Milano

Lacrime, sangue, urla e dolore. Il cuore nero della Milano occupata

25 Gennaio 2023

I giovani milanesi non lo conoscono. Tra i più anziani qualcuno ne serba un ricordo sbiadito. Ma c’è anche chi negli anni si è impegnato affinché la sua memoria non si perdesse per sempre. Chi abita a Milano avrà passeggiato chissà quante volte davanti alla sua facciata, dirigendosi verso un negozio di lusso o forse transitando nella direzione che porta ad un noto forno che vende panzerotti oppure addentando un hamburger, perso tra i pensieri di una vita che va vissuta perennemente ad alta velocità. I suoi due ingressi sono in via Santa Margherita 6 ed in via Silvio Pellico 7, il palazzo sorge a meno di tre passi dal Duomo. Oggi è la sede di una banca straniera, un tempo fu uno degli alberghi più rinomati e lussuosi  di Milano. Costruito alla fine dell’Ottocento, era noto con il nome di Albergo Regina e Restaurant Rebecchino, quindi Albergo Regina e Metropoli.

Tra il 10 e il 13 settembre del 1943 l’Albergo Regina venne occupato manu militari e sottoposto a sequestro dalle WaffenSS. Immediatamente venne circondato con il filo spinato, vennero installate alcune casematte e cavalli di Frisia. All’imbrunire potenti fotocellule illuminavano tutta l’area per impedire a chiunque di avvicinarsi con la complicità dell’oscurità. Non appena messo in sicurezza dalle SS all’Albergo Regina stabilirono la propria sede anche la “Geheime Staatspolizei”, la “Polizia Segreta di Stato” nazista, meglio conosciuta come GESTAPO, la KRIPO (Kriminalpolizei) e la SIPO-SD, ovvero la Sicherheitsdienst (SD, Servizio di Sicurezza) che era un servizio di informazioni e intelligence delle SS.

Verso la fine del 1944  a dare man forte ai nazisti arrivò il corpo militare della RSI e la Legione fascista Ettore Muti. I comandanti nazisti messi a capo dei vari uffici di polizia e di spionaggio dell’Albergo Regina furono personaggi che si erano già distinti per ferocia e crimini commessi in altre città e nazioni dell’Europa sotto l’influenza del Terzo Reich. Venti ufficiali, sessanta sottufficiali e venti soldati tedeschi, più una cinquantina di italiani, costituivano il nucleo operativo degli occupanti. Walter Rauff sovrintendeva i vari uffici, Theodor Saevecke comandava la SIPO-SD, Walter Gradsack “il macellaio” si occupava delle torture da infliggere ai prigionieri coadiuvato da Karl Otto Koch che fu comandante dei campi di concentramento di Lichtenburg, Esterwegen, Sachsenburg, comandante del campo di concentramento di Buchenwald dal 1937 al 1941 e del campo di concentramento di Majdanek dal 1941 al 1942.

Walter Rauff

Walter Rauff (Köthen, 19 giugno 1906 – Santiago del Cile, 14 maggio 1984) fu un funzionario del Ministero della Marina Tedesca fino al 1937. L’anno successivo venne arruolato nelle file delle SD (Sicherheitsdienst, servizio di sicurezza), il servizio segreto delle SS capitanato da Reinhard Heydrich, per poi passare a capo della sezione delle questioni tecniche (Gruppe II D) della RSHA (Reichssicherheitshauptamt, Ufficio Generale per la sicurezza del Reich), un dipartimento creato da Heinrich Himmler nel 1939, che raggruppava la Gestapo, l’SD e la Kripo, ossia la polizia criminale.

Nel 1941 e nel 1942, Rauff fu coinvolto nello sviluppo di furgoni camere a gas mobili, usate per uccidere con il gas di scarico, saturando l’interno del compartimento posteriore, mentre il veicolo viaggiava verso un luogo di sepoltura. Questi camion potevano trasportare 25 e 60 persone alla volta, che morivano per avvelenamento da monossido di carbonio o soffocamento. Rauff fu poi coinvolto nella persecuzione degli ebrei in Francia e successivamente  partecipò allo sterminio degli ebrei dell’Africa settentrionale che era sotto il controllo dell’Asse. Raggiunse il grado di SS-Obersturmbannführer. Nel 1943 fu inviato a Milano a reggere il comando interregionale di Lombardia, Piemonte e Liguria dove ebbe il compito di organizzare le operazioni della polizia segreta in Italia. Tra gli anni ’70 e ’80 del sec. XX, fu uno dei criminali nazisti più ricercati ma non venne mai catturato; morì nel 1984 a Santiago del Cile, protetto dal regime militare cileno.

