Milano

La vera Milano dell’Expo: Rocco, factotum

8 Novembre 2015

Con Expo 2015, il capoluogo lombardo ha spiazzato tanti detrattori. Milano si è presentata brillante, rinnovata, piena di cultura. Ma forse quella non è la vera Milano, o meglio: è una delle sfaccettature. Le altre facce sono composte da gente come Rocco, un factotum da supermercato, amante del teatro che però non ha nemmeno il tempo per guardarsi allo specchio la mattina. Uno che per fare 15km di Suburbana S-13 ci impiega anche due ore. Testo: Lorenzo Monfredi Foto: Ray Banhoff

Rocco ha le mani grosse e la testa rasata, con degli occhiali che restano sospesi sulle sue guance ben gonfie. Ogni volta che vado al supermercato sta bestemmiando qualche entità parallela o scarica le casse d’acqua, sposta le partite di merce, cerca di fare il brillante coi clienti senza mandarli affanculo uno alla volta. Pochi incarnano la M-L’ano radicale del sottobosco lavorativo come lui: vive a Pieve Emanuele e grazie a Trenord passa due ore in un treno sudicio per completare una tratta di quindici chilometri; vorrebbe vivere nel centro estremo di Milano e riesce a rilassarsi solo se legge l’Eneide prima di crollare nel letto. Quando gli ho proposto l’intervista s’è messo subito sull’attenti e m’ha proposto di farla il prima possibile. Il giorno X arrivo in Viale Abruzzi e dopo essere stato cacciato dal suo capo perché volevo curiosare nello spogliatoio dei dipendenti, ce ne siamo andati in un bar orientaleggiante per fare due chiacchiere. Parlando con lui mi sono accorto di quanto cazzo conti venire posizionato sulla giusta asse cartesiana, perché noi studenti ridiamo e scherziamo e ci lamentiamo dei professori teste di legno, ma compañeros, tra me e Rocco ci sono trecentosessanta gradi di separazione, una totale diversa visione delle cose, del tempo. Noi siamo fortunati perché abbiamo avuto la grazia del cazzeggio reiterato, possiamo studiare cinque concetti balordi e considerarci dei fighi della madonna. Rocco, qui, torna a casa a mezzanott’emmezza e alle cinque si alza di nuovo per prendere la dannata S-13 direzione Porta Venezia. Io sogno di fare qualcosa di creativo della mia vita, lui mi dice di iscrivermi alle patenti per guidare muletti, camion eccetera, che non si sa mai.

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Ma tu quanti anni hai? «Ventisei e vado per i ventisette a settembre». Sembri già un over trenta. Il lavoro nobilita e invecchia, eh?« Ed ho un part-time da ventiquattr’ore settimanali. Però sai se ci sono straordinari li prendo. Mi vedi vecchio»? No, ma va. Come ti trovi a lavorare qui? «Bene, il mio capo è bravo, mi spacca il culo ma è bravo. Però certe consegne sono faticose ed il contatto con la clientela ti stressa. Ci sono alcuni clienti davvero… estremi». Cioè? «Gli anziani. Ci sono tanti maleducati ma gli zarri, o i tossicodipendenti, sono meglio, mille volte meglio degli anziani. Una categoria di maleducati. Maledetti». Abiti in zona? «Macché, vengo da Pieve Emanuele, quindici chilometri da Milano». E la mitica Trenord si comporta bene, con te? (mi guarda con l’occhio di chi vorrebbe buttarmi la tazzina di caffè in faccia). «Ti dico solo una cosa: SUBURBANA S-13. IL MALE. Prezzi assurdi, 75 euro un mensile per i treni che c’impiegano anche due ore a fare la tratta di competenza». In pratica Trenord ti succhia un decimo dello stipendio. «Ieri sono partito da Porta Venezia alle 21,39 e stavo a casa per mezzanotte e mezza. E non abito lontano dalla fermata di Pieve. Ora, uno come me che non paga un cazzo di abbonamenti non dovrebbe lamentarsi dei servizi…» Ah, portoghese! «Eh ma dai, guarda che servizi. Ieri t’ho detto sono stato DUE ORE E TRE QUARTI IN BALLO, DUE ORE E QUARANTACINQUE MINUTI PER QUINDICI CHILOMETRI. Non è giusto non pagare e lo so. Ma che posso farci? Non arrivo a fine mese poi. Offrissero almeno servizi continuativi, invoglieresti la gente come me a fare il mensile».

La Lega ha governato per vent’anni, e veniva finanziata dagli stessi imprenditori di destra che tenevano a venticinque euro gli schiavi immigrati nelle campagne di Gioia Tauro, Rosarno eccetra. Ma di che stiamo parlando?

