Calcio

Interista sotto l’ombrellone c’è un bilancio che neanche al Partenone

15 Luglio 2015

Scritto con il prof. Emanuele Pizzurno (Università LIUC)

Da quando è cominciato il mercato in Serie A, e manca ancora un mese e mezzo alla sua fine, l’Inter è stata accostata a circa 200 giocatori nelle trattative, tra prima squadra e settore giovanile, in un compulsivo e frenetico desiderio di riportare ai fasti di un tempo la squadra che vive di un’esausta stagione di delusioni. 200 giocatori fanno poco meno di 20 squadre di calcio. Appare chiaro che Erik Thohir voglia dare una sterzata decisa alla sua presidenza, in una sorta di all in sulla stagione 2015/2016 che suona sicuramente ambizioso.

Ma qual è la situazione dei conti nerazzurri? Dopo le illazioni dell’ad della Fiorentina sull’uso di paradisi fiscali per le holding del magnate indonesiano (che non è proprio oggetto di questo articolo), vale la pena di dare un occhio ai numeri.

Anche perché, se è vero che quest’anno l’Inter è esclusa dalle coppe europee e, dunque, risulta libera dagli obblighi imposti dal Fair Play Finanziario, è altrettanto vero che un’eventuale stagione roboante, con l’ingresso in Europa, si tradurrebbe in un redde rationem immediato davanti alla Uefa.

Ricapitoliamo gli estremi della multa imposta ai nerazzurri: si tratta di 20 milioni di euro.

6 dovranno essere pagati immediatamente al momento della prima partecipazione a una competizione europea (saranno dedotti dagli introiti legati alla stessa); gli altri 14, invece, sono una ‘sanzione condizionata’. L’Inter, infatti, deve chiudere il bilancio del 2017 con 30 milioni al massimo di passivo e assicurare il raggiungimento del pareggio di bilancio entro il 2018. Altrimenti dovrà pagare 7 milioni all’anno e sarà potenzialmente soggetta ad ulteriori sanzioni. A ciò si aggiunga la restrizione della rosa a 21 giocatori che diventerà immediata con l’ingresso in Champions League.

La domanda è: l’Inter sta facendo bene i suoi conti? E la scommessa vale una puntata?

A dire la verità, la risposta non sembra positiva.

Il crollo del fatturato nel corso degli ultimi anni, coinciso con l’uscita dalla scena europea che conta, è un elemento sicuramente a favore della strategia di costruire subito una squadra competitiva. Più successi, infatti, si traducono in più introiti dalla UEFA e dai diritti TV e in un crescente appealing internazionale, con maggiori proventi dal merchandising (vendita di magliette e marchio Inter).

Tuttavia, gli introiti da partecipazione alla UEFA Champions League sono sufficienti a ripianare gli investimenti a debito dell’Inter?

La terza classificata in serie A, che partecipa ai turni preliminari di Champions, riceve circa 30 milioni di euro; la seconda una quarantina e la prima una cinquantina. Diciamo subito che vincere lo scudetto dovrebbe diventare una priorità per l’Inter, vista la sua politica dei trasferimenti.

È difficile districarsi all’interno del ginepraio del mercato attuale, soprattutto con questi contratti fantasiosi basati su prestiti onerosi con obblighi di riscatto fissati negli anni a venire. Questo specchietto riassume, a favore del lettore, il bilancio dei trasferimenti delle ultime stagioni:

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La strategia nerazzurra del posticipare i pagamenti sta assumendo i contorni dell’azzardo vero e proprio. Prima ancora di cominciare la stagione 2015/2016, infatti, quella del 2016/2017 (in cui bisognerà stare attenti, presumibilmente, ai vincoli del FFP menzionati prima) già vanta un passivo di 23 milioni di euro, a causa degli acquisti di Brozovic, Miranda e Montoya, che neppure figurano nello specchietto.

Per il campionato che sta per cominciare, con i probabili acquisti di altri due attaccanti (Jovetic e Perisic, che valgono una ventina di milioni l’uno?) l’attuale passivo, già importante, potrebbe diventare letteralmente spaventoso.

L’imperativo è dunque vendere: non solo Shaqiri, come si vocifera e come è necessario anche per evitare il pagamento del giocatore svizzero, che grava sul bilancio di quest’anno. La nostra idea è che, sul finire del mercato, quando probabilmente il grosso della campagna abbonamenti sarà conclusa, uno o due sacrificati verranno ceduti per far respirare le casse del club. E questo potrebbe indebolire la rosa e compromettere, almeno in parte, il desiderio di rilancio immediato.

