni dei soggetti dell’ambito 2 è pari a 21 milioni di euro, circa la metà attribuibile al comparto Servizi.
In generale le attività più colpite sono quelle della produzione (produttori di contenuti); in termini dimensionali hanno sofferto soprattutto i soggetti più piccoli. In termini di specializzazione invece si osserva per l’ambito 1 un impatto maggiore per il settore delle Arti visive/musei/design (dove la presenza di musei/case museo, incide pesantemente sulle spese di mantenimento). Per quanto riguarda l’ambito 2, soffrono di più i soggetti di Musica/danza e Teatro/cinema che hanno subito la cancellazione di eventi/spettacoli già organizzati e sofferto la sospensione delle attività formative.
Emerge però una forte capacità di reazione. Per fortuna oltre la metà dei soggetti si è attivata per beneficiare delle misure d’emergenza del governo e più dell’80% dei soggetti ha ampliato la propria offerta on-line per far fronte alle chiusure e alle misure di distanziamento imposte per contenere la diffusione del virus.
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