Economia
Lavoro ed economia collaborativa: ne discutiamo l’11 novembre a Base Milano
L’economia collaborativa rappresenta la soluzione contro la depressione? Così intitolava un articolo del Sole 24 Ore in data 13 dicembre 2013, prendendo spunto da una riflessione del Premio Nobel Paul Krugman che, nel presagire un fosco futuro per le economie dei paesi occidentali, concludeva il suo post con una domanda nient’affatto banale: la crescita economica è una candela che si sta spegnendo?
A due anni da quell’articolo l’economia collaborativa è ormai entrata prepotentemente a far parte della vita di milioni di italiani, che giornalmente scambiano, permutano, condividono tempo, risorse e competenze sia online, tramite piattaforme ad hoc, sia offline. Contestualmente all’emergere dell’economia collaborativa come nuovo “canone” è cresciuta l’attenzione dei media e delle forze sociali al destino di coloro che a vario titolo lavorano nell’ambito della economia collaborativa, a cominciare dal tipo di inquadramento giuridico (lavoratori autonomi o lavoratori dipendenti?) per proseguire al tipo di tutele e garanzie che ne conseguono. Una riflessione che non ha mancato di accendere i riflettori sui “lati oscuri” della sharing economy che, da potenziale àncora di salvataggio delle anemiche economie occidentali, si trasformerebbe in un escamotage per massimizzare i profitti (il Financial Times parla addirittura di “Feudalesimo digitale”) e per scaricare sui soggetti più deboli (leggi: i lavoratori) i rischi lungo la catena di creazione del valore. Il tutto alla luce di una crescita impetuosa del segmento dei freelance sul totale della forza lavoro. Un segmento che già adesso costituisce il 34 % della workforce negli Stati Uniti e che, stando ad una ricerca condotta dal Roosvelt Institute e la Kauffman Foundation, dovrebbe crescere fino al 50% entro il 2040, trasformando radicalmente il paesaggio economico e sociale del paese (un trend comune a tutte le economie dei paesi occidentali). Come conciliare la regole e le tutele di un welfare pensato alla luce della summa divisio tra lavoratori dipendenti e lavoratori autonomi al nuovo contesto sociale e economico? Come aggiornare il patto tra Capitale e Lavoro nell’epoca della globalizzazione, dell’economia collaborativa e dell’economia on demand? Di nuovo, domande nient’affatto banali.
Proprio a queste domande proveranno a rispondere Cristina Tajani, Assessore al lavoro e all’economia del Comune di Milano, Claudia Fiaschi, Vice Presidente di Confcooperative e Maurizio Landini, Segretario della Fiom-CGIL l’11 novembre alle ore 19.00 presso Base Milano nell’incontro pubblico La Città del futuro: quale lavoro ai tempi dell’economia collaborativa? promosso all’interno di Espresso Coworking, la nonConferenza nazionale dei temi del lavoro e del coworking. Un incontro che nel riunire esponenti di forze sociali e istituzioni mira a costruire un canale di dialogo che, lontano dalle strumentalizzazioni politico-mediatiche, possa riflettere sulle trasformazioni che investono la nostra società, e immaginare le relative risposte in termini di strumentazione giuridico-amministrativa e, soprattutto, in termini di modello di società (e di città). Una società, e una città, aperta, dinamica, flessibile, in grado cioè di adattarsi alle esigenze del mercato, ma che al tempo stesso sappia tenere la barra dritta sui diritti inalienabili del cittadino/lavoratore e in cui il gioco delle connessioni economiche non sia a somma zero, ma sappia creare valore in particolare per i soggetti più deboli e fragili del corpo sociale.
Nella consapevolezza di stare navigando in una terra incognita dove non esistono ancora modelli codificati e dove si dovrà necessariamente andare alla ricerca di “prototipi” cui verrà man mano testata l’efficacia e la bontà. Un modo, per riprendere la metafora iniziale, per accendere una candela invece che maledire l’oscurità.
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