Theodor Saevecke

Theodor Emil Saevecke (Amburgo, 22 marzo 1911 – Amburgo, 16 dicembre 2000) è stato un ufficiale tedesco delle SS durante la seconda guerra mondiale. Come tale, ebbe il comando della SIPO-SD (Polizia e Servizio di Sicurezza) in Lombardia durante l’occupazione tedesca. Nel dopoguerra, collaborò con la CIA e rivestì un ruolo importante nell’ufficio federale della polizia criminale della Repubblica Federale Tedesca. Non ha mai subito alcun processo in patria. Nel 1999 è stato condannato all’ergastolo dal Tribunale militare di Torino per aver ordinato, nell’agosto del 1944, la fucilazione di 15 partigiani e antifascisti a Milano, in Piazzale Loreto, fatto che gli procurò il soprannome di “Boia di Piazzale Loreto”.


Le pietre di uno dei luoghi più lugubri di Milano, se ascoltate, possono raccontare la storia di una città occupata dai nazifascisti e di centinaia di persone che in quel’Albergo furono incarcerate in modo arbitrario dagli occupanti. Nell’albergo, sin dall’inizio della sua occupazione, si installò immediatamente il cosiddetto “ufficio IV B4”, incaricato esclusivamente di sovrintendere alla persecuzione antiebraica ed all’arresto dei residenti ebrei nel nord Italia oltre che di coloro che tentavano di mettersi in salvo in Svizzera, come avvenne, ad esempio per la famiglia della senatrice Liliana Segre.

All’ultimo piano dell’hotel Gestapo, come i milanesi chiamavano quello che era stato qualche tempo prima un lussuoso e tranquillo albergo, erano poste le celle di sicurezza e i luoghi di tortura. Chi veniva condotto al Regina, interrogato e regolarmente torturato, veniva in seguito rinchiuso nel carcere di San Vittore, carcere che dipendeva direttamente dal personale nazista dell’albergo. Il clima di terrore instaurato dai torturatori all’Albergo Regina si ripercuoteva anche sui parenti degli arrestati che mettevano a repentaglio la loro stessa vita quando vi si recavano per chiedere informazioni sui familiari catturati e arrestati dai nazisti. Veniva quindi eseguita una procedura dedicata all’ organizzazione di convogli composti esclusivamente da carri bestiame ed alla formazione delle liste dei prigionieri viaggiatori. Una volta pronti liste e convogli, i prigionieri venivano condotti al Binario 21 della Stazione Centrale di Milano per essere avviati in condizioni disumane nei lager tedeschi.

Tra le imprese più temerarie compiute da personaggi della Resistenza verso quel luogo di terrore, ci fu la tentata liberazione di Ferruccio Parri, allora detenuto nell’albergo Regina & Metropoli, da parte del comandante partigiano Edgardo Sogno. Sogno si presentò nell’albergo indossando un’uniforme della milizia tedesca, fingendosi latore di messaggi speciali, con il piano di sparare poi direttamente contro i tedeschi, liberare Parri e scappare con lui. Fu riconosciuto, catturato e torturato dai nazisti quindi deportato in un campo di prigionia vicino a Bolzano dove riuscì a sopravvivere sino alla Liberazione.

Quando gli Alleati giunsero in città il 29 aprile 1945 i nazisti del Regina si consegnarono agli angloamericani. Il 30 aprile, ovvero dopo diciannove mesi e diciassette giorni che le SS, in una scena immortalata dalle cineprese della V Armata statunitens, lasceranno l’albergo scortati sia dai soldati americani su mezzi corazzati che da partigiani armati fra una folla di milanesi inferocita e minacciosa.

Rauff, responsabile dello sterminio di 90.000 ebrei e principale responsabile di tutte le violenze e gli omicidi compiuti in quel periodo a Milano sarà mandato nel campo di concentramento di Rimini, da cui evaderà e morirà indisturbato in Cile nel 1984. All’altro principale criminale del Regina, Theo Saevecke, andrà ancor meglioː divenne addirittura funzionario di alto livello della polizia della Germania Federale e agente segreto degli Usa. Condannato in contumacia all’ergastolo per l’omicidio dei 15 partigiani fucilati in piazzale Loreto il 10 agosto 1944, non sconterà mai neanche un giorno di carcere, e morirà nel 2000 in Germania.

