Calcio

Interista sotto l’ombrellino c’è un’estate di trasferte per Nanchino

10 Giugno 2017

Li avevamo perculati un po’ tutti, io tra i primi nel plotone degli infingardi.

Questo closing infinito di scatole letteralmente cinesi pareva davvero qualcosa di più vicino a una truffa che a un investimento economico dotato di un qualche senso.
La rete, feroce e dolcissima, si era scatenata in una ridda di meme e di parodie, surclassate da quella che segue.

 

Così, in coda a uno dei (tanti) anni da interista infelice, deluso e quasi ferito dall’ostile pervicacia della Beneamata, non soltanto nel non rispettare le aspettative di inizio anno, ma addirittura nel percuoterle ripetutamente con un mattarello che atterra l’orgoglio e fa lievitare la disperazione, l’unica consolazione, l’unico motivo di speranza si riassumeva nel leit motiv:

“Stai a vedere che, a ‘sto giro, quelli coi soldi veri sono capitati a noi”

Poi è bastata la fine del campionato, con il Milan che centrava l’unico obiettivo concreto, per quanto umile, quel posto in Europa League che avrebbe fatto gola a tutti, al di là di quello che si dice di fronte a uno Sbagliato…
E’ bastata la fine del campionato, dicevo, e l’inizio del calcio mercato a destare più di una perplessità, e più di un sospetto, all’interno della compagine nerazzurra.

Perché diciamocelo: i cugini rossoneri stanno conducendo, e quasi portando a termine ormai, una campagna acquisti coi fiocchi.

Musacchio, Kessie, Ricardo Rodriguez, probabilmente Biglia e Keita, nonché Conti dell’Atalanta.
Il rinnovo non così lontano di Donnarumma e la promessa di un attaccante di razza.
Mosse veloci, decise, senza troppi fronzoli, con la fiducia a Montella rinnovata immediatamente dopo lo straordinario campionato di Vincenzino (considerando il materiale umano a disposizione).

E sull’altra sponda del Naviglio?

“Tutto tace” sarebbe quasi bello rispondere.

E invece c’è un chiasso assordante, un coro a mille voci che non cantano neppure all’unisono per via del fuso orario su cui non tramonta mai il sole.
All’alba del 10 giugno, l’Inter ha già trattato 54866 giocatori, che di volta in volta, secondo i rumours, avrebbero dovuto vestire con orgoglio la casacca nerazzurra.

Si è parlato del “sogno” Messi, di Verratti, di Di Maria, di Sanchez.
Così come fanno parte del carrozzone anche quelli che sono già, ahinoi, dei giocatori del Milan: Ricardo Rodriguez era il candidato ad occupare la fascia sinistra e ora posa sorridente mentre firma il contratto con Fassone.
Conti è sul taccuino di Ausilio dal tardo Novecento, quando non era ancora nato.
E pure Kessie talvolta è stato accostato ai radar di Appiano Gentile come valente e potenziale mediano di prospettiva.
In mezzo, 8 mila trattative, ivi comprese quelle per l’acquisto della nazionale olandese 1988 (la preziosissima collezione di Subbuteo) e l’allenatore, che sarà  finalmente Spalletti.

Sì, perché pure per annunciare il mister, ci sono volute due settimane di trattative, un viaggio del nostro di 36 ore Milano – Nanchino, sufficiente giusto per suonare il citofono di Suning e scappare; il rientro con intervista da allenatore ‘in pectore’, felice dell’opportunità.
Che già questa cosa dei pellegrinaggi in terra cinese a conoscere il paròn e rendergli omaggio, ha un che di post-moderno, nella città dei bauscia e dei ganassa.

Ma andiamo avanti, che è meglio. La squadra nerazzurra ha lanciato l’hashtag #Interiscoming, non esattamente di buon auspicio se pensiamo alla casata degli Stark e alle freddi notti di Grandinverno.

Il tutto per dire che i soldi sono sì importanti, e Suning li ha di certo (mentre permangono dubbi sulla reale consistenza del patrimonio di Li) ma serve, e forse questo dovrebbe essere ormai chiaro nel 2017, una struttura societaria seria. Senza un approccio manageriale, non si va lontano.
E lo dimostrano la Juve, senz’altro, con i brillantissimi risultati degli ultimi anni.
Ma anche il Napoli, troppo spesso dimenticato nell’elogio della gestione intelligente di un club.
E poi Udinese, Roma, Sassuolo.

Ecco, si potrà discutere quanto si vuole, ma il Milan una struttura societaria ce l’ha e se l’è data subito. E da ben prima che si firmasse il closing. Via Galliani, Silvio e Barbara Berlusconi.
Dentro Fassone come ad e Mirabelli, apprezzatissimo ex capo scout, guarda un po’ te, dell’Inter (quello che scovava talenti in giro per il mondo eh), promosso a direttore tecnico per i rossoneri.
Magari la cosa non è piaciuta ai più, ma tant’è: struttura decisionale snella e chiara.

In un contesto simile, i soldi, e davvero, diventano quasi un problema secondario. O meglio: c’è differenza tra l’idea di Li e quella di Thohir prima? Una scommessa che punta tutto sui risultati sportivi, mettendo a garanzia dell’oneroso prestito il progetto societario, appunto. La proprietà del Milan dovrà restituire il prestito dell’Elliot Fund in 18 mesi e, prima, ridiscutere con la UEFA gli impegni per il Financial Fair Play (ieri è stata rimandata la discussione della bozza di voluntary agreement). Che gli interessi siano alti, è normale: banale premio al rischio. Ma in sè ora il Milan sta facendo quello che è giusto: provare a costruire una squadra che ottenga risultati il prima possibile.

E l’Inter?

E chi lo sa.
Per acquistare una risma di carta A4 su cui stampare il rinnovo di Yuto Nagatomo, Gardini (CFO) deve telefonare a Nanchino, dove 25 riporti chiedono a Zhang, il quale autorizza il figlio Steven, che a sua volta chiama Ausilio, il quale si consulta con Zanetti che, prima di telefonare a Sabatini, manda comunque un Whatsapp a Moratti per ringraziarlo della sua signorilità.

Che dobbiamo farci? Auguriamoci che Walterone faccia piazza pulita in fretta, mentre spegne nervoso l’ennesima sigaretta.

E diamo il benvenuto a Spalletti: per l’ennesima volta ci affidiamo all’uomo forte al comando. Per noi interisti è l’unica soluzione in mezzo a un coacervo di dirigenti, un organigramma lungo come una tappa del giro d’Italia, una dichiarazione d’amore per la camurrìa e l’inefficienza.
E in bocca al lupo ai cugini rossoneri, cui va tutta la mia invidia per un calciomercato sontuoso di cui assumersi serenamente la responsabilità.

Si preannuncia un’estate calda: Interista sotto l’ombrellone… col terzino giapponese sul groppone

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