Milano
La sicurezza a Milano e i sondaggi inattendibili
Circolano in questi giorni i risultati di un sondaggio su Milano che, come capita un po’ troppo spesso ultimamente, vengono interpretati ben oltre le indicazioni che emergono dall’indagine stessa. Ovvio, i titoli e i claim sono costruiti apposta per destare l’attenzione del lettore distratto e bombardato quotidianamente da una enorme quantità di notizie, sulle quali è difficile soffermarsi più di qualche secondo. Ma, insomma, a tutto dovrebbe esserci un limite.
E invece sui giornali online o offline degli ultimi giorni comparivano strilli di questo tipo: “Delinquenza e vandalismo nel capoluogo lombardo, le priorità su cui intervenire immediatamente”; “La città non è sicura”; “Vi è una diffusa percezione di insicurezza in città, dovuta sia alla delinquenza e alla microdelinquenza, di cui il vandalismo diffuso è un esempio”.
Bene, questo è il risultato principale così come viene veicolato dai media. Ma a cosa ci si riferisce esattamente? Qual è cioè la fonte dei dati da cui derivano queste visioni apodittiche della situazione meneghina?
Il sondaggio pubblicato su “Affari italiani” fa riferimento ad un’indagine, promossa da Cinzia Veronesi e Marco Salomon, lanciata sui social e che ha ottenuto la collaborazione volontaria di più di 2200 individui. Una modalità evidentemente già piuttosto lontana dalla “scientificità” di un’inchiesta demoscopica, che prevede l’interrogazione di campioni casuali della popolazione. Già di per sé un sondaggio di questo tipo non ha alcun criterio di rappresentatività della popolazione milanese, è ovvio, dato che partecipa soltanto chi è interessato a partecipare. È come se volessimo monitorare l’efficienza di un servizio limitandoci a registrare le chiamate allo “sportello reclami” o a decidere la bontà di un insegnamento universitario sulla base delle critiche (volontarie) lasciate dagli studenti.
Non è un caso che, ad esempio, il campione di rispondenti sia per il 60% laureato e praticamente nessuno con la scuola dell’obbligo, quando a Milano i laureati sono poco più del 20% e quelli con almeno la terza media ben il 35% della popolazione adulta. Si dirà, alcune distorsioni sono presenti in molte indagini, certo, ma di solito si effettua una opportuna ponderazione per riportare i valori a quelli reali.
Ma il punto principale non è questo. Ogni sondaggio ha la sua dignità, basta saperlo leggere e trarne le corrette conseguenze. Il vero nodo dell’inadeguatezza dei commenti in questo caso è il tipo di domanda che viene posta ai possibili rispondenti, che è così formulata: “Su quali tra i seguenti temi investiresti per migliorare la qualità della vita a Milano? (consentite 3 risposte a testa)”. Segue una griglia prefissata di aspetti “da migliorare”. Intanto, occorre sottolineare una evidente distorsione nell’analisi: se ognuno avesse effettivamente indicato 3 temi (cosa che accade non troppo spesso nei sondaggi), le risposte complessive sarebbero state circa 6.500, mentre qui ne abbiamo 8.500, il che ci fa concludere che moltissimi hanno indicato almeno 4 o 5 temi (il numero medio di temi citati è infatti vicino a 4). Ne consegue che le percentuali riportate debbano essere di fatto abbassate almeno di 4-5 punti, tra le risposte più gettonate.
Veniamo però alle critiche più significative. Se io propongo una lista di possibili interventi per la città, ne consegue che qualcosa si debba pur scegliere, anche nel caso ipotetico io fossi pienamente soddisfatto di tutto ciò che accade. Se poi nella formulazione degli aspetti da migliorare (il cosiddetto “wording”) ce n’è qualcuno molto generale e quasi onnicomprensivo (tipo appunto: “Delinquenza, vandalismo e sicurezza dei cittadini” o “Inquinamento dell’aria”) accanto ad altri molto particolari (tipo: “Difficoltà nel trovare parcheggio” o “…di spostarsi in bicicletta”), è ovvio che saranno i primi ad essere maggiormente segnalati.
Infine, e questo è il punto più critico, se non formulo prioritariamente nessuna domanda che descrive il livello di soddisfazione per gli aspetti principali, non saprò mai se effettivamente quel problema è un vero problema. Sulla sicurezza, ad esempio, è opportuno verificare prima di tutto la percezione, la sensazione di eventuale insicurezza, con una domanda del tipo: “Ti senti sicuro girando per la città, o per il tuo quartiere?”. La risposta a questa domanda mi indica lo stato attuale delle “paure” dei milanesi. Io posso essere d’accordo nel continuare ad investire nella sicurezza anche se mi sento sicuro, proprio per evitare di diventare insicuro. Prendere gli investimenti possibili come indicatore della insoddisfazione, come si legge nel rapporto di “Affari italiani”, è perlomeno fuorviante.
Ma, per fortuna, altre indicazioni che provengono da questo sondaggio appaiono particolarmente lusinghiere per Milano. Tra queste, la bassa quota di chi indica il problema dell’immigrazione e quello dei trasporti pubblici. Per concludere, qualsiasi tipo di sondaggio può essere utile, basto saperlo leggere e trarne indicazioni corrette, senza troppa enfasi giornalistica, a partire dalla formulazione delle domande.
Università degli Studi di Milano
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