«So, con pessimismo, ma anche con realismo, che nel giro di pochi anni la Shoah sarà una riga nei libri di storia, poi non ci sarà più neanche quella». Sono le parole pronunciate con profonda amarezza pochi giorni fa dalla senatrice Liliana Segre.

Le lugubri vicende dell’Albergo Regina hanno corso seriamente il rischio di non rientrare nemmeno in questa riga se alcune personalità della nostra società non avessero combattuto per evitare che calasse l’oblio su quanto accaduto in quelle stanze.

Dopo la guerra, l’albergo continuò per anni la sua normale attività, senza che le torture e le sofferenze subite dai molti reclusi durante il periodo nazista venissero minimamente menzionate da qualche istituzione. A esprimere il profondo dissenso per questo ingiustificato oblio ci pensò Roberto Cenati, presidente provinciale dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia il giorno in cui venne postata una targa sulla parete esterna di quello che era stato il Regina del 1943, su iniziativa dello storico e giornalista Marco Cavallarin che nel 2008 con una petizione e oltre 1800 firme raccolte, riuscì ad ottenere dal Comune di Milano l’apposizione di una targa commemorativa.

Cenati lo fece con queste parole il 27 gennaio 2010: «C’è un elemento terribile in questa vicenda. Terminata la guerra , l’Albergo Regina continuerà a svolgere la propria attività come se nulla fosse accaduto sino alla fine degli anni sessanta. Per ben 65 anni Milano, capitale della Resistenza ha completamente rimosso il fatto che a due passi dal Teatro alla Scala si trovasse un luogo di morte e di sofferenza».

 

Il 30 aprile del 2022 la targa del 2010 che citava solo “antifascisti” e “resistenti” ma non gli ebrei, che la ricerca storica ha provato senza ombra di alcun dubbio, essere stati “ospiti” del Regina, è stata sostituita proprio per includere tutte le categorie dei perseguitati presso l’albergo.

L’attuale targa infatti recita: «Qui, dove era l’albergo Regina, si insediò il 13 settembre 1943 il quartier generale nazista delle SS a Milano. Qui furono reclusi, torturati, assassinati, avviati ai campi di concentramento e di sterminio, antifascisti, resistenti, ebrei di cui il nazismo e il fascismo avevano deciso il sistematico annientamento. Una petizione popolare ha voluto questa lapide per la memoria del passato, la comprensione del presente, la difesa della democrazia e il rispetto dell’umanità. 30 aprile 2022 – 77 anni dopo la liberazione dell’Albergo Regina – Già posta il 27 gennaio 2010 – Giorno della Memoria».

Siamo prossimi alla celebrazione della Giornata della Memoria, la ricorrenza internazionale che viene celebrata il 27 gennaio di ogni anno come giornata per commemorare le vittime dell’Olocausto.

Sarebbe bello che almeno nel corso di questa giornata, passando davanti all’Albergo Regina, ci si fermasse un attimo e si dedicasse un minuto del nostro tempo al ricordo di coloro che in quelle stanze subirono la violenza nazifascista, spesso anticamera dell’inferno dei campi di sterminio.

E se voleste per caso provare ad entrare in sintonia con l’amarezza della senatrice Segre e di tutti coloro che hanno provato la barbarie nazifascista potreste guardare il film ungherese “Il Figlio di Saul”, lo trovate sulle principali piattaforme on demand. È un film che ha vinto la Menzione Speciale della Giuria al Festival di Cannes del 2015, il Premio Oscar, il Golden Globe e il David di Donatello 2016, un film forte, intenso, crudo. È un film che toglie quel senso di “rigo scritto in un libro di storia”, quella sensazione di asettico che il racconto della Shoah sta progressivamente assumendo a causa del passare del tempo. In quel film vedrete l’inferno per come era, senza edulcorazioni e trasposizioni fatte per rendere fruibile la narrazione ad ogni tipologia di spettatore. Tenete da conto qualche lacrima prima di guardarlo, vi serviranno.

 

Milano – l’ubicazione dell’ex Albergo Regina

 

Fonti:

comune.milano.it — wikipedia, la libera enciclopedia — MI4345 –mosaico-cem.it — Le pietre raccontano – comune di Cinisello Balsamo — me.mi.it –rainews.it —

 

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