Il problema, però, non sta soltanto nel mercato e nel trend negativo e crescente del passivo registratosi negli ultimi anni.

Thohir era salito in sella con il progetto di risanare il club e dargli una struttura moderna e internazionale. L’idea del tetto agli ingaggi a 2,5 milioni di euro (o comunque di un valore massimo totale), però, sembra già dimenticata.

Icardi, Kondogbia, Jovetic, Vidic…

Ormai l’eccezione sta diventando un nuovo contratto che rispetti il tetto.

Ciò ha potenziali effetti molto negativi: da un lato, toglie credibilità al progetto e, dall’altro, genererà (come già sta accadendo) frizioni al momento di chiudere le trattative in uscita, in un mercato che, invece, per la strategia stessa seguita dall’Inter, necessiterebbe di dinamismo e velocità d’azione (turn-over molto elevato di giocatori e contratti, di anno in anno).

Il tutto senza contare la voce ‘costo del lavoro’ che, dopo un sentiero finalmente virtuoso e l’abbattimento del monte ingaggi registrato nelle stagioni passate, subirà probabilmente una nuova impennata.

Il fatturato di una società dipende poi da altre due voci: stadio e sponsorizzazioni.

Anche qui, la situazione non appare affatto brillante. Quanto allo stadio, mentre la Juventus comincia a vedere il frutto del suo investimento e il Milan ha appena fatto un importante passo verso la realizzazione del suo, l’Inter punta a un restyling di San Siro, con la probabile concessione in solitaria che, però, non sembra poter garantire l’esplosione dei ricavi che deriva dalla costruzione di un impianto ex novo .

Per le sponsorizzazioni, inoltre, mentre Thohir prometteva l’espansione nei mercati asiatici, si è trovato sul groppone un contratto con Nike (sottoscritto dalla gestione Moratti) che lo impegna fino al 2024 e sta per rinnovare, per altri 5 anni, quello con Pirelli. In totale, questi due sponsor fruttano all’Inter 24 milioni di euro circa all’anno.

Il confronto con il Manchester United è davvero impietoso: solo da Adidas, i Red Devils prendono all’anno 88 milioni di euro. Il fatto è che l’appealing mondiale della squadra di Manchester è decisamente diverso da quello dell’Inter. 4,2 milioni di follower su Twitter contro 700 mila e, soprattutto, 350 milioni di tifosi stimati contro i 50 dei nerazzurri. Recuperare il terreno in quella direzione, in uno sport fatto di fede e passione, non sarà facile.

Il fatturato non solo si riduce ma non si diversifica.

Quindi, nonostante le promesse e gli annunci, l’Inter segue ancora il modello del patron (che, prevalentemente con fondi propri, garantisce una campagna acquisti di peso e quindi una stagione vincente). L’auspicata diversificazione dei ricavi, che la dovrebbe portare a diventare una propria azienda sul modello delle squadre inglesi, nei fatti non si è ancora verificata. O, nella migliore delle ipotesi, fatica a dare effetti evidenti.

La tabella che segue presenta le principali voci di ricavo per l’Inter negli ultimi 3 anni, includendo anche le eventuali plusvalenze e ricavi dalle cessioni dei calciatori (fonte: bilancio Internazionale Milano S.p.A.):

 

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dati in miloni di €

 

Appaiono evidenti le difficoltà sul fatturato che si contrae e – con la sola eccezione della voce sponsorizzazioni e pubblicità – non mostra segni di miglioramento.

Per liberare risorse si può puntare sulla riduzione dei costi e, in effetti, un leggero decremento (di circa 7 miloni di €) tra le due stagioni c’è stato (il contributo principale è dovuto alla riduzione degli stipendi, che però appunto è voce che pare destinata ad aumentare di nuovo).

Ma la struttura dei costi è – evidentemente – rigida con molte componenti fisse difficilmente contraibili. Quindi questa è una strada virtuosa ma dai benefici limitati.

Insomma, il presente e il futuro dell’Inter sembrano basarsi su una scommessa dalla resa potenzialmente elevata ma dagli odds piuttosto impietosi: indebitarsi oggi per vincere domani mattina e sperare in introiti e prestazioni ancora migliori, all’interno di vincoli di austerità e paletti molto stretti fissati dalle istituzioni europee. Se i creditori, alla fine, dovessero battere cassa, forse sarebbe il caso di indire un referendum tra i tifosi per decidere se ripagare il debito o meno.

 

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