Cosa ne pensi di Expo? «Expo sarebbe stato una bellissima cosa se avesse dato lavoro REALMENTE alla GENTE, per cinque anni, per dieci anni. Sarebbe stato bello dare lavoro umanamente accettabile, non a cinque e cinquanta l’ora, senza rimborso, senza niente. I lavoratori di EXPO vengono trattati in parole povere COME LA MERDA. E poi oh, diciamocelo: non c’è un italiano in cantiere. Ma non è xenofobia. È che quelli accettano ogni proposta». La logica del prezzo più basso. «Sì, esatto». Tu prima dov’è che lavoravi? «Ho fatto di tutto. Pure un anno di università. Cooperative, call center di Edinson, fabbrica, Poste Italiane… tutte le giostre». Manco factotum di Bukowski. «Un’esperienza assurda quella della cooperativa. Quattrocento euro al mese, la società che cambiava nome e falliva e rinasceva, le montagne russe. Anche là non c’era UN italiano. Extracomunitari che non sapevano fare NULLA, ma NULLA, e li mettevano sott’azienda. Io facevo in nero straordinari e turni di notte, mentre dei ragazzi del Centrafrica che non riuscivano nemmeno a scaricare le casse d’acqua gli facevano i contratti». Perché Salvini per te non parla del lavoro a basso costo e s’infarcisce la bocca con le “coste da difendere” e compagnia bella? «Salvini sarà anche un bravo ragazzo ma parla troppo e quaglia niente. Oh, ma la gente quand’è che si sveglia? La Lega ha governato per vent’anni, assumendo anche posizioni di rilievo, e mica è cambiato qualcosa! La Lega Nord veniva finanziata dagli stessi imprenditori di destra che tenevano a venticinque euro gli schiavi immigrati nelle campagne di Gioia Tauro, Rosarno eccetra. Ma di che stiamo parlando?»

Odio tutto. Sì, sono nichilista, ma se leggo l’Eneide prima di addormentarmi tutto il resto non conta.

Dove abiteresti a M-L’ano? Questa zona qui (Piola-Lima ndr). «Nooo, mai, che schifo!» Ellamadonna, perché? «Io mi devo affacciare del balcone e non devo mica vedermi trans e prostitute. Vengo da un paese, certe cose non le vedo. Abiterei in centro. Missori, Crocetta, Duomo. Le zone pettinate». Tu ci andresti a mignotte? «Ma sei scemo? No. Uno che conoscevo fa il gigolò. Con tutti. Maschi e femmine. Era un babbo di minchia palestrato che ora va pieno di soldi. E però meglio fare settecent’euro di lavoro duro come il mio che non prendersene cinquemila-seimila e andare in giro col culo rotto». Hai qualche svago? «Il teatro. Non lo studio quanto dovrei ma lo amo. Attualmente vado spesso a recitare al teatro Vittorio De Sica a Peschiera Borromeo. Tipo che ora stiamo studiando una bella commedia “Niente sesso siamo inglesi”, simpatica».

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Segui qualche sport? «No, cioè mi piace sfogarmi con lo sport… ma seguire quelle ballerine strapagate come Cristian Ronaldo e gli altri MAI. MAI». Perché non ti sfoghi con rugby e boxe? «Lore, non ho manco il tempo per cagare. Non riesco a regolare il mio intestino, cristo». C’hai un locale preferito, a M-L’ano? «Ho passato gli ultimi anni della mia vita al The Beach in Viale Forlanini. Ma adesso col mutuo per la casa non posso fare molto, e mi manca. Mi vedo molto peggiorato, socialmente parlando. Sono ingrassato… non mi diverto». Vabbè e se non vai in discoteca, dove vai? «Una birra a Pavia. L’exotic a Milano, il Reef… ma parliamoci chiaro: spesso rimango in paese. Perché i mezzi non funzionano la notte e per noi paesani parcheggiare a Milano è impossibile». Cosa manca a M-L’ano? «I servizi. I maledetti servizi. Cioè non ti puoi professare una delle grandi città europee se la metro ti chiude a cinque minuti dalla mezzanotte». Odi qualcuno? «Odio tutti. Odio i leccaculo, odio quelli che non fanno un cazzo e si lamentano che non c’è lavoro ma se non lo cerchi come minchia vuoi trovarlo; odio le malelingue che mi dicono che sono raccomandato e invece ho sudato anche per trovarmi qui; odio gl’altri che c’hanno il papà che gli compra la macchinetta e gli trova il posto di lavoro; odio i cinesi che non ti fanno gli scontrini; odio la merda che ci circonda». Sei un nichilista insomma. «Odio tutto, sì, sono un nichilista. Ma se leggo l’Eneide prima di addormentarmi tutto il resto non conta»

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