Milano

La Guerra di Goldoni secondo Franco però

29 Aprile 2019

La guerra come grande affare, come macchina generatrice di profitto e potere, al centro della rappresentazione – a firma del regista Franco Però, per la Compagnia del Teatro stabile del Friuli Venezia Giulia – de La Guerra di Carlo Goldoni in scena dal 30 aprile al 5 maggio al Teatro Fontana di Milano. Una rivisitazione di un grande classico, che segue la versione fassbinderiana de La bottega del caffè, capace di proporre al pubblico contemporaneo una riflessione, resa più lieve dallo sguardo ironico goldoniano, su chi lucra e prospera sulle macerie generate dai conflitti, su cosa si celi dietro alle motivazioni pseudo ideologiche dei conflitti. La guerra come tema universale e fuori dal tempo, un filo rosso che purtroppo lega epoche storiche molto distanti, ma che – questa rappresentazione mira a svelare – sono in realtà vicinissime, se si considerano questioni quali la sete di potere, il fanatismo, la costruzione della paura. Un Goldoni modernissimo, di cui abbiamo parlato, in questa intervista, con il regista Franco Però.

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Portare in scena Goldoni oggi è una sfida su più livelli: da una parte, essendo un classico noto anche al pubblico meno “avvezzo” alle scene, le attese di aderenza all’originale sono spesso alte, dall’altra, badando invece allo sguardo di chi, sulle scene opera e lavora, si rende necessario un lavoro di elaborazione molto forte, pur nel rispetto dell’originale. Non si tratta della prima “operazione goldoniana”, ma come nasce questo specifico percorso?

Dipende da quale testo di Goldoni si mette in scena – e per me, questo è un discorso che vale per la maggior parte degli autori classici -. Se dicono di mettere in scena, poniamo, La Locandiera, so che avrò una vasta serie di allestimenti che mi precedono e quindi avrò un certo modo di affrontare la regia. Diverso è il caso di opere quali “La Guerra”, molto poco frequentate. In questo caso, non essendoci “modelli” alle spalle, mi sembra che la strada migliore sia proprio quella di dare il testo di Goldoni nella sua interezza (alcune scene sono state levate, sebbene poche). Certo, metti in scena un testo perché pensi che possa parlare ancora alla tua epoca, per questo, ad esempio, abbiamo pensato a lavorare sul costume ( inquartata, cappelli, armi etc, ma sotto jeans e scarpe da ginnastica), per togliere l’idea di fissarlo in un tempo preciso.

Il tema della guerra è di estrema attualità. Sia dal punto di vista dei conflitti ad oggi in atto nel mondo, ma forse – ancora di più – per lo spirito di “guerra” e assedio costante che contraddistingue il panorama sociale in questo momento. Può Goldoni aiutarci a guardare con occhio clinico ai conflitti di oggi?

Per quanto riguarda un certo clima da conflitto, in senso generico, certo che no; ma sul tema guerra/le guerre, certamente in molti aspetti sì. C’è la scena iniziale, laddove descrive perfettamente come si vive in quello stato di non-tempo che precede un probabile attacco, c’è l’analisi dei diversi comportamenti dei soldati, ma soprattutto, vi è la cruda descrizione di chi si arricchisce nella e con la guerra: Il Commissario, Don Polidoro, si rivolge direttamente al pubblico per perorare la sua cinica – e provocatoria –  causa in favore del proprio interesse (Brecht l’ha letto prima di scrivere “Madre Coraggio”?!).


Il potere del riso. Goldoni, pur proponendo in scena temi di per sè non lievi, affronta il racconto in scena attraverso l’ironia e l’autoironia. Si tratta di due caratteristiche non molto coltivate oggi, soprattutto fra chi si occupa di “cose serie”. Eppure la serietà formale spesso non corrisponde a una serietà fattuale. Anche in questo caso il riso può restituirci una dimensione di serietà praticata grazie allo sguardo straniante dell’ironia?

Ad un certo punto del lavoro (più o meno a metà) vi sono due scene che vedono protagonista una contadinella e dei soldati. Sembrano un intermezzo comico (e così le abbiamo trattate), eppure, dietro vi è il disegno preciso di due elementi presenti in ogni conflitto: la fame e la violenza. E in diverse altre scene Goldoni ti propone dei temi e soprattutto, dei ritmi comici: ma non sono che un altro modo di farti pensare alla dura realtà di un teatro di guerra.

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In cosa, in particolar modo, Goldoni parla al pubblico di oggi?

La sua capacità di costruire una varietà impressionante di caratteri e di comportamenti, nei quali possiamo ritrovare tanti aspetti di noi, oggi: è questa la sua forza, ancora attuale. Il suo, era il Mondo Nuovo, era il mondo della borghesia nascente. Più microscopio e meno trasfigurazione poetica. Una lucidità che unita al grande talento gli permette di costruire battute perfette; ce ne sono ad ogni pagina e, messe tutte assieme, ti rendono il quadro dei tanti sentimenti che si agitano nei personaggi di una guerra. Ne prendo una di Aspasia, la figlia del Commissario  « …Su le prime mi dispiaceva la perdita di qualcheduno, ora tanta specie mi fa sentire a dire che il tale è restato morto, come se mi dicessero che ha perduto al gioco. Infatti la guerra non è altro che un gioco della fortuna. Salvo la direzione dei comandanti e l’intrepidezza dei subalterni, in guerra viva, la morte è un caso. Le cannonate, le archibugiate non si misurano; tocca chi tocca. Può vivere il più poltrone, e può morire il più valoroso. Per questo, quando tratto con gli uffiziali, che hanno da andar a combattere, mi par di trattare con delle ombre; onde senza aver passione per veruno, li tratto tutti egualmente, li lascio andare a combattere senza pena. Mi rallegro con chi ritorna, mi scordo di chi ci resta, scherzo coi vivi, e non mi rammarico degli estinti».


LA GUERRA

REGIA FRANCO PERÒ CON GLI ATTORI DELLA COMPAGNIA DEL TEATRO STABILE DEL FRIULI VENEZIA GIULIA FILIPPO BORGHI, ROMINA COLBASSO, EMANUELE FORTUNATI, ESTER GALAZZI, RICCARDO MARANZANA, FRANCESCO MIGLIACCIO, MARIA GRAZIA PLOS

E CON GIULIO CANCELLI, ADRIANO GIRALDI, STEFANO PETTENELLA (ATTORI OSPITI) E LA PARTECIPAZIONE DI MAURO MALINVERNO, FISARMONICISTA MITJA TULL, SCENE E COSTUMI DI ANDREA VIOTTI, LUCI DI ALESSANDRO MACORIGH

PRODUZIONE TEATRO STABILE DEL FRIULI VENEZIA GIULIA

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Ph. Simone De Luca

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